domenica 29 giugno 2008

La meglio democrazia



Diciamocelo.
In fondo in fondo, ma tanto in fondo, con Berlusconi ci si diverte. Non passa giornata, senza che il premier combini qualche marachella. E’ una via di mezzo tra Pierino e Pinocchio, se ne inventa talmente tante, che stare al passo è davvero un’impresa. Ogni giorno, ci vuole un lavoro certosino per informarsi su tutte le malefatte che il pdl sta realizzando, la cosa sta diventando impegnativa.

Cioè dico io, uno è occupato a lavorare, a studiare tutto il giorno, la sera è stanco, magari vorrebbe rilassarsi un pochino, giusto per riprendere fiato, per staccare un po’ la spina. Con Berlusconi non puoi mica, ti distrai giusto giusto un secondo e lui te la fa sotto il naso, come i bimbi dispettosi. Basta che uno vada in vacanza una settimana, che al suo ritorno è cambiato tutto. Non trova più le intercettazioni, scopre che sono stati bloccati 100.000 processi, tra cui il processo Mills, che presto verrà data l’immunità alle alte cariche dello Stato. I deboli di cuore stiano all’erta, devono essere preparati a metabolizzare qualsiasi scempiaggine, perché altrimenti lo shock potrebbe essere letale.

Però ammettiamolo, in fondo ci si diverte. Non so voi, ma quando ho visto che il Tg 5 tagliava i fischi rivolti a Berlusconi durante l’intervento davanti all’assemblea generale di Confesercenti, mi è venuto da sorridere. Usare dei mezzucci simili per camuffare l’evidenza delle cose, è patetico, da poveracci, da gente che è alla canna del gas. La situazione comincia ad essere complicata anche per Berlusconi. Le leggi che stanno cercando di promulgare hanno l’odore del marcio, del putrido, sono leggi rosse di vergogna. Il pdl lo sa benissimo. L’arma che usano è quella del consenso, del rincoglionimento mediatico. Ti prendono sulla stanchezza. Quando uno è stremato, smette di ragionare, crede a tutto.

Ci vuole il vaccino antiberlusconite, perché a furia di sentire parlare tutti i giorni, di toghe rosse, di magistrati politicizzati, di democrazia in pericolo, di giustizialismo, qualcuno comincia a crederci per davvero.

In questi giorni si è alzato il polverone sulle intercettazioni Berlusconi-Saccà. E’ scoppiato il putiferio, Ghedini che minacciava querele, Berlusconi che parlava di Golpe, i faccioni di Gasparri, Bondi e Cicchitto a popolare tutti i Tg nazionali. Chiaramente Veltroni è venuto in soccorso del suo avversario politico, i comunisti dopo mesi di esilio sono tornati per manifestare solidarietà a Saccà (evidentemente non hanno intenzione di tornare in tempi brevi in parlamento). In tutto questo marasma generale, ovviamente sul contenuto delle intercettazioni nessuno ha aperto bocca.

In tutta onestà, le parole dette al telefono da Berlusconi allo zerbino Saccà, non mi hanno turbato particolarmente. Da Berlusconi queste cose te le aspetti, dopo quindici anni non puoi mica scandalizzarti più tanto. Però uno spera, che magari qualcuno provi un minimo di vergogna a venire sputtanato in modo così plateale.

E invece no, tutti a parlare di golpe, di intercettazioni anticostituzionali, di violazione della libertà. E’ un comportamento irrazionale, se ci ragioniamo sopra capiamo che anche da un punto di vista economico questi atteggiamenti vanno tutti a nostro danno. Senza contare il basso livello a cui viene portata la televisione nazionale.

E poi scusate, ma sarà un fatto grave che un aspirante premier voglia capovolgere un governo, corrompendo senatori in cambio di mignotte? Ma a nessuno frega niente di queste cose, l’importante è tifare come un ultrà per la coalizione preferita. Spiace soltanto per Sircana e Mele che se lo avessero saputo prima si sarebbero risparmiati una figura di merda colossale.



P.S. Guardatevi il video di Corrado Guzzanti. Attualissimo. Vale più di mille parole.

sabato 28 giugno 2008

Le fil rouge



C'è un sottile filo rosso (è proprio il caso di dirlo) che lega le vicende dell'ultim'ora, quelle che da un paio di giorni, o anche meno, si contendono la prima pagina dei giornali.

Parlo innanzi tutto dell'assoluzione del giudice Clementina Forleo.
Poi delle nuove intercettazioni Berlusconi-Saccà, in cui si inserisce, inquietante, la figura di Giancarlo Innocenzi.
Infine del lodo-Schifani-bis, o lodo-Alfano, o, usando una crasi, lodo-"Schifano" che dir si voglia.

Cerchiamo di seguirlo, il filo rosso, e vediamo che tutto riesce chiaro, tutto torna, tutto rientra in quella logica mafiosa di corporativismo, che non risparmia destra e sinistra, complici consapevoli del declino morale della seconda repubblica, ormai ridotta ad un cadavere agonizzante, spolpata da avvoltoi bipartisan.

Il filo rosso si snoda dall'assoluzione da parte del Consiglio Superiore della Magistratura del giudice Clementina Forleo. Il procuratore generale di Cassazione ne aveva chiesto la condanna e, come pena accessoria, aveva indicato il suo trasferimento in un altro ufficio, per aver usato "accenti suggestivi e denigratori" in un "abnorme e non richiesto giudizio anticipato". Il giudizio "anticipato, abnorme e non richiesto" riguardava l'ordinanza con la quale, nel luglio del 2007, la Forleo chiese alle Camere l'autorizzazione all'uso di intercettazioni che riguardavano alcuni parlamentari nell'ambito della vicenda Unipol. La Forleo aveva definito D'Alema e il senatore Nicola La Torre "consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata", aveva ipotizzato per loro il possibile concorso nel reato di aggiotaggio e li aveva descritti come "pronti e disponibili a fornire i loro apporti istituzionali in totale spregio dello stato di diritto".

La vicenda è complessa e sarebbe lunga da spiegare. Il succo però è chiaro. Mentre Fiorani guida l'assalto della banca Popolare di Lodi (Bpl) ad Antonveneta e Ricucci tenta la scalata al gruppo Rizzoli-Corriere della Sera (Rcs), anche i leader della Quercia (D'Alema, Fassino e La Torre) non vogliono essere da meno e appoggiano il piano di Consorte e Sacchetti che prevede l'acquisizione della BNL da parte dell'Unipol. Il sogno segreto, sempre cullato da parte delle cooperative rosse, di avere finalmente una propria banca. Queste tre "scalate impossibili" sono tutt'altro che parallele. Hanno intrecci inestricabili, in cui gli interessi della destra e della sinistra si fondono in un pastone nauseabondo, dove la legalità e il rispetto delle regole risultano essere solamente un optional.

In barba a tutte le norme che regolano la concorrenza del libero mercato, i principali partiti politici appoggiano queste Opa (Offerte pubbliche di acquisto) lanciate in maniera assolutamente illegale (cioè dopo aver occultamente acquisito, tramite alleati, complici e prestanomi, molto più del 30% del capitale societario). Succedeva allora che i telefoni di Fassino e D'Alema e La Torre squillassero in continuazione. All'altro capo del filo c'era sempre Consorte, che li teneva aggiornati minuto per minuto di come procedeva la scalata alla BNL. Il piano era di rendere pubblica l'offerta d'acquisto una volta che il gruppo Unipol avesse racimolato il 51% delle azioni BNL. Vale a dire annunciare di aver intenzione di comprare la società, quando in realtà se ne deteneva già la maggioranza delle azioni. Una truffa in piena regola.

I referenti politici di sinistra, tutt'altro che scandalizzati, giocano a fare i capitalisti e fanno il tifo spudorato per Consorte. Quel "Gianni, facci sognare!" di D'Alema a Consorte rimarrà nella storia. Tanto spregiudicato D'Alema quanto eccitato Fassino, come un bimbo la notte di Natale. "Abbiamo una banca!" esulterà al telefono. "E io non c'entro niente!" ridacchia furbetto.
Non sanno, i poveretti, di essere ascoltati, e già da tempo. Le loro trame segrete sono state seguite per filo e per segno. I loro sporchi giochetti registrati e trascritti.

Ovviamente nessuna delle tre operazioni andrà in porto. Tutte e tre le Opa truccate saranno opportunamente bloccate. Fiorani e Ricucci si faranno i loro bei giorni in galera. Le coop rosse diranno per sempre addio all'idea di possedere una banca. Fassino rivendicherà con orgoglio la propria amicizia e le telefonate con Consorte, credendo (illuso) che non verranno mai pubblicate. D'Alema, più scaltro, griderà al complotto, alla "campagna razzista contro Unipol" e denuncerà una "campagna politica e giornalistica che risponde a certi interessi". Parole scomposte per cercare di gettare fumo sulla verità dei fatti. Che sono lì, scandalosi nella loro limpida evidenza.

Quando Clementina Forleo, una volta acquisite tutte le intercettazioni che incastravano in maniera inequivocabile la banda dei quattro (Fassino, D'Alema, La Torre, Consorte), chiede al parlamento l'autorizzazione a procedere nei loro confronti, la casta si chiude a riccio, fa muro, ovviamente non la concede, ma anzi inizia una campagna di demonizzazione del giudice Forleo, che verrà descritta mano a mano come una pazza mitomane che abusa del suo potere.

Perchè la destra non cavalca lo scandalo? Perchè Berlusconi in piena campagna elettorale annuncia pene severissime per chi farà ancora intercettazioni? Perchè tutti parlano di limitare l'uso delle intercettazioni anzichè soffermarsi sul contenuto vergognoso delle stesse?

Semplice. Basta seguire il filo rosso. La destra ha i suoi scheletri nell'armadio, e pure belli grossi. Fazio, Fiorani, Ricucci, Previti, la Lega alle prese con il fallimento della sua banca padana Credieuronord. A Berlusconi non conviene di certo. E allora tutto viene messo a tacere. La Forleo, delegittimata nel suo incarico, rischia il trasferimento d'ufficio.

Seguendo il filo rosso, si capisce come mai uno dei primi provvedimenti del nuovo governo sia stato l'abolizione dell'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati. Bisogna impedire che nascano nuovi casi-Forleo che rompano le uova nel paniere ai politicanti maneggioni. O più semplicemente non bisogna far sapere che, durante il governo Prodi, in realtà gran parte della RAI era una succursale di Mediaset manovrata da Berlusconi per mezzo di Saccà, a cui imponeva sia attricette (vedi Troise e Borioni, questa volta la crasi fatela voi...) che direttori generali (vedi Minoli al posto di Cappon) per portare a compimento il suo piano "libertaggio". Vale a dire, corruzione di senatori per far cadere il governo.

Consiglio. Quando Berlusconi usa parole che hanno a che fare con "libertà", voi leggeteci: "libertà di corrompere". Di solito ci si azzecca.

Seguendo il filo rosso, si capisce come mai oggi i vari esponenti del PD si dimostrino così benevoli nei confronti dello zerbino-Saccà. Si capisce come mai Veltroni, pacatamente, dica: "Sì alle intercettazioni, ma no alla loro pubblicazione". Si capisce come mai Alfano dica di aver predisposto un lodo per l'immunità "sobrio, austero e senza trucchi". Senza trucchi??? Meno male che l'ha specificato. Sai, se no il sospetto, poi, a uno, gli viene sempre. Si capisce infine come mai la Finocchiaro (perdutamente innamorata di Schifani, è ufficiale) si sia detta tanto disponibile al dialogo sull'immunità: "Noi non abbiamo nessuna pregiudiziale".

La verità vera è che gli interessi di destra e di sinistra convergono fino a toccarsi e a coincidere. A nessuno conviene pugnalarsi alle spalle. Meglio coalizzarsi alle spalle degli Italiani.

Se segui il filo rosso, lo vedrai terminare direttamente nelle mani del capo dello stato, colui che ha il potere di firma. Non ci resta che Napolitano.

Se anche lui, per convenienza, pressioni politiche, viltà, o pilatismo, ci tradirà, allora sarà la fine.

giovedì 26 giugno 2008

Prima che sia troppo tardi

Vorremmo ricordarlo così...


Berlusconi è, in questo momento, un uomo che ha paura.

Ha paura di fare la stessa fine del suo compagno di merende Bettino Craxi, linciato dalla folla inferocita (la folla, si sa, fa presto a cambiare umore).

Ha paura di veder crollare come un castello di carta il sogno di entrare nella storia d'Italia come "grande statista" (con il Ponte a fare da monumento simbolo, a futura memoria).

Ha paura di essere smascherato finalmente per quello che è. Cioè un imprenditore senza scrupoli remore morali, sprezzante delle regole, allergico alla giustizia, che non ha esitato a intrecciare rapporti con la mafia, a corrompere giudici e testimoni, a nascondere fantamiliardi di fondi neri Fininvest in miriadi di società fasulle off-shore, a finanziare illecitamente partiti politici, a testimoniare il falso, a mentire alla gente, a ricattare il parlamento piegandolo ai propri interessi personali.

E' un animale in gabbia che si dibatte disperato. Vede abbattersi su di lui la mannaia di due processi infamanti (Mills e Saccà). Da Milano a Napoli. La morsa delle toghe rosse lo sta per maciullare nelle sue fauci avide. Se non fosse presidente del Consiglio, ammettono i suoi legali, sarebbe ormai spacciato. L'ha confessato lui stesso: "Vogliono darmi sei anni di galera e farmi dimettere". Sì, perchè il reato che gli viene contestato nel processo-Mills è di una gravità assoluta. Corruzione in atti giudiziari. Un reato rarissimo in Italia. Solo lui poteva spingersi a tanto.

Di solito in Italia funzionava così: chi veniva scoperto "con le mani nelle mazzette" si presentava davanti al giudice, confessava quel poco che gli bastava per ottenere un patteggiamento, pagava quello che doveva pagare, una buona dose di vergogna e la vita ricominciava. E' stato così per tanti personaggi finiti nella rete di "Mani Pulite". E' stato così per i "tanti furbetti del quartierino", gli imprenditori con le pezze al culo, che tentavano le scalate alle banche e alle case editrici senza l'ombra di un quattrino, vedasi Consorte, Fiorani e Ricucci. E' stato così per i bancarottieri fraudolenti Tanzi, re del latte, e Cragnotti, re della pommarola. Hanno confessato tutti, si sono fatti perfino qualche mese di carcere. E' il minimo della decenza.

Lui no. Lui si è sempre rifiutato. Ha sempre scelto la linea dura, quella del contrattacco. Che lo ha portato a versare tangeti alla guardia di finanza per chiudere entrambi gli occhi sui conti della Fininvest, in attesa di far approvare il decreto per depenalizzare il falso in bilancio. Che lo ha portato a tenere a libro paga giudici corrotti (vedi Squillante, Metta, Pacifico ecc...) per mezzo di avvocati corrotti (vedi Previti, Acampora, ecc...) in modo tale da comprare sentenze truccate. Che lo ha visto erogare a getto continuo tangenti al partito di Bettino Craxi, che gli confezionava leggi ad hoc per consentire a Rete4 di trasmettere abusivamente. Che lo ha portato a far approvare una serie di leggi-vergogna per bloccare uno dopo l'altro tutti i processi a suo carico, in quella sorta di marcia a tappe forzate che è stato il suo governo tra il 2001 e il 2006.

E' un uomo che l'ha sempre fatta franca. E' un uomo che si è abituato troppo bene. Che si è abituato all'impunità sempre e comunque. Tanto da autoconvincersi che quell'impunità gli sia dovuta, come dono divino. Ma è anche un uomo che ieri, alla conferenza di Confesercenti, ha dimostrato di avere molta paura. Non è stato uno sfogo casuale. E' stato un tentativo di inasprire e portare a livelli inaccettabili lo scontro frontale con la magistratura. Ieri Silvio Berlusconi ha deciso di giocarsi tutto. E' stato finalmente sincero per una volta nella vita. Ha dichiarato guerra ai giudici. O victoria o muerte.

Lui fa così. E' un animale duro a morire. Come un serpente in fin di vita, ma che, finchè ne avrà la forza, cercherà di morderti e infettarti col suo veleno mortale. Vi ricordate cosa successe alla viglia delle elezioni del 2006? Sicuro della sconfitta, giocò la carta che nessuno si aspettava. Andò davanti alla platea di Confindustria e attaccò. Attaccò tutto e tutti, Della Valle in primis. Rei di avergli voltato le spalle, perchè forse anche loro avevano "degli scheletri nell'armadio" da nascondere. Disse proprio così. Fece scalpore. Berlusconi che attacca gli industriali, i suoi compagni di sempre, i fedelissimi che lo hanno supportato per una vita. Sembrava una mossa folle, disperata. Invece recuperò una marea di voti e per poco non riuscì nell'incredibile sorpasso.

L'incontro di ieri davanti a Confesercenti fa esattamente il paio con quel momento storico. Era stato invitato a parlare delle problematiche delle piccole e medie imprese. Ha invece preso in mano il microfono e ha inscenato un comizio a braccio parlando di e sparando quel vergognoso "I giudici sono la metastasi della democrazia". Chissà, ci starebbe proprio bene come epitaffio, sulla tomba già pronta, nella villa di Arcore. In compenso si è beccato una selva di fischi e di Buuuhhh. Ma questo non conta. La scorza è dura, figurarsi se la possono scalfire dei fischi innocenti.

Una condanna però, anche se solo in primo grado, al processo-Mills sarebbe un colpo troppo duro da sopportare. Se è vero quello che si sussurra (il suo ex-avvocato Pecorella da tempo ritiene che Berlusconi rischi seriamente di prendersi 6 anni) le dimissioni diventerebbero inevitabili. Con buona pace del Cavaliere, che già aspirava al Colle. Non ne fa mistero. Il suo prossimo obiettivo è la Presidenza della Repubblica. Altro che Gianni Letta. Ha già il futuro programmato. Con l'immunità garantita a vita dal Lodo Schifani-bis.

It's now or never.
Ora o mai più.

Ora che ha mostrato gravi cenni di debolezza è necessario attaccare, attaccare, attaccare.
Senza sosta. Fargli sentire il fiato sul collo dell'Italia onesta che è stanca di avere al governo un buffone. Per questo è necessario, in questo momento più che in altri, scendere in piazza in ogni occasione possibile. Che sia il comizio di Nando Dalla Chiesa davanti al palazzo di Giustizia di Milano con 500 persone al seguito o la marea oceanica di persone che si riverseranno, spero, nelle strade di Roma il 25 Luglio per "La Gita su Roma" indetta da Grillo, non ha importanza.
Bisogna prenderlo per sfinimento. Prima che sia troppo tradi. I tempi sono maturi.

Chiosando le parole di Nando Dalla Chiesa, la partita ora si gioca su questo fronte: Se si stancherà prima lui a difendere i propri interessi personali o prima noi a difendere gli interessi pubblici.

lunedì 23 giugno 2008

A lezione di Inglese



Due giorni fa è apparso sul Financial Times un articolo a firma di Christopher Caldwell dal titolo eloquente "Italy is right to curb its judges", cioè "L'Italia ha ragione a voler mettere un freno ai suoi giudici".

Lascio ai lettori cercare di capire come mai una testata così importante a livello internazionale si schieri apertamente dalla parte di Silvio Berlusconi, sostenendo la legittimità delle sue dichiarazioni al vetriolo, scagliate da Bruxelles contro il pool di Milano tout court. Non è questo che mi preme, anche se sarebbe molto interessante approfondire.

Quello che mi preme è analizzare la stupefacente superficialità di un tale articolo, pieno di inesattezze, lacune, luoghi comuni, che denota l'assoluta ignoranza (non voluta, si spera) riguardo alla situazione politica italiana. Volevate che il più libero dei telegiornali nostrani (il TG5) si lasciasse scappare questa chicca? Ovviamente no. Nell'edizione delle 13.00 di sabato, il giornalista di turno annunciava il servizio riguardante lo scontro a fuoco Berlusconi-Anm anticipando che i telespettatori avrebbero avuto modo di ascoltare, oltre alle solite manfrine bipartisan, anche "il parere illustre" di un noto quotidiano straniero. Dopo le dichiarazioni illuminanti di Bocchino, da bravo scolaretto ammaestrato, il servizio infatti si concludeva con l'annuncio che "dopo tutto anche il Financial Times dà ragione a Berlusconi e quindi che vi lamentate a fare?". La domanda ce l'ho aggiunta io, ma era sottintesa. Altra domanda: chissà come mai, tra i pareri autorevoli, si dimenticano sempre, per esempio, di citare The Economist.

Bene. Cerchiamo allora di vedere cosa dice veramente questo famigerato articolo.

Innanzitutto il titolo. Mi spiace, ma è sbagliato. Cosa c'entra l'Italia con tutto ciò? E' una questione personale tra Silvio e le toghe rosse o no? Mi sembra l'abbia ampiamente manifestato lo stesso premier più e più volte. Bene, il titolo allora sarebbe dovuto essere: "Berlusconi is right to curb his judges". Diamo la responsabilità a chi se la merita. Berlusconi ha ragione a voler mettere un freno ai suoi giudici. I giudici sono suoi, rigorosamente suoi, mica dell'Italia. Le toghe rosse persegiutano lui e solo lui, mica gli Italiani.

Scorrendo l'articolo, si legge che la sospensione dei processi bloccherà sì quello di diretto interesse per il premier, ma anche "aiuterà a concentrare le limitate risorse dello stato sulla lotta al crimine violento, che da tempo allarma l'opinione pubblica".

Forse Christopher Caldwell non sa che queste norme, che dovrebbero "punire i reati più gravi, di vero allarme sociale", tagliano con un colpo di scure tutti quei processi che riguardano, tanto per citare i casi più eclatanti, sequestro di persona, estorsione, rapina, associazione per delinquere, stupro, bancarotta fraudolenta, sfruttamento della prostituzione, frodi fiscali, usura, violenza privata, ricettazione, detenzione di materiale pedo-pornografico, porto e detenzione di armi, immigrazione clandestina (ma come???), omicidio colposo, maltrattamenti in famiglia, incendio, molestie, traffico di rifiuti (ma come???). Sempre coerentemente con la logica dei "reati con pena superiore ai dieci anni". Ormai sembra che in Italia i reati che prevedono una pena inferiore ai dieci anni in realtà non siano reati veri e propri. O almeno, lo sono, ma non così tanto da destare preoccupazione. C'è da fare altro, prima. Per esempio, sbrigare le faccende personali di Silvio.

Alla faccia del "bisogno di sicurezza degli Italiani".
Chiamiamo le cose con il proprio nome. Qui, chi ha bisogno di sicurezza (intesa come possibilità di evitare la galera) è in primis il presidente del Consiglio.

Caldwell prosegue raccontando che Berlusconi è accusato di aver versato nelle tasche del giudice londinse David Mills 600.000 dollari come ricompensa per aver testimoniato il falso in due processi che vedevano coinvolto il premier riguardo ai fondi neri della Fininvest, celati all'interno di fasulle società off-shore sparse un po' per il mondo (alcune delle quali servivano anche a finanziare illecitamente il partito del suo amicone Bettino Craxi). Caldwell si affretta però a sottolineare che la coppia Mills-Berlusconi "ha negato tutto", tralasciando il piccolo particolare che in un primo momento, molto prima della successiva ritrattazione, Mills aveva candidamente ammesso, nero su bianco in una lettera fatta pervenire al suo consulente legale, di aver taciuto appositamente sulle porcate del nostro premier, il quale, generoso com'è, l'aveva prontamente ricompensato con un bonifico sostanzioso. A rigor di logica, mi aspetto tra qualche giorno una dichiarazione di Berlusconi che definisca Mills un eroe. Mangano potrebbe aver qualcosa da ridire.

Poi Caldwell si inoltra in una serie di paragoni per lo meno discutibili, dicendo che "Spagna, Germania, Francia" e la stessa "Unione Europea" prevedono una sorta di immunità, la quale in molti casi "ha tanti contro quanti pro". Quali sono questi pro? "Proteggere il diritto degli elettori ad essere governati dalla persona che hanno scelto democraticamente". Questo è il punto chiave. Il punto su cui insiste Berlusconi stesso: i giudici vogliono ribaltare a colpi di processi il risultato delle elezioni. Ragionamento gravissimo. Il voto popolare legittimerebbe dunque qualunque malefatta. Buono a sapersi. Caldwell si spinge oltre e teorizza che come bisogna evitare la corruzione tra i politici, allo stesso modo bisogna evitare la politicizzazione della giustizia. Fa l'esempio degli Stati Uniti e del caso Clinton. Lascio a voi eventuali commenti sulla fondatezza del paragone (chi fa la parte della Lewinski?)

L'affondo si fa più insistente, Caldwell getta la prudenza iniziale ed esce allo scoperto. "Negli anni novanta, giudici ambiziosi hanno decapitato i principali partiti politici intentando processi per corruzione... Tale potere è dannoso per una democrazia". Caldwell ci starebbe benissimo, in una commissione di inchiesta su "Tangentopoli". Qualcuno avvisi Castelli.

E poi via con i sondaggi di La Repubblica, che mostrano quanto gli Italiani siano scontenti dell'operato della magistratura. Come se, all'interno di una discussione su argomenti tanto delicati, un sondaggio tra la gente che passa per la strada possa essere portato come prova inconfutabile del diritto di Berlusconi di dire quello che dice.

Incredibile il passaggio successivo. Il male peggiore della giustizia italiana è la lentezza dei processi che si scontra con la Convenzione dei Diritti Umani ad avere "un processo veloce". Dunque coloro che sottolineano come 100.000 processi rimarranno congelati, in realtà, senza volerlo, non contraddicono l'emendamento di Berlusconi, ma addirittura ne rafforzano la legittimità. Sinceramente, pur sforzandomi, non vedo il nesso.

La chiusura è spettacolare. Berlusconi è un "genio politico". "L'immunità renderebbe la politica meno litigiosa e più democratica. Il fatto che Berlusconi possa trarre vantaggio da questa legge è sì un motivo per contrastarla. Ma, in fondo, è l'unico motivo. E nemmeno un motivo sufficiente."

E' l'unico motivo???

Caldwell, faccia il piacere, la politica italiana è una materia ostica.
Ci vuole studio, applicazione e, soprattutto, onestà intellettuale.
Torni quando è più preparato.

venerdì 20 giugno 2008

Tutti in piazza!!!


APPELLO ALLA MOBILITAZIONE.

Scritto da Nando dalla Chiesa

Occorre rispondere. Con Gianni Barbacetto, Basilio Rizzo e altri amici sto indicendo una manifestazione a Milano per lunedì pomeriggio alle 18 davanti al Palazzo di Giustizia.

Questo è il testo dell'appello. FATE GIRARE!

"Rompiamo gli indugi. Il nuovo assalto di Silvio Berlusconi ai principi di legalità e alla giustizia non può vederci testimoni immobili e dunque complici. Ancora una volta il potere politico viene usato per tutelare posizioni processuali personali, senza alcuno scrupolo né verso i principi costituzionali né verso gli effetti che si producono a cascata sull'amministrazione della giustizia, sulla sicurezza e sulla libertà d'informazione.

Le scelte accomodanti dell'opposizione si stanno rivelando semplicemente sciagurate. L'idea che l'acquiescenza verso Berlusconi sia segno di maggiore consapevolezza e maturità politica sta portando il Paese alla deriva, privandolo di una voce forte e coerentemente risoluta nella difesa della Costituzione e della decenza repubblicana in parlamento.

Noi crediamo che la logica alla quale Berlusconi sta assoggettando l'azione del suo nuovo governo e della sua maggioranza meriti una forte risposta democratica, libera dai complessi di colpa che la politica e l'informazione hanno cercato di gettare su chi negli anni passati si è mobilitato contro le leggi-vergogna e contro la manomissione della Costituzione. Non è stata la difesa dei principi di legalità costituzionale a fare perdere il centrosinistra, il quale anzi dal 2002 ha sempre vinto tutte le prove amministrative, fino alle politiche del 2006. Non è la nettezza dei principi che fa perdere, come ha dimostrato il divario tra i risultati di Rita Borsellino in Sicilia e i disastrosi risultati successivi. A far perdere voti è l'incapacità di governare emersa tra rivalità, ambizioni, narcisismi e rendite ideologiche ai danni del governo Prodi. Ed è, oggi, l'incapacità di rappresentare i propri elettori, sempre più inclini a non partecipare al voto.

Per questo invitiamo i cittadini milanesi a una prima mobilitazione in difesa della Costituzione e della giustizia per lunedì 23 giugno alle 18 davanti al Palazzo di giustizia, luogo simbolico per l'opinione pubblica legalitaria della città.

Del tutto consapevoli che non siamo noi il "già visto". Il "già visto", la ripetizione infinita della storia, una storia di arroganze istituzionali, è Silvio Berlusconi.

Davanti a noi c'è solo una scelta: se tacere per stanchezza o mettere una volta ancora le nostre energie al servizio della democrazia repubblicana e dello spirito delle leggi."

Comitato milanese per la legalità

L’appuntamento è:

LUNEDI’ 23 GIUGNO ORE 18.00
PALAZZO DI GIUSTIZIA DI MILANO
Via Carlo Freguglia 4
MM1 SAN BABILA

mercoledì 18 giugno 2008

Caro Renato, ti scrivo



Se la suona e se la canta da solo.

Silvio Berlusconi, con la lettera fatta pervenire al Presidente del Senato, suo fido scagnozzo, Renato Schifani, letta pubblicamente da quest'ultimo nella giornata di ieri in senato, ha superato il minimo della decenza, ha ridicolizzato il senso del ridicolo, ha fatto un balzo oltre la soglia dell'inimmaginabile, ha esibito un tuffo carpiato con triplo avvitamento inabissandosi nell'oceano del grottesco.

L'operazione criminale (non si può girare troppo intorno alle parole) che prevede la sospensione per un anno di tutti i processi, e di uno in particolare, per i reati commessi prima del 2002, era in realtà già stata pianificata da tempo a tavolino dal suo legale, nonchè parlamentare, Avv. Ghedini. Una volta messa a punto la norma, in una riunione riservata, a cui hanno presenziato i più fidi collaboratori, tra cui spicca il suo giullare nonchè mentore Enrico Letta, si sono decisi i nomi dei parlamentari che avrebbero dovuto vendere la faccia e proporre quell'emendamento criminale al pacchetto-sicurezza. Sono stati individuati nei senatori Vizzini e Berselli. Due nomi come tanti. Non sono altro che gli eredi dei vari Biondi, Cirami, Schifani, Gasparri. Gli esecutori materiali delle leggi vergogna.

Il mandante, ovviamente, è tutt'altro che occulto.

Ghedini-Vizzini-Berselli-Schifani. Il cerchio si chiude. Tutta una serie di prestanomi per coprire l'unico interessato e incriminato, il Presidente del Consiglio in carica. Che, tra l'altro, facendo fede alla sua proverbiale simpatia e senso dell'umorismo, fa passare la cosa come una proposta fatta da altri e in favore di altri. Niente di più vigliacco. Poi scende dal pero e scopre con suo sommo rammarico che, a sua insaputa, questa nuova norma sospenderebbe il processo in cui è imputato insieme all'avvocato inglese Mills per corruzione in atti giudiziari. Lui, ovviamente, non ne sapeva niente.

Dice: "I miei legali mi hanno informato che...".
Sorvolando pure sull'allegra violazione, all'interno di un documento ufficiale, delle più elementari regole della grammatica italiana (per cui "informare", usato in intransitivamente, non può reggere un "che"), ciò che lascia basiti è l'innocenza spudorata con cui afferma baldanzoso la propria estraneità ad un emendamento che lo riguarda in prima persona.

Ma questo è solo l'inizio.
Il botto arriva adesso: "Tale previsione normativa sarebbe applicabile ad uno fra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica. Ho quindi preso visione della situazione processuale ed ho potuto constatare che si tratta dell'ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici, in ciò supportato da un Tribunale anch'esso politicizzato e supinamente adagiato sulla tesi accusatoria".

Questo è il passaggio più duro di tutta la lettera.
Non c'è bisogno di sottolineare come sia di una gravità assoluta.
Mai, nella storia della repubblica, un primo ministro, se non forse Berlusconi stesso durante il suo precedente mandato, ha osato lanciare accuse tanto pesanti, infamanti e denigratorie nei confronti della magistratura. Le due frasi che sopra ho riportato sono un concentrato di illazioni deliranti e visionarie da parte di un personaggio che sente il diritto divino di poter dire e fare impunemente tutto ciò che vuole, in barba ai principi fondamentali della democrazia, della libertà e della Costituzione, che sancisce, se non altro, l'irrinunciabile divisione tra potere legislativo e giudiziario.

Analizziamo nel dettaglio il passaggio. Perchè non è giusto, non si deve e non si può soprassedere. Non è possibile far passare, come se niente fosse, parole e affermazioni che nel giro di un paio di battute distruggono anni di lavoro di un intero pool di magistrati.
Nell'ordine, si evince che:

1) tutti i processi a suo carico sono inventati di sana pianta
2) tutti i magistrati che indagano su di lui sono militanti comunisti
3) i magistrati che indagano su di lui portano avanti una lotta politica eversiva
4) Nicoletta Gandus, il magistrato che si occupa del processo-Mills, vuole solo farsi pubblicità
5) Nicoletta Gandus abusa della propria posizione per fini politici
6) tutto il pool di Milano milita nell'estrema sinistra
7) tutto il pool di Milano è prevenuto nei suoi confronti

Una presa di posizione tanto grave e scellerata, amplificata dai microfoni in senato per bocca di Renato Schifani, avrebbe dovuto suscitare come minimo un moto di ribellione da parte dell'opinione pubblica. Berlusconi ha affermato quello che ha affermato non in un comizio di piazza, ma nelle aule ufficiali del Senato, il luogo che dovrebbe essere per definizione garante della democrazia e dei diritti costituzionali. Parole così infamanti e irresponsabili avrebbero dovuto suscitare un'insurrezione popolare. E invece niente. Il silenzio dei media. La morte della repubblica.

Ma la vergognosa pantomima non si arresta e anzi incalza con maggior veemenza. Nella più aberrante logica del "contrattacco come miglior arma di difesa", il premier rilancia e raddoppia. Nicoletta Gandus "sarà oggetto di una mia immediata dichiarazione di ricusazione poichè... ha ripetutamente e pubblicamente assunto posizioni di netto e violento contrasto con il governo che ho avuto l'onore di guidare dal 2001 al 2006, accusandomi espressamente e per iscritto di aver determinato atti legislativi a me favorevoli".

Detto fatto. Oggi, puntuale, è arrivata la ricusazione.
Puntuale pure la risposta del tribunale di Milano: "Va respinta la ricusazione avanzata dai legali di Silvio Berlusconi nei confronti del presidente della decima sezione penale del Tribunale di Milano, Nicoletta Gandus, poichè non sussiste l'ipotesi di ''grave inimicizia'' da parte della Gandus nei confronti del presidente del Consiglio, imputato insieme all'avvocato inglese David Mills con l'accusa di corruzione in atti giudiziari. La richiesta è inoltre inammissibile perché presentata fuori dai termini previsti dalla legge".

La lettera si conclude in modo assolutamente prevedibile. L'annuncio immediato di un Lodo-Schifani-bis per concedere l'immunità a tutte le più alte cariche dello stato. Anche questa, norma ampiamente annunciata. Come era stata bocciata allora, perchè ritenuta palesemente anticostituzionale, c'è da augurarsi che sarà bocciata anche in futuro, un futuro molto prossimo, a quanto par di capire.

Solo su una frase sono pienamente d'accordo con il premier.
Quando dice: "Questa è davvero una situazione che non ha eguali nel mondo occidentale".
Ecco, bravo, l'ha ammesso lui stesso. Non ha eguali. E per questo bisogna intervenire con la massima urgenza.

Berlusconi, con la lettera di ieri, per chi ancora stesse dormendo sonni profondi, è uscito allo scoperto. Più allo scoperto di così si muore. Ha individuato per bene gli unici due poteri che lo possono tenere a freno (il terzo e il quarto potere, vale a dire magistratura e stampa libera) e ha inferto loro un colpo mortale. Con il disegno di legge sulle intercettazioni, che vieta pure la pubblicazione, in qualsiasi forma, di atti giudiziari anche pubblici, con l'emendamento al pacchetto sicurezza che lo salva dalla sentenza sul processo-Mills e con il Lodo-Schifani-bis ha attentato e sta attentando alle basi stesse della democrazia.

Un appello accorato a chiunque ne abbia facoltà: fermatelo.
In qualsiasi modo e con qualunque mezzo, ma va fermato.

Vi prego, ripeto, fermatelo.

lunedì 16 giugno 2008

L' intoccabile



Chi pensa che l’Italia sia un paese libero, dove la legge è uguale per tutti, si sbaglia di grosso. Di qui a poche settimane ci dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, essere la sentenza sul processo Mills, dove Silvio Berlusconi è indagato per corruzione in atti giudiziari. Vi chiederete quale sia la novità, dal momento che si è perso il conto del numero dei processi nei quali il leader del Pdl è imputato.
Bene, è notizia di oggi che il governo sta per varare una norma, l’ennesima, per far cadere il processo in questione in prescrizione. La norma che verrà con tutta probabilità introdotta, prevede che ci sia lo stop a tutti i processi che “non destano grave allarme sociale” per i reati commessi fino al 2001. Sembra incredibile ma “casualmente” il processo Mills rientra perfettamente in questa categoria. L’ennesima legge-vergogna dettata da Berlusconi e i suoi legali avrà l’effetto di rinviare a data da destinarsi la sentenza sul processo, in attesa del preannunciato Lodo Schifani bis. Come al solito una legge varata per chiaro interesse personale verrà spacciata come legge di interesse generale. Lo stesso discorso vale per le intercettazioni o per il falso in bilancio, depenalizzato ad hoc nella precedente legislatura del centro destra.
Basterebbe fare una legge in cui si dica chiaramente che Berlusconi non può e non deve essere processato. Si risparmierebbero soldi, tempo e incazzature di ogni genere. Sarebbe il primo atto di onestà fatto da Berlusconi e i suoi ministri fantocci verso il popolo italiano. Potete giurarci che nemmeno una legge simile potrebbe smuovere l’opinione pubblica e l’elettorato pidiellino. Berlusconi gode di un consenso enorme, di un affetto viscerale di chi sarebbe pronto a beatificarlo e santificarlo all’istante. Gli basterebbe un sorriso sfacciato a trentadue denti, a reti unificate, per convincere gli italiani (scritto rigorosamente in minuscolo) che ha dovuto farlo perche lui è un perseguitato, un martire della giustizia italiana.
A questo punto sarebbe anche auspicabile che venisse davvero varata una legge di questo tipo, per lo meno si eviterebbe di sfasciare la giustizia italiana a 360°. Tanto sappiamo tutti benissimo, e chi non lo sa è un illuso, che in un modo o in un altro, agilmente o per il rotto della cuffia, uscirà sempre e comunque illeso e rafforzato da qualsiasi processo. La cosa comica è sentire Veltroni, che probabilmente vive in un mondo parallelo, intervenire sulla questione e dichiarare di essere “molto sorpreso e colpito dalla protervia con cui alcune normette vengono introdotte di nascosto”. La sensazione, che ormai si sta tramutando in certezza, è che Veltroni è l’uomo sbagliato al posto sbagliato. La tattica vincente è gettare fumo negli occhi alla gente, raccontare balle con stile e sicurezza, il politicamente corretto non paga.
Veltroni probabilmente non ha ancora capito chi è Berlusconi, qualcuno glielo spieghi e lo faccia in fretta.

venerdì 13 giugno 2008

Il grande fratello


Credo che sara' abbastanza agevole trovare un'intesa dentro la maggioranza e anche con l'opposizione, perche' sono presenti le dichiarazioni di esponenti dell'opposizione quando ad essere intercettati erano D'Alema e Fassino”.

Sono le parole del Capogruppo alla Camera per il PdL Fabrizio Cicchitto.

Ormai non si vergognano nemmeno più di dirle, certe mostruosità. Lo fanno con la faccia ingenua di un bambino che nega di aver mangiato la marmellata mentre si pulisce la bocca sporca di marmellata. Con innocenza. Talmente abituati all'impunità su tutto ciò che dicono e fanno che non riescono più a distinguere il decente dall'indecente. Non vedo malizia, in tutto ciò. Vedo solo un tristissimo degrado di ogni minimo barlume di onestà. Talmente abituati a sguazzare nel compromesso, nell'inciucio, nel “do ut des”, nell' “io faccio un favore a te che tu ne fai uno a me”, che tutto scolorisce, il distinguo, che dovrebbe essere così marcato e netto tra giusto e ingiusto, diventa sfumato, perde di senso. Il relativismo del giusto. Come un quadro di Braques. Dipende da che prospettiva scegli. Il ragionamento è limpido: siccome anche loro hanno i loro begli scheletri nell'armadio e siccome noi, allora, li abbiamo difesi, non sarà difficile trovare un accordo, ora che siamo noi a chiedere la loro approvazione.

Fabrizio Cicchitto. Nasce socialista. Si avvicina alla corrente marxista. Strizza l'occhio ai Comunisti appoggiando il compromesso storico tra PCI e DC per cui Moro perderà la vita. Critica aspramente la CIA che si oppone all'entrata nel governo del PCI. Si iscrive alla Loggia Massonica P2 di Licio Gelli. Fasciolo n°945. Tessera n°2232. Data di iniziazione: 12 Dicembre 1980. Estromesso dal Partito Socialista vi rientra facendo il portaborse di Bettino Craxi che lo relega però a un ruolo marginale. Craxi, in effetti, puoi dirgli di tutto, ma non che era un pirla. Dopo lo scioglimento del PSI in seguito all'inchiesta Mani Pulite, gli viene assolutamente naturale fare il salto della quaglia ed approdare in Forza Italia. Dal '98 è editorialista per Il Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi. La fedeltà al padrone viene premiata, e il suo curriculum pure, e dal 2008 è Capogruppo alla camera per il PdL. Punto. Non una parola di più sull'ennesimo, volgare, parolaio al soldo di Silvio Berlusconi.

Entriamo nel merito della faccenda. La situazione è indubbiamente grave. Al limite dell'emergenza democratica. Agli Italiani non interessa più di tanto. Oggi l'Italia si gioca la permanenza nell'Europeo con la Romania. Per favore, non rompeteci con le vostre ossessioni antiberlusconiane. Non abbiamo tempo da perdere con voi comunisti. Qui c'è una squadra da sostenere tutti assieme, altrimenti che figura ci facciamo, dopo tutto siamo la squadra campione del mondo. Effettivamente, l'ho detto io: la situazione è gravissima.

Riprendendosi dall'ennesimo svenimento che nemmeno una donna incinta, Berlusconi annuncia il disegno di legge sbraitando “cinque anni di carcere per chi autorizza le intercettazioni, cinque anni di carcere per chi le esegue, cinque anni di carcere per chi le pubblica”, non prima di avere puntualmente sottolineato e precisato che lui “non farà mai un provvedimento che possa ledere in alcun modo la libertà anche di un singolo cittadino”. Il problema è che non ci si può nemmeno stupire. L'aveva annunciato in campagna elettorale. Non che poi si dica che non mantiene le promesse.

Analizziamo i meccanismi. Perchè le questioni cambiano, ma i meccanismi per guadagnarsi il consenso popolare sono noti e ben collaudati.

Punto primo: evidenziare il problema.
Il problema è il processo che vede indagato Berlusconi per corruzione nell'ambito delle intercettazioni tra lui ed Agostino Saccà, in cui chiedeva spudoratamente di barattare due mignotte con un paio senatori. Tra poco arriverà la sentenza. Bisogna fare in modo che non arrivi.

Punto secondo: trovare una soluzione al problema.
A quello di solito ci pensano i suoi avvocati di fiducia, che per una bizzarra coincidenza sono pure deputati in Parlamento. L'avvocato Ghedini, di solito, è il più sollecito. Ha sempre la soluzione giusta a portata di mano. Come mandare a monte il processo? Semplice, delegittimando l'uso delle intercettazioni. Se si decide che le intercettazioni sono fuori legge e non si possono usare, il processo cade da sé.

Punto terzo: come far metabolizzare alla gente la “legge ad se”.
Per fare in modo che l'opinione pubblica accetti di buon grado la cosa, bisogna convincerla che il problema non riguarda Berlusconi ma solo e soltanto la gente stessa. Ma lo sapete voi che siete tutti intercettati? Ma lo sapete che quando scrivete un messaggino alla vostra ragazza ve lo legge anche quello del piano di sopra? Ma lo sapete che la vostra libertà è minata alle fondamenta? Ma lo sapete che c'è un grande Fratello che vi ascolta 24 ore su 24? Ma lo sapete che la vostra privacy è calpestata senza che voi ve ne accorgiate? Ma lo sapete che l'Italia è il paese dove si intercetta di più? Ma lo sapete che le intercettazioni mangiano il 33% dei soldi destinati alla giustizia? Ma non vi sembra una vergogna tutto ciò? La soluzione del terrore. Si incute alla gente il terrore delle intercettazioni. La gente reagisce spinta dal terrore e urla: “Non vogliamo essere intercettati! Ridateci la nostra libertà!”.

Punto quarto: una volta ottenuto il consenso, fare approvare la legge in fretta e furia.
Meglio se mediante un decreto legge. Salvo poi ripiegare su un disegno di legge, recitando il mea culpa per un errore troppo marchiano per poter essere voluto. Ma che sbadato che sono! Ho così tante cose a cui pensare che ogni tanto commetto degli errori proprio infantili.

Ripeto. Siamo alle soglie dell'emergenza democratica. Questo disegno di legge sarà approvato oggi. A quanto pare la Lega ha smussato i termini: saranno solo tre gli anni di carcere, e non cinque, per i trasgressori; non saranno esclusi solo i reati per mafia, camorra e terrorismo, ma tutti quelli che prevedono pene superiori ai dieci anni. Tutti contenti. Probabilmente lo sarà pure Napolitano, che si augurava un dialogo a tutto campo sulla questione.

Nel concreto? Una truffa al cittadino italiano. Un colpo di scure sul sistema giustizia. Giocano con i numeri a confondere la gente. “Con pene superiori ai dieci anni”. Ma quali sono queste pene? Corruzione semplice? No, sono solo cinque anni. Corruzione in atti giudiziari? No, sono solo otto. Associazione a delinquere? No, sono solo sette. Bancarotta? No, massimo dieci anni, non di più. Usura? No, massimo dieci anni, non di più. Traffico e spaccio di droga? No, massimo dieci anni, non di più. Ma quali sarebbero queste pene allora? Mafia, camorra e terrorismo. Esattamente quello che aveva detto il premier.

Per non parlare del fatto che, anche nel caso fortuito in cui vengano disposte, non potranno superare i tre mesi. Ve li vedete i pool antimafia che intercettano da tre mesi un latitante e quando sono sul più bello sono costretti ad appendere la cornetta? La verità è che, se questa legge sarà approvata, anche indagare su reati di mafia, camorra e terrorismo (c'è ancora qualcuno che in Italia indaga sul terrorismo?) diventerà praticamente impossibile. Le indagini sulla mafia nascono nella maggior parte dei casi da scandali legati alla corruzione degli appalti e ai traffici di droga. Non avere più a disposizione un mezzo fondamentale come le intercettazioni per indagare su questi reati significa impedire una seria lotta alla mafia.

Sono gli ultimi rigurgiti antidemocratici di un Italia assuefatta e alla deriva, nell'attesa che questo paese, insieme a Silvio, si decida una buona volta a svenire definitivamente.



martedì 10 giugno 2008

Il Nuovo Ordine Mondiale

G. Edward Griffin viene intervistato ad un programma radiofonico americano (Alex Jones Show) e spiega di cosa si discute nella segretissima Conferenza Bilderberg che si tiene annualmente in località top-secret e a cui partecipano i personaggi più potenti del mondo. In questi ultimi anni, grazie alla rete, si è riuscito a scoprire dove si tenessero questi raduni con qualche giorno di anticipo. La conferenza Bildergberg 2008 si è appena tenuta a Chantilly, Virginia. Tra i big compaiono David Rockefeller, Henry Kissinger, George W. Bush, Tony Blair, la regina Beatrice d'Olanda. E' curioso vedere chi tra gli Italiani vi abbia preso parte negli ultimi anni. Troviamo, in ordine sparso, Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom, John Elkann, vicepresidente Fiat, Mario Monti, presidente della Bocconi, Paolo Scaroni del gruppo Eni, Padoa Schioppa, Giulio Tremonti. Tanto per dire. Così poi uno si fa un'idea. E capisce molte più cose.

Qua sotto riporto tradotte le parti principali del dialogo tra l'intervistatore (J) e Griffin (G).



J: Di cosa parleranno questi 125 leader mondiali?

G: Hanno due impegni principali. Uno è portare a conclusione il Nuovo Ordine Mondiale il più velocemente possibile. L'altro è impedire a gente come me e te di mettergli i bastoni tra le ruote.

J: Con la rete sta diventando sempre più difficile per loro...

G: Certo. Sapevano che ci sarebbe stata opposizione, ma credo che in passato abbiano sottovalutato le potenzialità della rete. La rete dà la possibilità alla gente di aggirare i principali media che controllano l'informazione.... E' per questo che stanno tentando di mettere le mani su internet... Vogliono prevenire il dissenso politico, la distribuzione di informazioni e fatti e vogliono farlo "in nome della sicurezza" dicendo di voler proteggere la gente. Così la gente dice: "O bene! Meno male che ci siete voi!". Ma il vero motivo, lo sappiamo, è quello di controllare il flusso di informazioni in modo da poter controllare internet nello stesso modo in cui controllano la radio e le TV.

J: A loro piace apparire come "i nostri salvatori". Questa gente trama per distruggere la nostra economia in modo da mettere in atto il Nuovo Ordine Mondiale. Abbiamo gente come Bush, Chaney, Blair, Brown, Kissinger che usano questo termine ambiguo: "governo globale".

G: E' sicuramente un termine ambiguo. E ovviamente loro sono dei maestri nell'usare le parole in modo da sembrare dalla parte del bene. Ma la gente in realtà non sa cosa significhino queste parole. Il loro intento è quello di dare alle gente la sensazione di stare completando una missione per il bene comune. [...] Le parole non vengono più usate come mezzo di comunicazione ma come mezzo per offuscare e confondere la gente. E ora sono diventati davvero bravi in questo. [...] Ovviamente l'uomo-medio non è cosciente di una tale manipolazione e di essere così facilmente influenzabile. Quello che succede in questo momento è il controllo delle menti. Viviamo in un mondo dominato dall'informazione. La nostra mente è come un computer, più siamo intelligenti, più il computer ha potenza il che significa che più facilmente possiamo essere programmati con della spazzatura. I computer non sono intrinsecamente intelligenti, forse sono intrinsecamente veloci, ma se ci metti dentro false informazioni lui ti restituirà soluzioni false. Allo stesso modo puoi fare con la mente umana. La scienza del controllo della mente è davvero avanzata. [...] Fu George Bush Senior ad introdurre il termine "Nuovo Ordine Mondiale" nel linguaggio quotidiano. Suona proprio bene: Nuovo Ordine Mondiale. E anche "governo globale" può sembrare una bella espressione. In realtà non ci sarebbe niente di male in un "governo globale", se per esempio fosse basato sulla libertà dell'individuo e sul rispetto delle culture, ma, credimi, questo non è proprio il tipo di mondo di cui questa gente parla. Il modello che usano non è quello liberale, ma quello che usavano Hitler o Stalin, il "collettivismo", vale a dire il controllo delle vite degli esseri umani.

J: Infatti non si ha più l'idea di avere un governo "per" e "per mezzo" della gente. Per tutte quelle cose di cui non vogliono che si sappia niente dicono: "E' questione di sicurezza nazionale!".

G: E' tempo che la gente si risvegli. Ma cosa possiamo fare? Rimanere informati non è abbastanza perchè le parole possono essere usate per comunicare, ma anche per offuscare e manipolare.

J: Io spero che si possano risvegliare le masse, che la gente inizi a scrivere storie, ad aprire blog, a copiare video a diffondere i libri di Griffin.

G: [...] Eh sì! Abbiamo un grosso lavoro di educazione da portare avanti.

giovedì 5 giugno 2008

E adesso tremate

Mio Amatissimo e Stimatissimo Salvatore, tutto ciò che doverosamente ho comunicato a tua Cognata Agnese e a tuo Nipote Manfredi ritengo giusto dirlo anche a te. Tutto ciò che scrivo è dettato, ponderato e pensato secondo la mia coscienza alla quale non posso mai mentire.

Così inizia il memoriale che Vincenzo Calcara ha voluto regalare, quasi come dono ineluttabile della propria coscienza, a Salvatore, fratello di quel Paolo che, agli inizi degli anni Novanta, divenne presto suo grande amico e confidente.

Salvatore è Salvatore Borsellino, fratello di quel Paolo Borsellino assassinato, per mano della mafia e per decisione di ignoti, il 19 luglio 1992.

Vincenzo Calcara, da anni condannato a vivere in una località segreta, (Benny Calasanzio lo definisce “uno tra i pochi pentiti che veramente possono fregiarsi di questo aggettivo e meritare la riconoscenza addirittura della famiglia Borsellino”) conobbe il giudice Paolo Borsellino in carcere.

Giudice, io sono colui che Messina Denaro Francesco ha designato per ucciderla con un colpo di fucile. La posso abbracciare?”.

Si presentò così. Con una confessione spontanea. Da quell'abbraccio caloroso nacque un'amicizia. Un'amicizia quasi morbosa. Vincenzo divenne per Paolo la fonte più preziosa di informazioni scottanti. Grazie alle sue rivelazioni finirono in carcere tante teste della mafia palermitana. Vincenzo fu il piede di porco con cui Paolo ebbe, per un attimo, la sensazione, provò, per un istante, l'ebbrezza di poter arrivare a scardinare dal di dentro i meccanismi di Cosa Nostra. Arrivò a sentire di poterla davvero vincere, quella battaglia. Vincenzo Calcara fu colui che annunciò a Paolo Borsellino l'arrivo a Palermo del carico di esplosivo pronto a farlo saltare in aria. “Mi sento come un morto che cammina” confesserà Paolo alla moglie Agnese, subito dopo quella drammatica rivelazione.

Vincenzo Calcara era stato reclutato, prima della “conversione”, direttamente da Tonino Vaccarino ed era alle dipendenze di Francesco Messina Denaro, padre di quel Matteo Messina Denaro, che diventerà (e ancora oggi è) il capo dei capi di Cosa Nostra, dopo l'arresto di Bernardo Provenzano.

Vincenzo non è uno stupido, lo si capisce da come scrive, ha una cultura e una proprietà di linguaggio non usuali per un mafioso “di vecchio stampo”, le sue parole sprigionano una forza e una convinzione straordinarie, parla chiaro, fa i nomi, cita luoghi e date precisi, ha dalle sua la forza della verità. Per questo era divenuto in un attimo così caro a Paolo Borsellino. Paolo si fidava di lui, pendeva dalle sue labbra, le sue indicazioni, rivelatesi tutte fondate e accuratissime, gli permisero di sbattere in carcere una quantità notevole di affiliati a Cosa Nostra. Vincenzo a sua volta fu folgorato dal fascino di Paolo, dalla sua forza, dalla sua coerenza, dal suo coraggio nel ricercare la verità. Gli si attaccò come un fratello. Fu per questo che decise di sdebitarsi con la giustizia. Fu per questo che decise di raccontare a Paolo tutto quello che sapeva e tutto ciò che potesse essere utile affinché lo Stato potesse vincere la sua decennale battaglia contro la mafia.

La collaborazione però durò pochissimo. Intensissima, ma breve. Frenetica, ma destinata a morire sul nascere. Dopo pochi mesi da quell'incontro in carcere, Paolo salterà in aria in via D'Amelio insieme agli agenti della scorta. Il sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia, vicinissimo a Borsellino fino agli ultimi giorni di vita, racconta di come Paolo avesse preso la strana abitudine (non era solito lavorare in quel modo) di annotare tutto su un'agenda rossa, che portava dovunque e non abbandonava mai. Tutti sapevano di quell'agenda. Nessuno sapeva cosa vi annotasse.

E' verosimile che su quelle pagine, in quella frenetica lotta contro il tempo che era divenuta la sua vita dopo l'uccisione del giudice Falcone, Paolo Borsellino abbia riportato, tra le altre cose, le confessioni preziosissime di Vincenzo Calcara, che faceva nomi di personaggi influenti legati a Cosa Nostra, alle istituzioni, al Vaticano, alla massoneria, ai Servizi Segreti deviati.

Dalle immagini immediatamente successive all'esplosione in via D'Amelio si nota un uomo che si allontana dal luogo della detonazione portando con sé una valigetta sotto il braccio. Quell'uomo sarà riconosciuto nella persona dell'allora Capitano dei Carabinieri Giovanni Arcangioli. La valigetta era stata ritrovata miracolosamente intatta nella carcassa fumante della vettura su cui si trovava Paolo Borsellino. Dentro quella valigetta è certo che si trovasse la famosa agenda rossa. Come è noto, la valigetta fu poi rimessa al suo posto sul luogo dell'attentato. Dell'agenda rossa, però, nessuna traccia.

Per la cronaca, un paio di mesi fa il Gip di Caltanissetta Paolo Scotto ha prosciolto il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli “dall'accusa di furto, aggravato dall'avere favorito Cosa Nostra, nell'ambito dell'inchiesta sulla scomparsa dell'agenda rossa di Paolo Borsellino subito dopo la strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992”.

Quell'agenda ancora oggi non si sa che fine abbia fatto. L'ipotesi più plausibile è che sia finita nelle mani dei Servizi Segreti. Confessioni inconfessabili, nomi troppo grossi, situazioni troppo scabrose per poter essere rivelate.

O moriva Paolo Borsellino o crollava lo Stato. Lo stato scelse la propria sopravvivenza.

Giovanni Falcone, a chi gli chiedeva se avesse paura di morire, una volta disse: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande”.

Paolo Borsellino morì perché fu lasciato solo in un gioco troppo grande.

Oggi, a distanza di sedici anni, Vincenzo Calcara è tornato a parlare.

Ha deciso di riprendere quel filo che si era spezzato quel giorno infausto del luglio 1992. Ha deciso di riscrivere lui di suo pugno quell'agenda rossa. Ha deciso di rivelare tutto ciò che sa a Salvatore Borsellino, colui che, in prima persona e più di tutti, ha portato e sta continuando a portare avanti la lotta per la conoscenza della verità sulla morte del fratello. Perché, finalmente, venga fatta luce sui cosiddetti “mandanti occulti”.

Salvatore, pazientemente, lo ha ascoltato, ha annotato, ha archiviato i documenti che Vincenzo gli presentava. Con lui e con quei documenti si è presentato alla procura di Caltanissetta per essere ascoltato. Ad oggi non ha avuto alcuna risposta. Salvatore ha allora deciso quest'ultima, estrema forma di ribellione al silenzio. Ha deciso di pubblicare in rete, sul suo blog, i memoriali di Vincenzo Calcara. E' un disperato appello alla comunità del web perché, almeno quella, non lo lasci solo nella sua battaglia.

Benny Calasanzio, anch'egli dal suo blog, avverte i Servizi Segreti: “Tentare di manomettere, distruggere quei documenti, o peggio far visita a Salvatore non servirebbe proprio a nulla. Copie di quei documenti sono custoditi nei luoghi più disparati, in tutta Italia, quindi evitate. Nomi di cardinali in attività, rispettabili uomini politici. Affari tra mafia, massoneria, politica e Vaticano. Ora si comincia a ballare. Ora si comincia a capire il “gioco grande” che Falcone aveva capito, e che Borsellino stava iniziando a decifrare”.

Salvatore, consigliato dai suoi avvocati, ha deciso di pubblicare tutto. Ha deciso di farlo a puntate. Un pezzo per volta. Perché, chi è coinvolto, inizi a tremare. Ora si balla. Siete pronti?

Ecco le prime tre.


Leggi il memoriale (prima parte)

Leggi il memoriale (seconda parte)

Leggi il memoriale (terza parte)


I pensionati d'oro

Parte oggi un esperimento di collaborazione esterna al blog. Un amico mi ha proposto di pubblicare il seguente post da lui scritto. Eccolo.



"L’esito delle scorse elezioni ha spazzato via la sinistra estrema (e non solo) con la conseguente, parziale ridisegnazione delle Camere .
Piccolo problema.
Si sono svuotate anche le casse: quelle del Senato.

No. Non ci hanno pensato i ladri a portar via il bottino. Il vero problema sono le liquidazioni d'oro ai “vecchi” (Cossutta e Mastella, per fare un esempio), legittime e previste per legge, ma che hanno portato al prosciugamento del fondo di previdenza di ben otto milioni di euro, ovvero quasi tutta la liquidità disponibile.
Un ulteriore ammanco di due milioni lo hanno creato nei due anni di una delle legislature più brevi della Repubblica i senatori che hanno usufruito dell'assistenza sanitaria gratuita.

Epilogo: il Tesoro dovrà correre ai ripari per coprire un buco da dieci milioni di euro rilevato nei conti di Palazzo Madama. La penosa scoperta è stata fatta dai tre nuovi questori insediati a Palazzo Madama al fianco di Renato Schifani. A Comincioli (Pdl), Franco (Lega) e Adragna (Pd) è bastata la prima seduta del Consiglio di Presidenza per rendersi conto della situazione. Il "fondo di previdenza" quasi azzerato obbliga ad una riapertura del bilancio (approvato il 28 Febbraio 2008) ed a un suo emendamento. E quei dieci milioni del fondo esaurito dovranno essere ricoperti dallo Stato (alias da noi).

Troppo elementare puntare l'indice sui costi della “Casta” dite?
Sta di fatto che a causare l'imprevisto sono state per lo più le liquidazioni degli onorevoli senatori cessati dal mandato perché non più rieletti.
Esempi?
Per Armando Cossutta (10 legislature alle spalle), l'importo netto ammonta a 345 mila euro. Per Clemente Mastella (9 legislature) 307 mila euro. E poi l'avvocato Alfredo Biondi, che con otto legislature si intasca 278 mila euro, qualcosa in più rispetto ai 240 mila del centrista Francesco D'Onofrio; e, via discorrendo, tutti gli altri.

Nulla di male, nulla di illegittimo”, ha tuonato uno stizzito Mastella a chi lo ha incalzato.
Agli otto milioni di ammanco hanno contribuito anche le restituzioni dei contributi versati ai senatori alla prima legislatura non rieletti (che peccato!) il 13 e 14 aprile.

Stesso discorso a Montecitorio, anche la Camera sta ancora pagando il TFR (Trattamento di fine rapporto) di Ciriaco De Mita (11 legislature), Angelo Sanza (10 legislature), Gerardo Bianco (9 legislature), e Luciano Violante (8 legislature). Stime ufficiose computerebbero in circa 8 milioni l'esborso. Ma al Senato stanno già rimettendo mano al bilancio.
Il questore Comincioli, rivolto ai colleghi al primo incontro, dice: "Qui dobbiamo mettere da parte l'appartenenza e ragionare come se questa fosse un'azienda".
A metà 2008 si accorgono che uno Stato va amministrato come un’azienda. Cavolo, meglio tardi che mai! Speriamo solo che se lo ricordino almeno per i prossimi anni e non finiscano per confondere l’amministrazione di uno stato con l’amministrazione delle proprie tasche, come troppo spesso è accaduto.

Adragna, Pd: "Una cosa è certa, dovremo proseguire l'opera di contenimento dei costi avviata da chi ci ha preceduto. E il primo banco di prova sarà proprio il bilancio che andrà rivisto sì, ma solo per far fronte all'ammanco e per nient'altro".

Quindi niente ritocchi agli stipendi dei parlamentari né benefici di vario tipo. Speriamo che non siano solo parole al vento, ma l’esperienza dovrebbe insegnare, quindi, come san Tommaso, “se non vedo non credo”.

I senatori hanno fatto negli ultimi due anni un largo ricorso all'assistenza sanitaria di Palazzo Madama. In questo caso l’ammanco registrato è di 2 milioni di euro e a rendersene conto è stato il precedente collegio dei questori, in cui compariva lo stesso Comincioli con Helga Thaler e Gianni Nieddu. La contromisura è già scattata con l'avvio della legislatura: con un provvedimento dal titolo "modifiche al tariffario delle prestazioni sanitarie".
Dal 100% di rimborso si passerà all'80. Taglio da 30 a 23 mila euro del "plafond familiare triennale per cure odontoiatriche" (finora 10 mila euro l'anno per la famiglia del parlamentare). Il senatore può inoltre iscrivere al fondo di assistenza sanitaria anche il genitore, con un contributo mensile per il genitore passa da 100 a 200 euro mensili.

Dato che il sistema è finanziato con fondi pubblici, e questi sono palesemente in “rosso” un esborso tale non risulterebbe tollerabile."

Joseph Sanvito