venerdì 30 maggio 2008

That's all fake

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Ogni tanto, a saperli spulciare, qualcosa di buono lo trovi anche.
I giornali, intendo. Ogni tanto qualche buon giornalista, che il suo dovere lo fa, ti capita di incontrarlo, anche sulle pagine di quotidiani asserviti e prostrati, come Repubblica, tanto per fare un nome.

Gira tutto attorno a quella lotta intestina, tanto silenziosa quanto aspra, c'è da giurarlo, che si combatte ogni giorno all'interno delle redazioni tra giornalisti seri che scrivono articoli seri e direttori con una mano sul portafoglio, l'altra al cellulare e la lingua appiccicata al culo di qualche politico. La lotta, c'è da giurarlo, è impari e quasi sempre termina col finale più scontato.

Capita però, di rado ma capita, che (non è ben chiaro il meccanismo, potrebbe trattarsi di semplice negligenza di chi sorveglia o un modo subdolo e ben dosato per mostrare che poi non è così vero che le notizie scomode siano sottaciute) capita che qualche articolo sano, una vera e propria boccata d'ossigeno, appaia. Non dico in prima pagina, quello sarebbe troppo. Magari relegato in un trafiletto a fondo pagina, magari sperso tra la marea di notiziucole inutili che non servono ad altro che fare volume e distrarre il lettore, però appare. Capita ancora che appaia pure sulla home page del quotidiano in questione. Per pochi minuti, giusto il tempo di dire che è stato pubblicato, prima di insabbiarlo in qualche rubrica assolutamente introvabile, che nemmeno un hacker ce la farebbe. Però, ogni tanto, appare.

E' il caso, ad esempio, di Claudia Fusani, una giornalista che scrive su Repubblica, e mai cose banali. Per puro caso, mi sono imbattuto ieri in un suo articolo: "Donne, ambiente e disoccupati: Ici e Alitalia si mangiano i fondi". In sei paragrafi viene smontato un intero programma di governo, basato sul nulla, aggrappato allo spot, imperniato sulla bugia sistematica. Il decreto fiscale da tre milioni di euro, ideato da Tremonti e pubblicato sulla Gazzetta Ufficale, quindi di fatto già operativo, che prevede, tra l'altro, l'annullamento totale dell'Ici sulla prima casa e la detassazione degli straordinari, viene smascherato in tutta la sua nefandezza.

Tutti sanno che l'Italia è il paese europeo con il debito pubblico più gravoso, la crescita del paese è ferma allo zero, non c'è 'na lira, il famoso "tesoretto", lo si è capito, era più frutto di un bel funghetto allucinogeno che di una seria analisi economica, Berlusconi annuncia e mette in pratica con repentinità fulminea l'azzeramento di importanti e necessari introiti per i comuni, tutti sorridono, tutti applaudono e nessuno si domanda in che modo verranno recuperati quei tre miliardi di euro. Bene, Claudia Fusani ce lo spiega: la coperta è corta, e a furia di tirarla si rischierà pure di romperla.

"La scure Tremonti si è abbattuta su decine di fondi già stanziati, dal trasporto locale a quello per l'occupazione (165 milioni), dall'ammodernamento delle rete idrica nazionale a quello dedicato al recupero dei centri storici. Il ministro taglia, dove non serve, dove non c'è appeal, dove gli sembra uno spreco: fa scomparire il fondo anti violenza per le donne (20 milioni) e quello per l'inclusione sociale degli immigrati, quello per l'abbattimento degli ecomostri e per il sostegno al trasporto ferroviario delle merci."

La Sicilia e la Calabria le regioni più colpite. Ammontano a 1432 milioni di euro i tagli apportati alle opere pubbliche urgenti per il Sud.
E non stiamo parlando del Ponte. Stiamo parlando "del completamento della strada Ionica (350 milioni), della metro leggera di Palermo (240 milioni), della ferrovia circum-etnea (250 milioni), della piattaforma logistica in Sicilia (247 milioni) e della superstrada Agrigento e Caltanissetta (180)."

L'Italia cade a pezzi, le autostrade, soprattutto al Sud, sono ridotte in condizioni disastrose, i collegamenti ferroviari sono carenti e ben al di sotto degli standard europei, e il Governo cosa pensa bene di fare? Tagliare tutti i fondi per l'ammodernamento delle infrastrutture per annullare indiscriminatamente la tassa sulla prima casa.

"Spariscono dal bilancio nazionale 721 milioni di euro destinati a rafforzare il trasporto locale, pubblico e su ferrovia, quel pacchetto di misure necessarie per limitare l'uso di mezzi privati, aiutare i pendolari, far diminuire i camion."

E non contento annuncia, sempre più convinto, che il Ponte sullo Stretto è una priorità e si farà. Si farà contro tutto e tutti. Se poi non ci sono strade e treni adeguati per arrivarci a Messina, beh, questo è un altro paio di maniche. Mica possono pensare a tutto loro. Dove prenderà i 4,7 milioni di euro necessari per la costruzione non è dato sapere. Io comincerei a preoccuparmi.

"Spariscono i 30 milioni per il "recupero dei centri storici"... cassato anche il "Fondo per la demolizione degli ecomostri", 45 milioni destinati ad abbattere le pustole tipo Punta Perotti che infestano coste e zone di pregio. Aboliti i Fondi per "l'ammodernamento delle rete idrica nazionale" (70 milioni) e per le "forestazione e riforestazione" (150 milioni)."

Il Bel Paese stuprato e irriso.
Vi ricordate le parole di Berlusconi IV al primo discorso alla Camera? Quello tanto osannato da Zichichi perchè il premier spiegava che "crescere significa anche rilanciare il Paese e i suoi talenti, significa formare nuove generazioni di lavoratori altamente qualificati, significa dare un frustata vitale alla ricerca e all’istruzione..."
Bene. Leggete qua.

"Spariscono i fondi destinati al Fondo ordinario delle Università (48 milioni) e alla Formazione artistica e culturale (27)."

Balle, balle, balle. E' tutto finto, tutto fasullo, buttano fumo negli occhi della gente e la gente crede di vederci meglio. Citando un detto catalano, citato a sua volta da Travaglio, "Ci pisciano addosso e ci dicono che sta piovendo". E il bello è che noi stiamo sotto a prenderla. Nemmeno lo apriamo, l'ombrello. Ma ciò che fa più paura è questo. Ascoltate.

"Spariti anche i soldi per lo sviluppo della banda larga (50) e il passaggio al digitale terrestre (20) e per il potenziamento dell'informatizzazione pubblica (31)."

L'italia è uno dei paesi più arretrati a livello di diffusione della rete. La burocrazia ti uccide nelle sue pieghe cartacee. Il mondo corre veloce verso il futuro. Noi strisciamo, arranchiamo, ci guardiamo allo specchio e sorridiamo.
Non ci accorgiamo che è tutto finto.
Finto come i chili di cerone sul faccione di Berlusconi.
Finto come le ecoballe (mai termine fu più azzeccato) spruzzate di calce per coprirne il puzzo.
Finto come il Ponte, che mai si farà ma di cui sempre si discuterà.
Finto come la cordata italiana per salvare Alitalia.
Finto come questi omuncoli travestiti da politici finti.


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mercoledì 28 maggio 2008

Il progetto Meetup664


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Cosa

E' un progetto portato avanti dal Meetup664 .
L'idea è di quelle rivoluzionarie, perchè mai tentata fin ad ora in alcun paese del mondo.
Credo che l'Italia ne abbia immensamente bisogno.
Si vuole fondare un settimanale di informazione, libero e indipendente, svincolato da logiche di partito, da ideologie morte, da interessi economici.
Come garante di tale libertà di informazione è stato scelto Marco Travaglio, che, qualora accetterà tale proposta, diventerà direttore della testata, sceglierà i suo collaboratori, i giornalisti che vi scriveranno, tutto nella massima indipendenza.

Perchè

Il perchè è evidente. In Italia l'informazione non è libera. I giornali sono assoggettati a interessi di parte, sono controllati e finanziati da grandi gruppi economici a loro volta legati ai maggiori esponenti dei partiti politici. Il Corriere, la Repubblica, il Giornale sono solo gli esempi più lampanti di informazione manipolata e autocensurata.
Per non parlare delle televisioni. E' di oggi la notizia che Berlusconi vuole imporre le nuove nomine RAI. Lo fanno alla luce del sole. Nessuno ormai si scandalizza più. Ci sono tre canali pubblici in questo povero paese. E se li spartiscono in un vergognoso turbinio di direttori, che vanno e vengono, usati e riciclati, messi e tolti, spostati e riconfermati. E in questa girandola di poltrone l'informazione viene umiliata, la verità manipolata, il telespettatore illuso, manipolato, anestetizzato.
C'è un bisogno immenso di aria fresca. L'informazione in Italia oggi puzza.
Un fetore nefasto che soffoca e uccide le coscienze.

Come

Questo è il punto più rivoluzionario.
L'idea è che questo settimanale sia finanziato dal basso, ovvero dai lettori stessi. Questo è un esempio limpido di democrazia. Bisogna mettersi in testa che l'informazione libera non è un bene naturale, calato dal cielo. Un'informazione libera, a quanto pare, richiede sforzo e impegno. Se ci aspettiamo un'informazione libera da parte dei giornali esistenti ora sulla scena siamo un branco di illusi. Dunque, nell'ottica del progetto, è il lettore che finanzia la sua informazione libera. Il lettore si affida ad una persona valida, nel nostro caso Marco Travaglio, e le dà fiducia. Sostiene economicamente il giornale e continuerà a farlo fino a che lo riterrà opportuno. Vale a dire, nel momento in cui il lettore "azionista" non sarà più soddisfatto dell'informazione che lui stesso finanzia, sarà libero di sospendere il suo contributo. Questo è il sale della democrazia. Chi fa informazione deve essere consapevole di dover rispondere prima di tutto ai propri lettori.

Quanto

Le stime che sono state fatte dicono che con un minimo di 100.000 sottoscrittori disposti a pagare un abbonamento di 70 euro annui è possibile finanziare un settimanale. L'idea è dunque quella di raccogliere almeno centomila persone disposte a pagare questa cifra per avere un proprio giornale a sottoscrizione popolare.

Chi

L'iniziativa è rivolta a tutti.
Tutti coloro che sono disposti a spendere 70 euro all'anno per un settimanale diretto da Marco Travaglio sono invitati a dare la propria adesione al progetto. Basta registrarsi sul sito del Meetup664. Deve essere chiaro che nessuno sta chiedendo soldi a nessuno. Registrarsi al progetto Meetup664 è un modo simbolico per dare la propria adesione. Registrandovi, potrete essere informati giorno per giorno di come procede il progetto, quante persone stanno aderendo, potrete partecipare a meeting online settimanali in cui si discute delle iniziative da prendere per pubblicizzare e diffondere il progetto.

Quando

La raccolta firme inizierà il primo di giugno. Con la vostra firma vi impegnate in modo simbolico (nessun obbligo) ad essere disposti a finanziare il settimanale diretto da Marco Travaglio. La raccolta firme terminerà a settembre. A settembre si tireranno le somme e se si sarà raggiunto il numero minimo necessario (100.000) le si porteranno a Marco Travaglio e, sulla base concreta di quelle firme, gli verrà fatta la proposta di diventare direttore del settimanale. Marco Travaglio, ovviamente, sarà libero di accettare oppure no.
Se accetterà, si darà vita al primo giornale libero "ad azionariato popolare".
A te la scelta.

Cosa fare

Prima di tutto iscriviti al progetto Meetup664 per tenerti informato e ricevere newsletter sull'andamento del progetto.

Secondo, scarica il volantino ufficiale! Stampalo, diffondilo, appendilo sulle bacheche delle università, ovunque possa esserci gente interessata al progetto.

Tra una settimana inizierà la raccolta firme. Nel volantino troverai il modulo da compilare e firmare. Ti sarà fatto sapere la modalità con cui tali firme verranno raccolte.
Stay tuned!

martedì 27 maggio 2008

Il soldatino di piombo




E' notizia di ieri che il neosindaco di Roma, Gianni Alemanno, durante il primo Consiglio comunale ha proposto di intitolare una via a Enrico Berlinguer, Amintore Fanfani, Bettino Craxi e Giorgio Almirante.

Così, giusto per iniziare. Per partire col botto.

Una carrellata bipartisan di personaggi della Prima Repubblica, dall'estrema sinistra all'estrema destra, toccando nell'ordine PCI, DC, PSI e MSI. Dai banchi comunali di maggioranza e opposizione sono scrosciati gli applausi. E' la febbre del dialogo, che ormai sta raggiungendo picchi mai ipotizzati prima d'ora. Un febbrone di quelli forti, che quando ti prendono, ti provocano attacchi di delirio e allucinazioni.

Perchè di allucinazione si deve trattare.

Alemanno, soldatino militante dalle origini fasciste, propone di intitolare un via all'odiato nemico, il paladino del comunismo, Enrico Berlinguer. La destra applaude. Per par condicio auspica una via anche per Giorgio Almirante, fascista vero e convinto. La sinistra applaude. Quando infine si fanno i nomi di Craxi e Fanfani, i due storici esponenti dell'ex Partito Socialista e dell'ex Democrazia Cristiana, a quel punto l'aula comunale esplode in visibilio.
Deve essere un'allucinazione.

In realtà, la seduta si concluderà tra furiose polemiche. Non preoccupatevi, niente a che vedere con l'idea quanto mai balzana del neosindaco. No. L'opposizione sì è inccazzata come una biscia perchè, per un cavillo burocratico, non ha avuto tempo di parlare all'assemblea comunale. Capite? Passi Almirante, passi Craxi. Il problema è che non gli è stato concesso di parlare. Di esibirsi. Quello che conta è farsi vedere. Cosa volevano dire? Volevano ringraziare Alemanno per la trovata? Volevano proporre di intitolare altre vie a Mussolini e Goebel? Per conto mio, avevano detto fin troppo con quell'applauso.

Con quell'applauso hanno perso il diritto di parola.

Si è completamente persa la ragione. La coerenza morale si è disciolta alla luce di una non ben precisata logica buonista del dialogo. La memoria è cancellata senza pudore. Il tempo scolorisce i ricordi e li edulcora. Provo schifo per questo ipocrita "volemose bene", questo "scurdammoce u' ppassat" che sembra rallegrare i cuori di destra e di sinistra.

Ma siccome credo che la memoria sia un bene troppo prezioso, voglio ricordare chi si appresteranno i Romani a vedere iscritti sulle loro vie, nelle loro piazze.

Non parlo di Enrico Berlinguer, la cui indiscutibile statura morale, il cui carisma e la cui personalità, indipendentemente dalle idee politiche, lo rendono un personaggio chiave della storia italiana postbellica.
Non parlo di Amintore Fanfani, uscito illeso da Tangentopoli, nemmeno sfiorato dalla bufera che spazzò via la quasi totalità degli esponenti della DC.
Su di loro è possibile discutere. Ha senso discutere.

Parlo invece di Bettino Craxi. Parlo di Giorgio Almirante.
Su di loro non è possibile discutere. Non ha senso discutere.

A chi, soprattutto da sinistra, propone una revisione storica della figura dell'ex leader socialista, ricordo che morì latitante ad Hammamet. Fu lui che, in pieno clima Tangentopoli, raggiunto dagli avvisi di garanzia della procura di Milano, confessava nel discorso alla Camera del 3 luglio 1992 che "tutti i partiti hanno bisogno di denaro ottenuto illegalmente per finanziare le proprie attività".
Ne riceverà più di una ventina, di avvisi di garanzia. Tanto che, pochi mesi dopo, il 29 aprile 1993, sarà costretto ad ammettere: "Basta con l'ipocrisia! Tutti i partiti si servivano delle tangenti per autofinanziarsi".
Il suo partito viene travolto dalle inchieste, la dirigenza decimata. Le indagini dimostreranno come Craxi avesse utilizzato parte dei proventi delle tangenti (circa 50 miliardi di lire) non solo per finanziamenti illeciti al PSI, ma anche per scopi personali (finanziamento del canale televisivo Gbr di proprietà della sua amante Anja Pieroni, acquisto di immobili, affitto di una casa in costa Azzurra per il figlio). Sarà implicato anche nel processo Cusani in relazione alla Maxi Tangente ENIMONT.

Dopo che la Camera negherà l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti, si scatenerà l'ira dell'opinione pubblica che sfocerà in un linciaggio di piazza con lancio di monetine, cori e insulti alla sua uscita da un hotel di Roma. Qui si conclude l'illuminata carriera politica di Ghino di Tacco, lo pseudonimo con cui amava firmarsi. Quando l'arresto pare inevitabile, fugge in Tunisia, dove morirà sei anni dopo da latitante.

Non spenderò una parola, invece, su Giorgio Almirante, reduce della Campagna d'Africa, fondatore della Repubblica di Salò, capomanipolo alla Guardia Nazionale Repubblicana, capo di gabinetto del ministro della Cultura popolare di Mussolini, tenente della brigata nera dipendente dal Minculpop, camicia nera impeganta nella lotta ai partigiani in Val d'Ossola e nel grossetano, cronista presso il quotidiano fascista Il Tevere di cui fu caporedattore, firmatario nel 1938 del Manifesto della razza, occupato a far penetrare in Italia le tesi razziste provenienti dalla Germania nazista, che già avevano portato all'approvazione delle leggi razziali fasciste che faticavano ad imporsi nella società italiana.

Lascerò parlare lui. Ascoltate.

"Il razzismo è il più vasto e coraggioso riconoscimento di sé che l'Italia abbia mai tentato. Chi teme ancor oggi che si tratti di un'imitazione straniera non si accorge di ragionare per assurdo: perché è veramente assurdo sospettare che il movimento inteso a dare agli italiani una coscienza di razza possa servire ad un asservimento ad una potenza straniera".

(Giorgio Almirante, 1938)

"Noi vogliamo essere, e ci vantiamo di essere, cattolici e buoni cattolici. Ma la nostra intransigenza non tollera confusioni di sorta. Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti – nel nostro credere, obbedire, combattere – noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti. Esclusivamente e gelosamente fascisti noi siamo nella teoria e nella pratica del razzismo".

(Giorgio Almirante, 1942)

Ci hanno svenduto tutto.
Ora stanno tentando di svenderci pure la Storia.

sabato 24 maggio 2008

Zichichi chi?



"Ottimo organizzatore, mediocre fisico".
Questa la sentenza sferzante del premio Nobel per la Fisica 1967 Hans Bethe sul nostro Antonino Zichichi.

Lo devo confessare. Non mi è mai stato simpatico. Zichichi, intendo. Sarà per quel suo modo di porsi alla gente, del tipo Adesso ascoltatemi e vi inizierò ai misteri della scienza che voi umani non potete comprendere, sarà per quel suo vizio di dover sempre confondere tra scienza e fede e cercare a tutti i costi di infilare dentro la religione in discorsi che di religioso dovrebbero aver ben poco, saranno quei capelli tenuti appositamente lunghi e sparpigliati a voler quasi cercare una sorta di narcisitica somiglianza con Albert Einstein, sarà infine che, avendo io una certa conoscenza della materia, i suoi discorsi mi sembrano tanto infarciti di un bisogno impellente di esibizionismo, poveri di contenuti ma nello stesso tempo ammaliatori di folle, gente comune che di fisica, giustamente, sa poco o nulla.

Ma molto più delle mie parole, delineano il personaggio le geniali imitazioni di Crozza. Che dire, il comico ha colto nel segno. Ogni volta che le riguardo, finisco con le lacrime agli occhi per le risate.

In realtà poi, se si esaminano i fatti, c'è ben poco da ridere.
Antonio Zichichi si è fatto una reputazione di grande divulgatore scientifico facendo presenza fissa sui teleschermi della TV di stato (disertando abitualmente le aule d'università, molto più scomode e noiose), scrivendo una gran quantità di libri e ora anche firmando di proprio pugno articoli sul giornale di proprietà della famiglia Berlusconi.

Che il nostro Antonino amasse molto di più la ribalta politica che non l'ufficio dell'Università di Bologna dove è Docente Emerito (i suoi studenti, alcuni dei quali ho conosciuto alle varie conferenze sparse per l'Italia, giurano di non averlo mai visto metterci piede) è ben noto. E che la sua fede (questa volta politica, non religiosa) fosse indirizzata tutta verso il leader di Forza Italia è fatto acclarato, da quando per esempio Antonio Tajani, uno dei fondatori del partito di Arcore, ne sponsorizzò la candidatura a sindaco di Roma durante le elezioni amministrative del 2006.

Non stupisce quindi aprire le pagine de Il Giornale (per carità, non crediate che io compri quel quotidiano, è solo un modo di dire) e trovarci dentro una spalla a firma di Antonino Zichichi. Anzi, in questi ultimi tempi, sembra che la sua vena letteraria sia estrememante prolifica visto che nel giro di quattro giorni ha dato alle stampe due gioielli, Sfida della Scienza per far rialzare il Paese e L'Italia svolta sul nucleare: Nuove centrali in 5 anni.

Il primo articolo ha un vago sapore campagnolo-elettorale (Rialzati Italia vi dice niente?).
Lo apre con una citazione dall'illuminato discorso di Berslusconi nel giorno del voto di fiducia alla Camera, chiosando: "Poteva sembrare utopistico ma, già nei primi giorni di vita, il governo ha affrontato ben quattro grandi emergenze del Paese: sicurezza, erosione del potere di acquisto dei cittadini, Alitalia, situazione ecologico-ambientale in Campania".
E meno male che è riuscito pure a risolverli con efficacia, tempismo e senso di responsabilità, verrebbe da aggiungere.

Il pezzo continua, le lodi al grande statista di Arcore si sprecano. In un afflato di commozione e devozione arriva ad affermare: "Le parole di Berlusconi hanno fatto il giro delle università italiane, dei Centri e dei Laboratori di ricerca scientifica e tecnologica anche fuori dalle nostre frontiere". Addirittura. Mi figuro i più alti esperti di ricerca scientifica che nei laboratori del CERN a Ginevra, nelle ore febbrili d'attesa per l'inizio di uno degli esperimenti più grandiosi e avveniristici per la fisica moderna (l'accensione del Large Hadron Collider), si scambiano fitti fitti impressioni sul discorso di Berlusconi con aria convinta e soddisfatta.
Poi, con un repentino change of subject da far impallidire lo stesso Crozza, divaga, nell'ordine, su: la prescrizione di farmaci specializzati, le macchine elettromagnetiche, l'astuzia dei nostri bisnonni che capirono di essere fatti di atomi e molecole (cazzo, avevo idea che Zichichi non fosse molto giovane, ma non così vecchio da avere Democrito come bisnonno), le ricerche sul cervello, la risonanza magnetica nucleare, le malattie gravi, la mappa elettromagnetica del nostro organismo, la schiavitù energetica, la rinuncia al nucleare.

Bingo.

Ecco dove voleva arrivare. Sembra scemo, il nostro Antonino, ma evidentemente non lo è. A uno che riesce, prendendo spunto dal discorso di Berlusconi alla Camera (ve lo ricordate? quello del Se po' ffà, tanto per intenderci), che riesce, dicevo, ad arrivare a giustificare il ritorno al nucleare, passando per l'astuzia dei nostri (?) bisnonni, beh, cosa vuoi dire a uno così? C'è solo da fargli un applauso.

Ma quando ti aspetti che inizi ad incensare la bellezza e la necessità del nucleare, quello che lui, con sobrio potere esemplificativo, proprio dei più grandi divulgatori scientifici, chiama fuoco nucleare di pace (un'espressione degna del miglior Dragon Ball), lui ti sorprende ancora una volta e con una virata vertiginosa parte all'attacco di Pecoraro Scanio, reo di aver comunicato un dato, a suo dire, volontariamente manipolato sulla temperatura media registrata in Italia.
Che tu, lettore accorto, ti domandi: Ma che cazzo c'entra?

Bene, per lui c'entra eccome: "Non è concepibile che nella patria di Enrico Fermi - padre del fuoco nucleare di pace - un ministro della Repubblica faccia apparire l’Italia come un Paese incapace di sapere qual è la temperatura media rispetto alla media mondiale. È un esempio di ciò che Fermi, mezzo secolo fa, definì «Hiroshima Culturale»".
Finalmente appagato, conclude, con impeccabile concatenazione logica, sottolineando come le parole del neopremier costituiscano una "frustata vitale alla ricerca e all’istruzione".
Firmato: Antonio Zichichi, Presidente della World Federetion of Scientists.

Cosa vuoi dirgli? Niente, appunto. Non c'è niente da dire.

Notare che questo articolo appare su Il Giornale in tempi non sospetti, ovvero il 19 Maggio, quando ancora Berlusconi non è a Napoli per legiferare su discariche e inceneritori, il clima di dialogo tra maggioranza e opposizione-ombra è idilliaco, il futuro dell'Italia appare limpido e roseo nelle mani del neopremier. Poi, come sapete, l'altro giorno, Scajola annuncia a sorpresa (?): "Entro il 2013 l'Italia tornerà al nucleare". Scoppiano i dabattiti. I rifiuti di Napoli passano per un attimo in secondo piano (per passare in terzo non appena giunge la notizia della condanna definitiva per la Franzoni). Il Corriere promuove un sondaggio, Siete d'accordo col nucleare? Risultati: 80% Si, 20% No. La Repubblica promuove un sondaggio, Siete d'accordo col nucleare? Risultati: 80% No, 20% Si. Casini esulta, Era da tempo che lo dicevo! Matteoli in visibilio, E adesso avanti col Ponte sullo stretto! Che non c'entra un cazzo, ma fa sempre scena dirlo.

Volete che in questa ridda di voci, facesse mancare la sua il nostro Antonino? Ovviamente no. Ed ecco allora su Il Giornale di ieri il secondo articolo citato. Il cappello introduttivo ricorda di nuovo "La sfida lanciata da Berlusconi al mondo scientifico, tecnologico e culturale", che, detta così, non si capisce bene se c'è da preoccuparsi o rallegrarsi.
Poi si dilunga in una serie di considerazioni sul problema dell'energia mondiale, la sfiga di centinaia di milioni di persone che vivono avendo a disposizione quantità di energia pari a quelle "dei nostri antenati al tempo della pietra", la fortuna di noi occidentali privilegiati. Boccia in tronco tutte le fonti di energia alternative: sole e vento? cose da ricchi; carbone e biomasse? nefasti per la salute.

A questo punto decide di uscire allo scoperto. Dopo tutta questa bella introduzione si può, con sufficiente sicurezza, affermare che "L’unica sorgente in grado di soddisfare le richieste d’energia esponenzialmente crescenti è il fuoco nucleare di pace". Che, se uno non ha letto il precedente articolo, in cui Zichichi spiega cosa intende lui per "fuoco nucleare di pace", c'è il rischio che ti ribalti sulla sedia dallo spavento. Poi capisci che sta semplicemente parlando del ritorno all'uso dell'energia nucleare e, a quel punto, lo spavento aumenta.

Ripeto: giocano con le parole, sulla pelle della gente.

E mentono. Mentono spudoratamente facondosi scudo della propria credibilità.
Parlando delle scorie radioattive proclama: "Va detto con chiarezza che si possono distruggere. Il problema è economico, non tecnico".

Incosciente, fazioso, bugiardo.

Anche a chi non sa nulla di fisica nucleare sarà giunta voce che le scorie radioattive, che si producono dalla fissione nucleare che avviene all'interno delle centrali, hanno tempi di dimezzamento lunghissimi, il che significa in poche parole che perdono la loro pericolosità solo dopo centinaia di anni (500-600 anni). Si possono distruggere??? Con che cosa? Dell'esplosivo?
Vergognosamente mentono, senza alcun pudore.

Tira in ballo Hiroshima e Nagasaki, l'imperatore del Giappone e cita Enrico Fermi (deve avere un po' la fissa), "l’uomo che ha saputo accendere a Chicago - il 2 dicembre 1942 - la prima candela nucleare di pace".
Candela nucleare di pace???
Sono sicuro che se Enrico Fermi, noto per il suo carattere mite e sereno di fronte ai problemi della vita, fosse ancora vivo, dopo un'affermazione del genere l'avrebbe preso a schiaffi.
Enrico Fermi, uno dei più grandi geni Italiani del Novecento, non merita di essere ridicolizzato da un personaggio del genere. Non merita di essere usato per schifosi fini propagandistici.

La propaganda di regime.
Quella che si basa su affermazioni massimaliste, senza l'appiglio di un barlume di scientificità. "Non è vero che ci vogliono decenni per dotare l’Italia di potenti centrali nucleari. Basti ricordare che la realizzazione della prima pila nucleare sopra citata venne dopo appena quattro anni di lavori". Quella che dice alcune cose, vere in teoria, ma inapplicabili in pratica. "Il nucleare permette di produrre la stessa quantità d’energia risparmiando un milione di volte nella distruzione del materiale combustibile". Quella che getta fumo negli occhi della gente, la confonde, la ipnotizza. "Puntare sulla realizzazione, in tempi brevi, di centrali nucleari vuol dire mettersi al sicuro uscendo dallo stato di schiavitù energetica in cui ci troviamo".

La stessa propaganda che viene quotidianamente alimentata da pseudoscienziati faziosi, al soldo del regime imperante.

venerdì 23 maggio 2008

In memoriam: 23.05.1992 - 23.05.2008



Paolo Borsellino ricorda il suo amico Giovanni Falcone.

«La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine.
Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni»

Giovanni Falcone

Palermo 18.05.1939
Palermo 23.05.1992

giovedì 22 maggio 2008

Mettete dei fiori nei vostri bidoni

Così si è concluso il Consiglio dei ministri straordinario riunitosi a Napoli per l'emergenza rifiuti che sta distruggendo lentamente la Campania.

Si è concluso così. Con una sonora presa per il culo. "Vogliamo riportare i fiori al posto dell'immondizia".
Parola del sig. Silvio Berlusconi. Alla stregua della più volgare marketta pubblicitaria, il neo(?)presidente del consiglio benedice in questo modo il futuro di milioni di persone ormai esasperate per l'insostenibile situazione che si è venuta creando nel corso degli anni, con lo spettro tutt'altro che remoto dello sviluppo di devastanti epidemie di colera. L'ha sparata così, con un sorriso a trentadue denti. Aggiungendo poi: "Ma per tornare alla normalità e uscire dall'emergenza rifiuti dovremo aspettare trenta mesi".
Se non mi sbaglio trenta mesi corrispondono giusto giusto a due anni e mezzo. Un'enormità. Ma in mesi suona meglio. Trenta mesi. Nenache poi tanto, verrebe da dire.
Giocano con i numeri, sulla pelle della gente.

La mattinata era cominciata con l'arrivo in Piazza del Plebiscito dei pulmini contenenti i ministri, da Tremonti a Calderoli, da Bondi alla Carfagna. I giornali hanno ovviamente preferito sorvolare sui cortei di protesta sparando in prima pagina uno striscione a caratteri cubitali che, nell'intenzion dell'artista, voleva essere una battuta più sarcastica che divertita, ma che, manipolata ad arte dai giornali stessi, è suonata come un elogio sperticato al neopremier: "BERLUSCONI SANTO SUBITO". Peccato che lo striscione continuasse con un "...SE RIESCI A LIBERARCI DAI RIFIUTI". Tipica ironia napoletana. Peccato che questa parte dello striscione sia stato tagliato appositamente da tutte le foto. Che tristezza.

Ore frenetiche poi, tutti intorno a una tavola rotonda, Frattini alla destra del premier, alla sua sinistra il fido Gianni Letta. Ore e ore di discussioni e dibattiti per partorire "scelte dolorose e difficili". Vediamole.
Prima misura adottata: nomina a Sottosegretario con delega all'Emergenza rifiuti per Giudo Bertolaso, il direttore del dipartimento della Protezione Civile.
La storia di Giudo Bertolaso è veramente buffa. Questo personaggio assolutamente bipartisan ormai da anni fa la spola tra casa sua e la Farnesina. Ogni qual volta scoppia un'emergenza in Italia si grida il nome di Bertolaso. Che puntualmente, come il prezzomolo, spunta nei momenti più critici di qualunque esecutivo, di sinistra o di destra che sia.
Ce lo ritroviamo allora come vice Commissario vicario per il Grande Giubileo nel 2000, come capo del Dipartimento della protezione Civile nel governo Prodi I e nel governo Amato II tra il '96 e il 2001 e come Commissario straordinario del governo per la prevenzione dei rischi da SARS, l'influenza dei polli. Ironia della sorte, pochi ricordano che Giudo Bertolaso nel settembre 2006 divenne Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania. Sì, avete capito bene. L'emergenza in Campania non è nata due mesi fa. Ha radici profondissime, sia nel tempo che nei luoghi. E per risolverla era stato scelto sempre lui: Guido Bertolaso. Cosa ne è stato di quell'emergenza? vi starete chiedendo. Bene, nulla come al solito. Bertolaso ebbe la brillante idea di trasformare in discarica Valle Masseria, zona a ridosso dell'Oasi WWF. Scoppiarono roventi polemiche e Bertolaso fu costretto a rinunciare all'incarico il 7 luglio 2007. Ma siccome in Italia nessuno sa, nessuno sente, nessuno ricorda, esattamente dieci mesi dopo, lo stesso Bertolaso è di nuovo lì nel posto che aveva lasciato, anzi su un gradino più alto: sottosegretario all'Emergenza rifiuti.

A lui è stato dato l'incarico di scovare i luoghi più adatti dove aprire le cinque nuove salvifiche discariche. Una per ogni provincia. Speriamo che questa volta, almeno, si informi bene prima di operare e non scelga di riversare quintalate di pattume chennesò in un parco naturale faunistico.

Qual era dunque il problema della Campania? Come mai non si riuscivano a smaltire i rifiuti? Ieri abbiamo avuto la risposta. Semplice e disarmante nella sua semplicità. Non c'erano discariche. Elementare. Tutto d'un tratto, da oggi, ne compariranno cinque, assicurano. Ne deduco che siano spuntate nella notte, come i funghi. Certo che i Napoletani sono proprio dei deficienti. Avevano lì la soluzione sotto il naso e non riuscivano proprio a trovarla. E' vero! Se si producono tanti rifiuti bisogna aprire dei posti dove metterli. Caspita! Chi ci avrebbe mai pensato? Vedi che quando i ministri ci si mettono poi le soluzioni le trovano.

E guai a chi, trovandosi una discarica aperta sotto il balcone dalla notte alla mattina, osi dire beh! Rischia fino a cinque anni di carcere! Parola del sig. Silvio Berlusconi. Cinque anni di carcere. Ce la deve avere un po' nel sangue questa fissa dei cinque anni di carcere. Vi ricordate, in campagna elettorale, i discorsi deliranti sull'uso indebito delle intercettazioni telefoniche? "Approveremo subito anche un altro disegno che preveda cinque anni di carcere per chi le esegue, cinque anni per chi le usa!" aveva promesso alla folla plaudente. Ma forse non ci credeva nemmeno lui. Inoltre, le discariche, imposte con la forza ai comuni, saranno da considerarsi territorio militare e dunque inaccessbile. L'esercito si occuperà di presidiarle. L'esercito??? A presidiare dei rifiuti??? Hanno paura che qualcuno se li venga a prendere??? L'esercito dovrebbe essere usato per estirpare la camorra, non per fare da guardia alla camorra.
La camorra tenta di mettere le mani sui rifiuti perchè i rifiuti costituiscono un business da milioni di euro? Bene. Si cerchi di combatte la camorra, non si usi l'esercito per mettere a tacere le comprensibili rimostranze di cittadini assediati dal fetore! Non si intimoriscano i cittadini, che sono le vittime di questa situazione, con lo spettro di condanne esemplari! Queste minacce hanno il vago sapore dell'ipocrisia fascista del consenso per mezzo della forza. Vi rendete conto che viene fatto passare il messaggio per cui la colpa dei rifiuti in Campania sia da attribuire ad associazioni di comuni che si oppongono alle discariche in casa loro? Quando invece è chiaro ed evidente che le ragioni vanno cercate altrove. Come diceva Grillo, "la camorra c'entrarà sì in tutto questo, ma fino a un certo punto: la camorra non è stupida". La camorra non è stupida. La camorra non riempirebbe mai le strade di immondizia creando un'emergenza nazionale. La camorra gli affari li fa stottobanco. La camorra non ama essere al centro dell'attenzione. Chiedetelo a Roberto Saviano.

La camorra non è la causa dei rifiuti della Campania. La camorra sfrutta l'emergenza rifiuti, creata ad arte da altri. Chi? Beh, bisogna guardare un po' più in là del proprio naso, nella fattispecie un po' più a nord. Le grandi industrie del nord usano la Campania come discarica a cielo aperto, lo fanno da anni, con la complicità delle istituzioni e ovviamente della camorra, che ne tre utili stratosferici. Ora le istituzioni stesse ci vengono a proporre di aprire nuove discariche in cui verranno accumulati tutti quei rifiuti destinati poi ad essere "termovalorizzati", ovvero bruciati nell'aria in un orgasmo di nanoparticelle, checchè ne dica il dott. Veronesi, cancerogene.

E qui arriviamo al terzo punto fondamentale delle nuove misure di emergenza. Primo: Bertolaso. Secondo: discariche. Terzo: inceneritori , detti anche, con lieto stupro della lingua italiana, "termovalorizzatori". Che cosa valorizzino non si capisce bene, visto che una risorsa fondamentale di energia rinnovabile quali sono i rifiuti, invece di essere riciclati (si recupera fino all'80% in energia con le tecniche attuali di riciclaggio) vengono bruciati allegramente nell'aere. Anzi, si capisce. Valorizzano le tasche delle imprese costruttrici. Che, non a caso, sono poi le stesse che finanziano le ricerce del sig. Veronesi. Se non altro, un bizzarro conflitto di interessi.

Saranno quattro in tutto. Sorgeranno in località ancora segrete. Ci penserà Bertolaso a scegliere i luoghi adatti. Tutto tra trenta mesi. Sì, avete capito. Tra due anni e mezzo si completerà la costruzione di quattro inceneritori. E nel frattempo? La mole di rifiuti che ricopre la Campania, se impilati uno sopra l'altro, supererebbe l'altezza dell'Everest. Aggiungeteci i rifiuti dei prossimi due anni e mezzo e ditemi cosa potranno mai fare quelle povere cinque discariche spuntate magicamente la scorsa notte. Siamo al teatrino del ridicolo. Gli inceneritori sono ormai tecnologia superata e morta. In Europa stanno chiudendo impianti vecchi di vent'anni. Noi, tra tre anni, ne vogliamo aprire di nuovi. Siamo alla follia. La follia di politici incompetenti e collusi.

Gli stessi (vedi Scajola) che oggi annunciano: "Entro il 2013 entreranno in funzione centrali nucleari di nuova generazione". In America, dove il nucleare produce circa il 20% del fabbisogno energetico del paese, sono più di trent'anni che non si costruisce una centrale nucleare. In compenso ne sono state chiuse una ventina. Una centrale nucleare, come ha spiegato perfettamente Rubbia, premio Nobel per la Fisica, in una puntata di Annozero, necessita di una decina d'anni per essere costruita, ha costi enormi che spesso superano i vantaggi derivanti dall'energia elettrica prodotta, produce circa una tonnellata e mezzo di scorie altamente radioattive all'anno. Se ogni regione avrà la sua bella centrale, in tutto fanno 30 tonnellate all'anno. Dove pensa di metterle il sig. Scajola? Pensa forse di sotterrarle nel giardino del suo villozzo? Facendo un rapido conto, significa che in Italia avremo centrali nucleari funzionanti a partire dal 2023. Siamo indietro di più di cinquant'anni rispetto al resto del mondo industrializzato. Arriviamo sempre cinquant'anni dopo, e sempre, immancabilmente, a sproposito.

Non riusciamo a smaltire i rifiuti prodotti da una famiglia napoletana e vogliamo costruire centrali nucleari che ci affosseranno di tonnelalte di scorie radioattive. Gli Americani hanno lo stato del Nevada dove depositarle e aspettare che perdano lentamente (ci vogliono circa 500 anni) la loro radioattività.
E noi?

Ah, scusate, è vero! Noi abbiamo sempre la Campania.

mercoledì 21 maggio 2008

Parzialmente Liberi

Si sente spesso parlare di libertà di stampa, del fatto che Travaglio non faccia giornalismo ma soltanto del caos. Sarebbe utile, a mio modesto parere, vedere qual è la visione estera dell'Italia e della sua “libertà d'informazione”. Sarebbe interessante capire se ci stiamo facendo delle paranoie inutili o se effettivamente c'è qualche cosa che non quadra, che lascia perplessi, che non fa sentire liberi ma virtualmente ingabbiati. Per tentare di dare risposta a queste sensazioni da notti insonni mi sono messo alla ricerca di informazioni, di fonti libere da vincoli politici, economici o etici che impediscano di dare un libero ed imparziale giudizio. La fonte che mi ha ispirato per l'occasione non poteva essere altro che RSF (Reporter Senza Frontiere). Citando da Wikipedia:


“Reporters sans frontières (RSF) è un'organizzazione internazionale, che ha come obiettivo la difesa della libertà di stampa. È stata fondata dall'attuale segretario generale, il francese Robert Ménard.”

Da anni RSF stila una classifica mondiale sulla libertà di stampa mettendola online a disposizione dei naviganti del web. Sfortunatamente, le classifiche disponibili vanno dal 2002 al 2007 e di conseguenza l'analisi si limiterà a questo lasso di tempo. Cinque anni sono più che sufficienti per verificare l'effettiva libertà di stampa di un paese. In generale, l'Italia non brilla in nessuna delle classifiche ed ottiene la miglior posizione nel 2007 (35° posto) restando, nonostante tutto, il fanalino di coda dell'Unione Europea. La classifica del 2002 vede l'Italia 40°. RSF ci dedica un intero trafiletto rimarcando il nostro ruolo di fanalino di coda:


“L'Italia prende brutti voti in Europa
Tutti i 15 stati-membro dell'Unione Europea (EU) si sono classificati bene ad eccezione dell'Italia (40°), dove la diversità di informazione è sotto seria minaccia. Il Primo ministro Silvio Berlusconi sta aumentando la pressione sulle televisioni statali, ha nominato i suoi collaboratori per aiutare a dirigerle e continuare a combinare il suo lavoro di capo del governo con il suo essere capo di tre televisioni. L'incarcerazione del giornalista Stefano Surace, condannato di reati di stampa di 30 anni fa, così come il monitoraggio dei giornalisti, perquisizioni, convocazioni legali ingiustificate e confisca di equipaggiamento, sono tutte responsabili della bassa posizione del paese.
(Fonte:
Rsf)

Nel 2003 la situazione precipita e l'Italia è addirittura al 53° posto. Coincidenza vuole che il 2003 sia proprio il primo anno di informazione post-editto bulgaro.

“L'Unione Europea prende buone posizioni ad eccezione di Italia e Spagna.
L'Italia ha ricevuto un cattiva posizione (53°) rispetto al resto dell'Unione Europea per la seconda volta consecutiva. Il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi come capo del governo e proprietario di un impero mediatico è ancora irrisolto. Inoltre, un progetto di legge per riformare la diffusione radio e TV, adattato agli interessi di Berlusconi, è probabile che minacci il pluralismo di informazione in Italia.”
(Fonte:
Rsf)


È palesemente chiaro che il progetto di legge a cui si riferisce il RSF è la Legge Gasparri approvata dal parlamento il 2 Dicembre 2003. Dopo la deludente posizione del 2003, l'Italia riesce incredibilmente a risalire fino al 39° posto nel 2004 per poi scendere al 42° nel 2005. Rientriamo nella “top 40” nel 2006. Il 2007 segna l'anno migliore, l'Italia riesce a piazzarsi 35°. Nonostante il miglioramento, RSF dedica all'Italia un'affermazione che, senza esprimersi in alcun modo, permette di trarre determinate conclusioni:

“L'Italia (35°) ha fermato la sua caduta, anche se i giornalisti continuano ad essere sotto minaccia di gruppi mafiosi che impediscono loro di lavorare in completa sicurezza.”
(Fonte:
Rsf)

Prendendo in mano la classifica RSF del 2007 mi viene da piangere. Repubbliche molto più giovani dell'Italia garantiscono una maggiore libertà di stampa come ad esempio Trinidad e Tobago (19°), nata solamente nel 1990. Sono alla disperazione totale quando leggo che Lettonia (12°), Lituania (23°), Estonia (3°), Slovenia (21°) e Bosnia (34°) sono davanti al nostro paese. Non è possibile che nazioni uscite dalla dittatura comunista russa e dalla dittatura di Tito garantiscano un maggiore pluralismo di informazione, una maggiore libertà, in meno di vent'anni di esistenza. Siccome sono masochista, ho cercato ancora ed ho scoperto che RSF non è l'unica fonte che effettua valutazioni del genere. Un'altra fonte è Freedom House. Citando anch'essa da Wikipedia:
“Freedom House è un istituto di ricerca, finanziato prevalentemente con fondi governativi, situato a Washington, D.C.. L'associazione ha come obiettivo la promozione della democrazia liberale nel mondo. Freedom House è conosciuta principalmente per i suoi rapporti annuali sul livello di libertà”.
A differenza di RSF, Freedom House non stila solamente una classifica ma definisce anche il grado di libertà di un paese attribuendo ad esso un punteggio ed una dettagliata descrizione. Se il punteggio supera quota 30, il paese non è da considerarsi totalmente libero. Nell'immagine seguente è riportato l'andamento dell'Italia dal 1980 al 2008:

Clicca sull'immagine per visualizzare

Come è possibile notare, l'Italia è tornata ad essere presente nella lista dei paesi totalmente liberi solamente nel 2007 dopo tre anni (2003-2006) di “non totale libertà”. Freedom House giustifica in questo modo il rientro:

“La valutazione dell'Italia è migliorata da Parzialmente Libera a Libera principalmente per l'uscita di Silvio Berlusconi dalla carica di primo ministro. Sebbene le televisioni private siano ancora concentrate nelle mani della “Berlusconiana” Mediaset, la televisione pubblica, RAI, non è più sotto il suo controllo.”
(Fonte:
Freedom House, Nota: Selezionare Italy)


Viste le motivazioni della Freedom House, ho già le valige pronte. Berlusconi è tornato ed ha in mano il duopolio RAI-Mediaset. La previsione è che si ritorni allo stato di “Parzialmente Libero” nel 2008. Spero vivamente di sbagliarmi. Seguendo il resto dell'articolo, Freedom House sostiene che «Sotto il Governo Berlusconi, l'Italia ha sofferto per la concentrazione dei poteri mediatici nelle mani del primo ministro, il quale, attraverso le sue proprietà private d'informazione ed il potere politico sulla rete televisiva statale, ha controllato quasi il 90% dei mezzi informativi del paese.». Analizzando l'andamento dal 2002 al 2007 della classifica di Freedom House, si può notare come la libertà di stampa sia stata disintegrata nel vero senso della parola. Le fonti che affermano ciò non possono essere definite comuniste come qualcuno oserebbe dire. Siamo passati da posizioni dignitose del 2002/2003, cioè nei primi 30, a posizioni assurde. La legge Gasparri ha contribuito a tutto questo, infatti nel 2004 l'Italia è precipitata al 74° per poi continuare a scendere nel 2005 al 77° e nel 2006 addirittura al 79°. Il primo cenno di risalita lo si ha nel 2007 col 71° posto. Berlusconi non c'è più ma recuperiamo solamente 8 posizioni. Dimostrazione evidente che chi ha governato successivamente non ha fatto nulla per rimediare ai danni Berlusconiani. Ognuno ora può trarre le conclusioni che vuole, ognuno può decidere se l'Italia è un paese nel quale la libertà di stampa è garantita totalmente. Siamo usciti dalla “Parzialità” solo nel 2007 con un punteggio (29 punti) al limite della soglia (30 punti). Ora è tornato chi ci ha portato nella parzialità e questa volta è ben accompagnato da chi non farà opposizione. Aggiungere altro sarebbe ridondante, finiremmo nel solito minestrone riscaldato a citare fatti ben noti a tutti. Ricordando quello che la Costituzione Italiana ci garantisce, speriamo in una svolta “libertina” dell'informazione:
« Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. »
(Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 21)

martedì 20 maggio 2008

Ci scusi ma lei è inammissibile


Riporto una dichiarazione di Paolo Romani apparsa ieri sui principali quotidiani nazionali.

"Marco Travaglio è inammissibile, a mio avviso, come figura inquadrata in un servizio pubblico. Contesto il suo modo di fare informazione. L'intervista in cui attribuiva a Schifani frequentazioni mafiose è stata solo un esempio di come la concepisce".
E' questa l'opinione del sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani che, in un'intervista a 'KlausCondicio', spiega: "Travaglio ha detto che Schifani avrebbe frequentato dei mafiosi. Mentre, come ormai tutti sanno, queste persone furono indicate come mafiose solo diciotto anni dopo l'incontro con Schifani. Questa precisazione, non proprio secondaria, andava fatta. Travaglio spesso dà informazioni che sono corrotte dalla pura passione politica. Non va bene per il servizio pubblico. Diverso è il discorso per Santoro, un grande professionista che ha ecceduto durante la campagna elettorale. Il suo è giornalismo corrosivo, intelligente, ma che verifica le fonti".
Romani ha invece una buona opinione del conduttore di Ballarò. "Giovanni Floris - ha detto - è un bravissimo giornalista: un po' targato, ma non importa, perché riesce a scavare nell'intimo dei propri ospiti molto più di quello che abitualmente si possa fare. Lucia Annunziata, invece, a volte mi pare un po' prevenuta".
"Lo stile giornalistico di Floris - ha aggiunto - mi piace molto. Ricordo, in particolare, la straordinaria puntata di Ballarò con i figli delle vittime del terrorismo. Sono state tre ore di antologia televisiva".

Lo facciano una volta per tutte. Allontanino Travaglio dalla Rai. Abbiano il coraggio delle loro azioni. Travaglio è diventato l’incubo dei politici italiani. Non riescono più a dormire la notte, sono ridotti ad uno straccio. Travaglio va cancellato, rimosso. E’ la loro coscienza. Pinocchio aveva il Grillo Parlante, i politici hanno Travaglio. Il lieto fine però questa volta non ci sarà. Travaglio ha il destino segnato, il suo modo di fare giornalismo è scomodo, fuori dagli schemi. Verrà zittito al più presto, ma questa non è poi una novità.
La cosa divertente invece è vedere come si diano tutti da fare per screditare il giornalista torinese. Prima i politici, poi i vari membri del Cda Rai, a ruota i giornali di partito. All’elenco ieri si è aggiunto anche il nuovo sottosegretario con delega alle Comunicazioni Paolo Romani. Ma lui è stato più originale degli altri, si è spinto oltre. Il semplice attacco personale non poteva bastare. Troppo banale si sarà detto, lo fanno già tutti. Ha deciso di strafare, di lasciare il segno come gli artisti. Il suo genio ha partorito il “Pagellone” dei giornalisti. Si racconta di un Aldo Biscardi imbufalito, lui ai pagelloni non ci aveva mai pensato.

A Romani dovrebbe essere garantita una cattedra di docente. E’ innegabile, ha la stoffa del professore. Lui le presone le capisce subito, le sa inquadrare, per lui dare i voti alla persone è una vocazione. Gli è bastato uno sguardo per capire che Travaglio non è compatibile con il servizio pubblico. Chi l’avrebbe mai detto? Un deputato del Popolo della Libertà che si schiera contro Travaglio. Roba dell’altro mondo. Ma Romani non è una persona qualunque, in passato è stato editore di televisioni locali, lui se ne intende davvero.

Alzi la mano chi non pensa che Floris sia in grado di scavare nell’intimo dei propri lettori.

Ma Romani non si è fermato qui. Ha dichiarato di non aderire alla proposta di nominare un amministratore unico della Rai perché il servizio pubblico deve rimanere sotto il controllo del Parlamento. In Italia i liberali sono fatti così. Come dargli torto. Stupido io che pensavo che l’informazione fosse un servizio per il cittadino e non un’ antenna parafulmine per i politici.

Prima di congedarsi dall’intervista, ecco il capolavoro. Vi ricordate dell’ intercettazione telefonica Berlusconi-Saccà? In quell’intercettazione Berlusconi parla con Saccà, presidente di Raifiction della necessità di “richiamare all’ordine” i consiglieri Rai di area centrodestra e raccomanda ragazze per programmi televisivi come gratifica a senatori disposti a voltare le spalle al governo Prodi. In cambio di queste raccomandazioni Saccà riceve dall’ex premier la promessa di un aiuto per quando farà l’imprenditore. Sembra incredibile ma Romani ha dichiarato di volere che Agostino Saccà venga reintegrato nel suo ruolo di presidente di Raifiction.

Chapeau Mr. Romani.

P.S. Se volete avre un'idea del personaggio in questione, guardatevi il video e state bene attenti al simpatico siparietto tra lui ed Emilio Fede in una vecchia edizione del TG4.

lunedì 19 maggio 2008

Benedetto sedicesimo

Lo ammetto.

Il titolo del post è copiato da uno striscione apparso ieri sera allo stadio. Ma era troppo divertente e quindi l'ho rubato. Fintanto che si cita la fonte, non è plagio.
Mi sembra doveroso prendersi una pausa dall'intossicazione mediatica e celebrare a dovere il sedicesimo scudetto della mia (nostra) squadra del cuore.
I neopromossi, i penalizzati e i rosiconi sono esentati dal proseguire la lettura. Se qualche juventino o milanista o romanista si è riconosciuto rispettivamente in una delle tre categorie, credete, il riferimento è del tutto volontario.
Si fa per dire, dai, così, in simpatia, non prendetevela.

Sedicesimo, dicevamo. Terzo consecutivo. Mai successo nella centenaria storia dell'Inter. Neanche la Grande Inter di Helenio aveva osato tanto. E poco importa che il primo dei tre sia di cartone, consegnato a tavolino. L'albo d'oro è lì, a futura memoria di chi nutre ancora dei dubbi sulla disonestà di Lucky Luciano. Fa quasi tenerezza leggere oggi Tuttosport che titola: "E sono 15". In altri tempi avrebbero saputo scadere in qualche cosa di peggio, questa mi appare più che altro una battuta divertente. Bravi.

Dopo notti insonni e incubi pazzeschi, in cui mi si materializzavano in sogno i risultati più incredibili, il campo ha dato il suo verdetto. E il suo verdetto è sempre uguale.

Il calcio è un gioco giocato da atleti e risolto da fuoriclasse. Elementare.

E' inutile fare tante storie, dibattiti, moviole. Ieri pomeriggio nel diluvio del Tardini c'erano in campo ventidue atleti. Calma piatta. Fino al sesto del secondo tempo. Poi è entrato il campione. C'è chi dice avesse confidato a un amico "torno e risolvo io". Non so se sia frutto della retorica che si costruisce sempre dopo una vittoria tanto esaltante, ma indubbiamente questo è ciò che effettivamente è accaduto. Ha piantato i suoi piedoni in mezzo al campo, le mani sui fianchi, la testa alta e ha deciso la gioia e la disperazione di milioni di tifosi.

Ha fatto quello che di solito succede nei campetti di periferia quando si è bambini. E' arrivato, ha chiesto (a Mancini) "Posso giocare anch'io?", Mancini l'ha accontentato, ha arpionato il primo pallone che gli passava vicino, ha detto "adesso vi faccio vedere come si fa", l'ha detto a suoi compagni prima che agli avversari, è partito palla al piede con quella sua andatura potente e strascicata allo stesso tempo, si è trascinato dietro un paio di difensori, si è allargato, ha incrociato, semiciccando, il tiro. Tanto per cominciare. Non si può aver tutto dalla vita. Da bambino gli avresti dato del veneziano. Ti saresti incazzato e l'avresti mandato a quel paese. Appena arrivato e non passa nenache il pallone.

Passano i minuti, lui caracolla a centrocampo, quell'aria strafottente, che c'è, anche se non gliela vedi in faccia, è lì, nel suo modo di muoversi, nel suo modo di girare al largo ad aspettare l'occasione giusta. Ecco, di nuovo, addomestica col petto dal cielo un pallone impossibile, con una torsione si volta lasciando sul posto il diretto marcatore, sembra tutto così naturale, è la naturalità di chi ha il calcio nel sangue, tu, onesto atleta, non ce la potresti avere nemmeno allenandoti venti ore al giorno per vent'anni, si gira e parte veloce, sa già quel che farà, non tentenna, non cincischia, non ha paura, gli avversari li intravede appena, gli ostacoli sono solo dentro di lui, infatti pecca di troppa sicurezza, tenta un tiro da distanza improponibile, destro semiciccato, a lato. Di nuovo.

Da bambino a quel punto, la sua sorte sarebbe stata segnata. Chi aveva portato il pallone avrebbe deciso che la sua partita finiva lì. Si portasse lui il suo pallone e andasse a giocare da solo da qualche altra parte. Per fortuna ieri il pallone l'aveva portato l'arbitro e le regole non scritte che valgono sui campi degli oratori non sono le stesse della seria A.

Il campione non fa una piega, sa che è solo questione di tempo. Rimette a posto tutto nella sua mente. E' lì che si conclude la partita: nella mente di Ibra. Quando capisce e sente che la prossima volta non sbaglierà. Al diciassettesimo (chi ha il coraggio ancora di pensare che il 17 porti sfiga alzi la mano) riparte veloce il contropiede, palla al Serbo, uno dei tanti atleti ieri al Tardini, sicuramente non tra i migliori, si vede accerchiato, c'è solo una cosa da fare, lasciare la responsabilità al campione, gli cede il pallone, vai tu che io ti seguo. Da bambini non sarebbe mai successo, guai passare il pallone al veneziano. Ma il Serbo ha un legame di sangue col campione, sarà per quello, sono zingari tutti e due, si devertono a chiamarsi così, se gli chiedi "Com'è Ibra?" "E' bravino lo zingaro" ti risponde, e allora il pallone glielo passa più che volentieri, finta di corpo, il portoghese spigoloso col cerotto sullo zigomo non trova più il pallone e prosegue la sua goffa scivolata sul terreno fradicio, sembra un toro nella corrida ma è solo Fernando Couto al Tardini, a quel punto è già tutto segnato, un paio di falcate, il tempo di inquadrare la porta, non c'è più margine di errore, il tiro non è nient'altro che l'esecuzione di un movimento già eseguito nella mente, perfetto, con l'unica angolazione possibile, là, tra le dita protese del portire e la base del palo.

Fine dei giochi. Lights out. Delirio e disperazione.
Per il campione è un gioco, per gli altri una sofferenza.
Da bambino, alla fine, dopo una cosa così, l'avresti perdonato, gli saresti corso incontro e abbracciandolo gli avresti sussurrato "Sei bravo...anche se dovresti passare di più il pallone".
Ride Ibra. Con quella faccia da bambino strafottente. Ride, mentre c'è chi fa smorfie di felicità e chi fa smorfie di disperazione. Lui, semplicemente, ride. Come un bimbo felice.

E' che per lui è un gioco. E lui ci sa giocare maledettamente bene.

domenica 18 maggio 2008

L'umana ingiustizia

Ieri notte ho rivisto in streaming l'edizione serale del TG5 delle 20:00.
Chissà come mai, mi aspettavo che aprissero per esempio con l'emergenza immondizia a Napoli con i vigili del fuoco presi a sassate dalla gente esasperata (avete visto? hanno scoperto che il pattume è incredibilmente ancora lì dove era stato lasciato...), oppure con il decreto Maroni e la necessità di distinguere tra badanti e delinquenti, oppure con i disastri in seguito al nuovo devastante terremoto in Cina (mi dicevo, vanno matti per le ecatombi...), oppure con la rivolta della redazione del TG3 per lo spostamento del programma di informazione Primo Piano a ore improponibili della notte (perfino Gasparri si è opposto!), oppure ancora con l'attesa spasmodica per l'assegnazione dello scudetto tra Inter e Roma e della polemica delle trasferte proibite ai tifosi.

No, niente di tutto questo.
Stupido io, mi sono detto.

C'era un fatto molto più importante con cui aprire la principale edizione del giornale. Un fatto di cui colpevolmente, lo ammetto, non ero al corrente: i vent'anni dalla morte di Enzo Tortora. Ricorrevano proprio ieri. E allora, all'inizio, ho pensato: beh, è il ventennale della morte, è assolutamente doveroso ricordarlo, tanto paradossale è stata la sua vicenda.
Però, dentro di me, qualcosa non tornava. Come una sensazione che ci fosse qualcosa che non fosse al suo posto. Era poi una notizia così straordinaria da aprirci il TG? Voglio dire. Probabilmente Enzo Tortora è uno di quei personaggi che sono rimasti e rimarranno nel cuore degli Italiani, i quali hanno veramente preso a cuore la sua vicenda che travalica il limite del paradossale e dell'assurdo, realizzazione concreta di incubi prettamente kafkani.
Ma.
C'era un "ma" che mi ronzava per la testa. E' una storia, dopo tutto e per quanto tragica, vecchia di vent'anni. Non è la notizia che, giornalisticamente parlando, dovrebbe fare il botto ad inizio telegiornale e incollare milioni di Italiani davanti al televisore. Non c'era nulla di nuovo da dire. Non c'erano rivelazioni che avrebbero potuto gettare luce sulla controversa vicenda. Niente. Era solo un giusto, doveroso, ricordo di una persona amata dal pubblico televisivo e distrutta da un tragico errore giudiziario.
E allora? Come spiegare tutto ciò? Possibile che i roghi che stanno impestando Napoli e i rimpatrii in massa dei rom possano passare in secondo piano?
Evidentemente sì.

Cristina Parodi, con quel suo faccino serio serio, contrito e accusatorio, tanto da fare un po' vergognare anche te, povero ascoltatore che non c'entri nienti, della misera fine di Enzo Tortora, introducendo il servizio dell'inviato di turno, parla di "allucinante vicenda di mala-giustizia e aggressione dei media" e spiega che si trattò di "un clamoroso errore guidiziario seguito da linciaggio mediatico".

Poi parte il servizio. Il giornalista, evidentemente a corto di immaginazione, annuncia che quella di Tortora è stata un' "allucinante vicenda di mala-giustizia e aggressione dei media" e trattasi di "clamoroso errore guidiziario seguito da linciaggio mediatico". Come non bastasse, con toni drammaticamente apocalittici, ci aggiunge pure che Tortora rappresenta "l'emblema dell'umana ingiustizia". Poi appare uno spezzone in bianco e nero di Tortora che parla di sè dicendo "il 1983 segnò il buio dentro di me ma anche il buio su un certo modo di fare giustizia".
Il giornalista continua la storia del noto personaggio televisivo ricordando che si avvicinò al partito di Pannella per combattere "la sua battaglia radicale contro la giustizia ingiusta". Dopodichè, siccome probabilmente non ancora sottolineato a sufficienza, lo stesso giornalista fa notare che quello di Tortora è "un caso che tocca la coscienza di tutti i cittadini nel rapporto con la giustizia e che deve far riflettere anche chi, per lavoro, informa" e rappresenta uno "scempio, figlio di un conformismo che ha trasformato l'errore in una tragedia".

A quel punto, ci sono rimasto male davvero. Vuoi vedere, mi sono detto, che Tortora è morto anche un po' per colpa mia? Mi sono vergoganto come un cane di appartenere a questa razza umana, così fallibile, così predisposta a confondere la verità con la menzogna.

Poi è intervenuta perfino Silvia, la figlia di Tortora, a distruggere completamente la mia ormai vacillante autostima. Intervistata, dice: "bisogna considerare la giustizia non come un caso personale ma come un caso che riguarda tutti noi...ricordo lo scempio che ne fece la stampa...di casi Tortora forse ce ne saranno ancora...è l'emblema di un modo sbagliato di amministrare la giustizia e di fare cattiva informazione".

Quando sono sul punto di telefonare alla redazione per chiedere scusa a nome di tutti gli Italiani, dopo più di quattro lunghi minuti, il servizio, grazieaddio, finisce.
Rasserenato, rivedo con piacere il volto bellino bellino della Parodi.

Ma.

Ma perchè non sorride? E' ancora triste? Ma perchè? Cosa c'è ancora che non va?
Beh, è semplice. Tortora non è mica l'unico caso di mala-giustizia e mala-informazione. "Altre volte arriva la verità a scompaginare le carte e smentire le sentenze" dichiara sempre più afflitta.
Parte un altro servizio. Tre vittime di un doppio errore giudiziario. Addirittura. E' la storia che riguarda l'uccisione di un commerciante in sicilia dieci anni fa. Nè la mafia prima, nè lo stato poi sono riusciti a punire i veri colpevoli. Dentro di me comincia a montare un senso di schifo per questa giustizia così maledettamente ingiusta. Ma come è possibile? Va bene uno. Ma doppio errore addirittura! Cose dell'altro mondo.
Dopo due minuti il servizio finisce.

Bene? No.

Che c'è adesso? Cara Cristina, non vorrai propinarmi un altro errore giudiziario?
Ebbene sì. La Parodi ha evidentemente deciso questa sera di distruggere tutte le mie certezze.
Parte un terzo servizio, "altra vicenda giudiziaria che sconcerta", chiosa sempre più disperata. Si tratta dell'omicidio del ragazzino napoletano che tentò di difendere il suo motorino. L'assassino l'ha fatta franca. Il papà di Paolino (così si chiamava il ragazzo) spiega amaramente che la sentenza è comprensibile perchè "frutto di eccessivo garantismo".

Tornati in studio, compare a tutto schermo il faccione di Maroni, segno che finalmente si inizierà a parlare di qualcos'altro. La vita è strana. Non avrei mai pensato di poter accogliere la vista di Maroni con tanto sollievo.
Tant'è. Otto minuti e trenta secondi di telegiornale se ne sono andati. Praticamente la metà dell'intero TG, se togliamo la rubrica sulle rose più belle del mondo. Otto minuti e trenta secondi. Spengo lo streaming. Non ho più voglia di andare avanti. Ora è tutto molto più chiaro.

Torno in me. Capisco che quello che ho subito non è nient'altro che quello che si definisce in termini tecnici un brainwashing, un bel "lavaggio del cervello" in piena regola. Con messaggi più o meno espliciti, più o meno subliminali. Capisco che quello che è stato perpetrato dalla redazione del TG5 è una meschina strumentalizzazione della vicenda di un uomo quale è stato Tortora, amato dalla gente. E' stato un tentativo vile di inculcare nella gente la diffidenza nel lavoro della magistratura. E' stato di più. E' stato un attacco sottilmente terroristico alla credibilità della giustizia italiana. E' stato un sotterfugio vigliacco per far passare il messaggio per cui la giustizia spesso sbaglia, non si possono trarre conclusioni da sentenze anche definitive, la verità vera spesso è diversa da quella che decidono i giudici, l'informazione che si basa sulle sentenze dovrebbe farsi un serio esame di coscienza.

Non a caso mi rimbombano nella testa le parole di Silvio Berlusconi: "I magistrati sono antropologicamente estranei alla razza umana".

Ora è tutto chiaro.
Domando: è troppo azzardato e si fa peccato a pensare che tutto ciò, in qualche modo, sia legato al caso-Schifani? Non sono stati questi otto minuti e trenta secondi un attacco potente e mascherato, e tanto più potente perchè mascherato, al modo di agire di tanti giornalisti seri, come i vari Travaglio, Gomez, Barbacetto, Abbate, che informano la gente di fatti gravi legati alla storia politica italiana basandosi solo ed esclusivamente sulle sentenze dei giudici?
Non è stato un modo sottile e nascosto per delegittimare ancora una volta il loro lavoro?


venerdì 16 maggio 2008

Castelli di palta



Ha detto bene l'ex-ministro della Giustizia Roberto Castelli, ieri sera ospite alla trasmissione di Michele Santoro Anno Zero.
"La cosa sta diventando stucchevole".

Il mondo politico italiano è in preda a un febbrile prurito da carte bollate. Non mi piace quello che dici? Ti querelo. Mi sei odioso? Ti querelo. Le cose che dici sono vere, ma a me non piacciono? Ti querelo lo stesso.

Il siparietto si era inaugurato poco dopo l'ormai famosa puntata di Che Tempo che Fa in cui Marco Travaglio aveva osato rivelare al pubblico televisivo, noto per non essere in grado di assimilare messaggi che risultino appena più profondi di un discorso di Maria De Filippi, aveva osato rivelare, dicevo, un'informazione vera e importante riguardo la biografia del neopresidente del Senato Renato Schifani, sottaciuta ad arte da tutti i maggiori quotidiani nazionali che hanno preferito giustamente soffermarsi sulla più goliardica notizia del riporto finalmente sforbiciato.
La reazione era stata veemente. Schifani è apparso in televisione ai microfoni del Tg1 e, in ossequio all'amore per il principio del contraddittorio, ha annunciato al giornalista di turno che avrebbe portato in tribunale Travaglio per diffamazione nei suoi confronti. Non una parola sull'episodio accennato da Travaglio ovviamente ("Sono accuse che non hanno nemmeno la dignità di generare sospetti") e una bella divagazione, avallata sempre dallo stesso giornalista di turno, sul bel clima che si è creato tra maggioranza e opposizione, sulla necessità di dialogare, di prendersi per mano, fare un bel girotondo ed essere tutti più felici.
Travaglio, alla notizia delle intenzioni di querela da parte di Schifani, ha tagliato corto: "Così finalmente si conoscerà la verità".

Il siparietto poi, nei giorni successivi, è stato portato avanti con forza, come è noto, dal quotidiano La Repubblica, che, per voce del suo vicedirettore Giuseppe D'avanzo, ha intrapreso una vera e propria campagna denigratoria nei confronti di Travaglio attaccando il suo modo di fare giornalismo, la sua persona e la sua onestà intellettuale. Travaglio si è dato quindi la briga di rispondere, sempre sulle pagine di Repubblica, al che D'avanzo ha rincarato la dose il giorno successivo con un articolo diffamatorio in cui insinuava dubbi sulla vita privata di Travaglio e la sua onorabilità come cittadino privato. D'Avanzo sbatte in prima pagina la notizia assolutamente falsa secondo la quale Travaglio avrebbe avuto l'albergo pagato dal boss mafioso Michele Aiello durante una vacanza fatta con la famiglia. Travaglio, ancora sulle pagine di Repubblica, ha smentito la calunnia e ha fatto sapere che D'Avanzo risponderà delle sue accuse in tribunale. A questo punto, D'Avanzo, accortosi forse di aver tirato troppo la corda sparando irresponsabilmente in prima pagina quelle che erano semplicemente voci messe in giro chissà da chi, ha risposto con una noticina in cui dichiara che in fondo lui non ce l'ha con Travaglio e l'episodio di Aiello era solo un esempio per mostrare come è facile diffamare una persona senza avere elementi certi a supporto. "Ma davvero", conclude ruffianamente, "c'è qualcuno che, in buona fede, può pensare che Repubblica faccia sconti alla mafia e alle sue collusioni con i poteri? ". Viscido e vergognoso fino in fondo. Perchè la risposta alla tua domanda retorica, caro D'Avanzo, è sì! Quando si preferisce tacere su eposidi potenzialmente gravi legati a fatti di mafia che riguardano alte istituzioni, ponendo invece artatamente l'attenzione su fattucoli irrelevanti, in modo da anestetizzare l'opinione pubblica, questo è più che uno sconto. Questo, a casa mia, si chiama omertà.

Ma questo, ormai, è già il passato remoto.
Una nuova querela incombe minacciosa nel cielo mai come in questi giorni sereno e rappacificato della politica italiana. La querela da parte dell'ex-ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli. A chi? Beh, mi pare scontato. L'oggetto del contendere è sempre lui, il nostro Marco Travaglio.
Ha detto bene lo stesso Castelli: la cosa sta diventando stucchevole.
L'intervento di ieri sera ad Anno Zero è stato di una tristezza disarmante. La povertà intellettuale, la volgarità, la pochezza, tutte condensate in un discorso di pochi minuti che definire "logicamente zoppicante" è un poca cosa.
"Travaglio è stato condannato, quindi possiamo definirlo tecnicamente pregiudicato". Così ha esordito. Si riferisce alla sentenza (l'unica) persa da Travaglio nei confronti di Previti. Sappiamo tutti che fine ha fatto poi Previti. Ma la gravità dell'affermazione risiede nel fatto che Castelli gioca con la lingua italiana per stuprare la verità. Ed è tanto più grave se certe affermazioni vengono fatte da un ex-ministro della Giustizia, che evidentemente di procedimenti giudiziari sa ben poco (e dopo tutto perchè dovrebbe saperne, avendo Castelli una laurea in ingegneria ed essendosi occupato per tutta la vita di impianti per la riduzione dei rumori?). Travaglio ha perso una causa civile. Essere condannato signifia perdere una causa penale. Spererei che la differenza tra civile e penale fosse nota a un ministro della Giustiza. Evidentemente non è così.

"Travaglio muore di "travaglite" perchè applicando il suo metodo diventa amico dei mafiosi". Questo il secondo passaggio chiave del discorso di Castelli. Lo sguardo attonito e basito di Travaglio all'udire certe parole dice tutto quel che c'è da dire.
Ma poi, non contento, per far valere la sua argomentazione, propone un'analogia, raffinato esercizio retorico che, se ben usato, illumina la comprensione di una questione complessa, mentre, se mal adoperato, confonde le menti dei poveri telespettatori e soprattutto fa fare una figura da fesso a chi lo adopera.
Sentite: "Se io dico che c'è scritto su Repubblica che Travaglio si fa pagare le vacanze da un mafioso, a quel punto io dico la verità e quindi di fatti diffamo Travaglio ma sono al riparo da ogni accusa".
Disastro.
Che l'analogia tra il Travaglio che cita un passaggio da un libro di Lirio Abbate e Peter Gomez e il Castelli che cita un articolo calunnioso di D'Avanzo su Repubblica sia qualcosa che non sta insieme e non abbia il benchè minimo appiglio logico lo comprende, credo, anche un bimbo di pochi anni. Purtroppo non penso che Castelli sia così raffinato da aver costruito ad arte la fuorviante analogia. Temo che sia davvero convinto della sua forza logica.

Il teatrino si conclude con il consueto attacco alla persona e alla famiglia. E' uno schema trito e ritrito. Però apparentemente funziona. Castelli a sorpresa veste i panni del buon padre di famiglia, onesto e moralizzatore. In un eccesso, forse, di self-confidence, si avventura in una paternale dal vago sapore oratoriale: "Lei cosa dice ai suoi figli? Io mi guadagno da vivere parlando male degli altri? E' questo l'insegnamento che lei fa (intende "dà" n.d.r.) ai suoi figli? Io fortunatamente quando guardo negli occhi mio figlio gli dico che faccio altro nella vita che non guadagnarmi da vivere parlando male degli altri!".
Brutto cattivo di un Travaglio! Smettila di dire cose brutte sugli altri! Non sai che così facendo si va all'inferno? Corri in camera tua senza cena!

Questa è la classe politica che ci meritiamo. Questa è la presuntuosa pochezza che la caratterizza.

La cosa più grave, però, non è la classe politica in sè. La cosa grave è l'informazione tutta, che tale presuntuosa pochezza asseconda, osanna e diffonde tra la gente come verbo indiscusso.