Il Consiglio dei Ministri ha finalmente varato il cosiddetto decreto "salva-crisi". Dopo i vari decreti "salva-Previti", "salva-ladri", "slava-rete4", "salva-premier" e chi più ne ha più ne metta, c'è da dire che si è fatto un passo avanti, se non altro nel nome, che sembra rimandare ad un fattivo intervento a favore di un (per altro non ben precisato) benessere comune a seguito della gravissima crisi economica che si sta espandendo a macchia d'olio su tutto il pianeta.
Ovviamente, in perfetta sintonia con la politica berlusconiana basata sulla più becera marchetta pubblicitaria e come spiega dettagliatamente Eugenio Scalfari oggi su Repubblica, la bontà di un tale decreto si esaurisce giusto giusto nel nome. Questa manovra è talmente risicata, ristretta, condizionata dai tagli all'Ici e dalla vergognosa gestione della vicenda Alitalia, che non avrà alcun impatto sulla ripresa economica visto che i soldi immessi nel mercato saranno talmente pochi che gli Italiani semplicemente se li prenderanno (come un accattone prende la mancia del passante) e li metteranno via, ma certo non si sogneranno di reinvestirli (considerata la loro pochezza). La conseguenza sarà una sensazione di piccolo beneficio, breve e passeggero, che si esaurirà in poco tempo e che non avrà dato alcun spunto all'economia, ma avrà mangiato nel frattempo la bellezza di 16 miliardi di euro, il costo dell'intera manovra.
L'esempio lampante è la famigerata "Social card", la "tessera del pane" dei poveracci, sbandierata con tanta soddisfazione dal ministro Tremonti. Non ci vuole un genio per capire che 40 euro al mese diviso 30 fanno 1 euro e 30 centesimi al giorno, il costo di un caffè. Non ci vuole una mente eccelsa per porsi la fatidica domanda: "Ma vale veramente la pena investire milioni di euro per garantire che le famiglie più povere che non arrivano alla terza settimana del mese abbiano la possibilità di bersi un caffè al bar?" Uno schiaffo alla miseria, un affronto alla dignità della povertà.
Come sarà possibile spiegare ai destinatari di un così grande beneficio economico (1,30 euro al giorno) che il Parlamento compatto pochi giorni fa ha respinto un emendamento dell'Idv che prevedeva di togliere la vergogna del doppio stipendio ai parlamentari che fanno pure i ministri? Come sarà possibile spiegare ai poveracci che proprio quei ministri, che lanciano loro le molliche del pane dal tavolo imbandito della politica, sono i primi ad essere restii a mettere fine ai propri privilegi?
E intanto Berlusconi, senza avvertire un minimo di imbarazzo, invita la gente a spendere (magari utilizzando i proventi della Social card) e a guardare con ottimismo al futuro. Ricorda tanto la storia di Maria Antonietta e delle brioches. Non sono sicuro che il premier abbia ben chiaro che fine abbia poi fatto la regina e tutta la sua corte. Credo avesse più in mente Tonino Guerra e il suo spot che ha tormentato per mesi milioni di Italiani.
Ma c'è un'altra parte del decreto che ha suscitato immediatamente scandalo e stupore, perfino tra le fila dell'opposizione. Se il Parlamento convertirà in legge il decreto, Sky, la piattaforma televisiva che è ormai entrata nella case di 5 milioni di famiglie italiane, si vedrà costretta a far fronte di punto in bianco ad un raddoppio dell'iva: dal 10% al 20%, tutto d'un botto. E chi l'ha deciso? Berlusconi, proprietario di Mediaset, ossia il principale concorrente di Sky. Ma come? Il paladino del libero mercato, il profeta della libertà, il messia del liberalismo che affonda un colpo sotto la cintura alla prima azienda concorrente di Mediaset in Italia?
Un leggerissimo conflitto di interessi? Parrebbe di sì. Ma non ditelo troppo ad alta voce. Potrebbero additarvi per antiberlusconiani-giustizialisti-populisti (e vari altri insulti a caso). Bonaiuti, il portavoce del premier, ha già commentato: "La sinistra sa solo dire di no!". Fantastico e disarmate al tempo stesso. La Russa ha dichiarato: "Era ora che, in un periodo di ristrettezze economiche, si mettesse fine ai privilegi di Sky!". Senza notare che da quindici anni a questa parte nessuno si è mai sognato di metter fine ai macroscopici privilegi di Mediaset che, tanto per dirne una, detiene tre reti televisive quando ne potrebbe avere al massimo due e occupa abusivamente l'etere pubblico. E scusate se è poco.
Murdoch, responsabile di Sky in Italia, ha già fatto sapere che il raddoppio dell'iva per la sua azienda sarà interamente fatto ricadere sul costo dell'abbonamento, che lieviterà indiscriminatamente per la gioia di cinque milioni di famiglie italiane.
Oggi Berlusconi è intervenuto sulla vicenda chiarendo che anche Mediaset sarà colpita da questo provvedimento. Peccato che il decreto legge si riferisca alle reti via satellite come Sky, e non certo a Mediaset, che sul satellite ha proprio ben poco. Non solo fa le porcate, ma poi ha pure il coraggio di sparare una raffica di balle per giustificarle, con aria offesa. Nessuno spiega come stanno le cose. I giornalisti "appecoronati" danno la parola ora all'uno ora all'altro, ma nessuno dice dove stia la verità.
Lo chiamano pluralismo. Si legge depistaggio.
Ovviamente, in perfetta sintonia con la politica berlusconiana basata sulla più becera marchetta pubblicitaria e come spiega dettagliatamente Eugenio Scalfari oggi su Repubblica, la bontà di un tale decreto si esaurisce giusto giusto nel nome. Questa manovra è talmente risicata, ristretta, condizionata dai tagli all'Ici e dalla vergognosa gestione della vicenda Alitalia, che non avrà alcun impatto sulla ripresa economica visto che i soldi immessi nel mercato saranno talmente pochi che gli Italiani semplicemente se li prenderanno (come un accattone prende la mancia del passante) e li metteranno via, ma certo non si sogneranno di reinvestirli (considerata la loro pochezza). La conseguenza sarà una sensazione di piccolo beneficio, breve e passeggero, che si esaurirà in poco tempo e che non avrà dato alcun spunto all'economia, ma avrà mangiato nel frattempo la bellezza di 16 miliardi di euro, il costo dell'intera manovra.
L'esempio lampante è la famigerata "Social card", la "tessera del pane" dei poveracci, sbandierata con tanta soddisfazione dal ministro Tremonti. Non ci vuole un genio per capire che 40 euro al mese diviso 30 fanno 1 euro e 30 centesimi al giorno, il costo di un caffè. Non ci vuole una mente eccelsa per porsi la fatidica domanda: "Ma vale veramente la pena investire milioni di euro per garantire che le famiglie più povere che non arrivano alla terza settimana del mese abbiano la possibilità di bersi un caffè al bar?" Uno schiaffo alla miseria, un affronto alla dignità della povertà.
Come sarà possibile spiegare ai destinatari di un così grande beneficio economico (1,30 euro al giorno) che il Parlamento compatto pochi giorni fa ha respinto un emendamento dell'Idv che prevedeva di togliere la vergogna del doppio stipendio ai parlamentari che fanno pure i ministri? Come sarà possibile spiegare ai poveracci che proprio quei ministri, che lanciano loro le molliche del pane dal tavolo imbandito della politica, sono i primi ad essere restii a mettere fine ai propri privilegi?
E intanto Berlusconi, senza avvertire un minimo di imbarazzo, invita la gente a spendere (magari utilizzando i proventi della Social card) e a guardare con ottimismo al futuro. Ricorda tanto la storia di Maria Antonietta e delle brioches. Non sono sicuro che il premier abbia ben chiaro che fine abbia poi fatto la regina e tutta la sua corte. Credo avesse più in mente Tonino Guerra e il suo spot che ha tormentato per mesi milioni di Italiani.
Ma c'è un'altra parte del decreto che ha suscitato immediatamente scandalo e stupore, perfino tra le fila dell'opposizione. Se il Parlamento convertirà in legge il decreto, Sky, la piattaforma televisiva che è ormai entrata nella case di 5 milioni di famiglie italiane, si vedrà costretta a far fronte di punto in bianco ad un raddoppio dell'iva: dal 10% al 20%, tutto d'un botto. E chi l'ha deciso? Berlusconi, proprietario di Mediaset, ossia il principale concorrente di Sky. Ma come? Il paladino del libero mercato, il profeta della libertà, il messia del liberalismo che affonda un colpo sotto la cintura alla prima azienda concorrente di Mediaset in Italia?
Un leggerissimo conflitto di interessi? Parrebbe di sì. Ma non ditelo troppo ad alta voce. Potrebbero additarvi per antiberlusconiani-giustizialisti-populisti (e vari altri insulti a caso). Bonaiuti, il portavoce del premier, ha già commentato: "La sinistra sa solo dire di no!". Fantastico e disarmate al tempo stesso. La Russa ha dichiarato: "Era ora che, in un periodo di ristrettezze economiche, si mettesse fine ai privilegi di Sky!". Senza notare che da quindici anni a questa parte nessuno si è mai sognato di metter fine ai macroscopici privilegi di Mediaset che, tanto per dirne una, detiene tre reti televisive quando ne potrebbe avere al massimo due e occupa abusivamente l'etere pubblico. E scusate se è poco.
Murdoch, responsabile di Sky in Italia, ha già fatto sapere che il raddoppio dell'iva per la sua azienda sarà interamente fatto ricadere sul costo dell'abbonamento, che lieviterà indiscriminatamente per la gioia di cinque milioni di famiglie italiane.
Oggi Berlusconi è intervenuto sulla vicenda chiarendo che anche Mediaset sarà colpita da questo provvedimento. Peccato che il decreto legge si riferisca alle reti via satellite come Sky, e non certo a Mediaset, che sul satellite ha proprio ben poco. Non solo fa le porcate, ma poi ha pure il coraggio di sparare una raffica di balle per giustificarle, con aria offesa. Nessuno spiega come stanno le cose. I giornalisti "appecoronati" danno la parola ora all'uno ora all'altro, ma nessuno dice dove stia la verità.
Lo chiamano pluralismo. Si legge depistaggio.