lunedì 6 ottobre 2008

Marcello, Silvio e la mafia (parte 20)

Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.

CAPITOLO 20
Il provino al Milan

Il 27 gennaio 1994 il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Palermo e di Milano arresta, all'interno della trattoria "Da Gigi Il Cacciatore" a Milano, i fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo, responsabili della consorteria mafiosa operante in Brancaccio, quartiere della periferia di Palermo. Insieme a loro vengono tratti in arresto anche i cognati Salvatore Spataro e Giuseppe D'Agostino, rei di aver coperto la latitanza dei due fratelli procurando carte d'identità false.

In una lettera fatta pervenire al G.I.P. di Milano il 19 marzo 1994, D'Agostino afferma di essersi trovato a Milano in circostanza dell'arresto poichè aveva intenzione di contattare, attraverso Carmelo Barone e Francesco Piacenti, il dott. Marcello Dell'Utri, già locatore di uno stabile a Palermo adibito a Standa, il quale verosimilmente gli avrebbe dovuto far trovare lavoro. Dell'Utri dichiara al maresciallo Luigi Punzi e al brigadiere Alberto Sivieri dei carabinieri di Milano di non aver mai sentito nominare Barone Piacenti tanto meno D'Agostino.

In realtà, mente. Nella sua agenda personale sono state ritrovate delle annotazioni molto strane. Alla data 11 febbraio 1994 Dell'Utri sa già l'argomento su cui quel giorno stesso sarebbe stato sentito: "SIRIO MARESCIALLO BICCHIO BRIGADIERE 62764294 D’AGOSTINO GIUSEPPE CHE DUE ANNI FA E’ VENUTO INSIEME A FRANCESCO PIACENTI E CARMELO BARONE INTERESSARSI PER LAVORO A MI...". Cita perfino i nomi dei due ufficiali con degli pseudonimi. In un'altra agenda, alla data 7 settembre 1992, si legge esplicitamente il nome di Barone. In una terza agenda il nominativo Barone è seguito anche dal nome di battesimo (Melo), diminutivo di Carmelo, con due utenze telefoniche. Nessun dubbio dunque sulla sua identità.

D'Agostino e Barone si conoscono da sempre per via della loro passione per il calcio. Barone è presidente della Palermo Olimpia, insieme a Spataro. D'Agostino ha un figlio molto promettente calcisticamente e, parlando con Barone, viene a sapere che costui avrebbe potuto fargli fare un provino al Milan. Nel 1992 D'Agostino sale a Milano, il provino va bene, ma il ragazzo non viene preso perchè ancora minorenne. Barone lo rassicura: per questo si può trovare un escamotage. E in più gli promette di adoperarsi per fargli trovare pure un lavoro redditizio in modo da poter portare su tutta la famiglia a Milano: "Io conosco il signor Dell’Utri che, eventualmente, lui, vediamo se ti fa trovare un lavoro". Barone chiama per telefono, ma la segretaria informa che Dell'Utri non è presente. Poco tempo dopo Barone morirà in un incidente stradale (sbanda sull'asfalto bagnato e si schianta con la Mercedes su un gruppo di giostre) e la trattativa non avrà sviluppi.

In seguito, l'8 dicembre del 1993, D'Agostino inizia ad ospitare in casa sua il latitante Giuseppe Graviano. A costui D'Agostino propone di nuovo la possibilità di riuscire a trovare un lavoro: chissà mai che abbia anche lui, come Barone, amicizie milanesi. Graviano risponde che sì, avrebbe potuto farlo lavorare, ma ne avrebbe prima dovuto parlare con il fratello Filippo. Subito dopo le feste natalizie arriva la buona notizia: i Graziano si sono interessati e c'è possibilità per D'Agostino di trovare un posto in un centro commerciale. Un euromercato del gruppo Fininvest.

Questa ricostruzione offerta da D'Agostino permette di decifrare altre significative annotazioni ritrovate sulle agende di Dell'Utri. Alla data 2 settembre 1992 si legge di un tale "MELO" con l'indicazione "INTERESSA AL MILAN". In un'altra annotazione compare un'età (10 ANNI), quanti ne contava il figlio di D'Agostino a quell'epoca, e la frase "IN RITIRO PULLMAN DEL MILAN, INTERESSATO D'AGOSTINO GIACOMO".

Quando a Dell'Utri vengono mostrate tutte le annotazioni che riguardano Carmelo Barone, l'imputato continua a negare. Solo quando gli verrano lette le dichiarazioni del collaborante Pasquale Di Filippo riguardanti il negozio d'abbigliamento di Barone in via Lincoln, a Dell'Utri torna la memoria. Ricorda di averlo conosciuto come presidente di una società di calcio e dichiara che quel "Melo" nella sua agenda non può che essere lui. In realtà, la conoscenza tra i due non si limita a una lontana comunanza di interessi sportivi, come Dell'Utri vuol far credere. Dalla documentazione reperita nelle aziende Fininvest e depositata agli atti risulta che la segretaria personale di Dell'Utri, la dott.ssa Lattuada, aveva segnalato, per l'acquisto, un immobile in via Lincoln, di proprietà di Carmelo Barone. Qualche mese dopo, responsabili della Standa le faranno sapere che è venuto meno l'interesse per quell'immobile. Ancora, in un appunto manoscritto si legge: "...ATTENDE , POI, GIUSEPPE NOTIZIE PER I LOCALI DELLA DITTA BARONE...VIA LINCOLN - BRUCIATO"

Per capire il senso di queste parole bisogna sapere chi fosse, in realtà, Carmelo Barone e in che ambito orbitasse.

Alla domanda se Barone avesse rapporti con esponenti di Cosa Nostra, il collaborante Pasquale Di Filippo dichiara: "Sì, io mi ricordo che Barone era molto amico di mio cognato, Spataro Antonino, e di Vincenzo Buccafusa, detto Cecè. Dopo la sua morte gli hanno messo due o tre volte delle bombe in via Lincoln, gli hanno danneggiato il negozio con delle bombe". Come mai tutte queste bombe? "Dopo la morte di Melo i loro parenti non hanno voluto sapere niente di questo e quindi non volevano pagare il pizzo e quindi, di conseguenza, gli hanno fatto gli attentati". Barone, dunque, era sempre stato in buoni rapporti con i mafiosi della zona e, fintanto che era in vita, non aveva mai avuto problemi.

Il 20 gennaio 2003 viene assunto in esame il teste indotto dalla difesa di Dell'Utri, Francesco Zagatti, capo degli osservatori del Milan nel 92-93. E' un autogol clamoroso. Dalla sua deposizione, molto sincera e spontanea, il Collegio apprende che effettivamente "ci fu un interessamento nei riguardi del figlio di D’Agostino Giuseppe da parte di Marcello Dell’Utri" e deduce che "essendo già deceduto Melo Barone, tale interessamento non poteva che essere stato caldeggiato al prevenuto, direttamente o in via mediata, dai fratelli Graviano di Brancaccio".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mamma mia!!! hai davvero lavorato troppo senza riposo :) Sei un mito!

Anonimo ha detto...

posso dire che "Dio maledica la prescrizione?"
beh l'ho detto