martedì 21 ottobre 2008

Marcello, Silvio e la mafia (parte 29)

Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.

CAPITOLO 29
L'inquinamento delle prove (4)

Come abbiamo visto, il collaborante Antonio Cariolo aveva riferito che Chiofalo avrebbe utilizzato il permesso di uscita dal carcere in concomitanza con le vacanze natalizie del 1998 per incontrare un influente personaggio politico. Vengono allora immediatamente predisposte delle indagini che accertano che effettivamente il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha concesso a Chiofalo gli arresti domiciliari, per un periodo di dieci giorni, a partire dal 23 dicembre. Viene allora predisposto un servizio di osservazione e pedinamento per seguire Chiofalo durante i suoi spostamenti da Roma a Rimini dove abitava la sua famiglia. Viene anche messo sotto intercettazione il cellulare della convivente Pasqualina Fedele.

Il primo giorno di permesso premio, alle 23:40, Pino Chiofalo (C) compone il numero di un cellulare (335/214984) ed inizia a parlare con una persona (X) di cui non farà mai il nome, ma alla quale si rivolgerà sempre con il titolo di "dottore".

X: Pronto?
C: Buonasera, dottore carissimo ... dottore.
X: Pronto, chi parla ?
C: Sono Pino.

X: Ah, come sta?

C: Sì, sono arrivato in questo momento a casa.

X: Che bravo, finalmente, ben arrivato. Un abbraccio di accoglienza.

C: Grazie, grazie.
X: Ah, ah (risatina)

[...]
X: Adesso lei dove si trova ? Non è più in quel posto?
C: No, io sono in un posto più vicino a lei.

X: Più vicino. Ah, che bello!
C: Sì, e diciamo in Romagna?

X: Ah, sì, sì come no. E allora ci dobbiamo vedere, eh!
C: Sì, io a parte il piacere di vederla...io ho bisogno di vederla per altre ragioni.

X: Sì, sì.
C: Perchè purtroppo io ho preso parte a questa situazione...

X: Sì, sì e lo so...

C: E le voglio fare un discorso di una certa delicatezza che io ritengo...

X: ...che valga la pena, certo! Lei in questi giorni diciamo dal 28, 29, 30...c'è uno di questi giorni qui?

C: lei scelga un giorno che a lei gli sta bene, che a me mi sta bene qualsiasi giorno. Io ho bisogno che ci sia qualche intervento...

X: Certo
[...]
C: Sì , ma ritengo che ci sono cose molto positive comunque, sa?

X: Bene, bene.
C: Fra le cose negative ho trovato dei nuovi verbali molto...

X: ...interessanti

C: Ma più che interessanti, per esempio ... uno è assodato è fuori del contesto nostro diciamo...e poi c'è un avvocato che, un caro amico avvocato della zona di Napoli

[...]
C: Poi a quegli altri due gli ho fatto fare il telegramma, non so se lo ha ricevuto.
X: No, non me ne ha parlato.

C: Dottore, io ho bisogno di parlare con lei un attimino per un insieme di cose.
X: Benissimo

[...]
X: Lei ha sempre quel numero, no?
C: Sì, io ho sempre il 0368, no?

X: 0368, sì, sì . Perfetto.
[...]
X: Intanto le faccio un Buon Natale. Ma Buon Anno ce lo facciamo di persona.
C: Oh grazie. Senta, tanti omaggi e tanta affettuosità a lei e famiglia.
X: A tutti i suoi, grazie. Arrivederla.

C: Tante cose.


Solo più tardi si accerterà, con la nota n.700 della D.I.A., che il fantomatico mister X con cui Chiofalo sta parlando e con cui sta organizzando un incontro è Marcello Dell'Utri. Dalla conversazione si evince che i due si conoscono già da parecchio tempo e il loro rapporto è così consolidato che possono tranquillamente parlare in maniera criptica senza fare nomi e cognomi, ma intendendosi alla perfezione. Addirittura Dell'Utri era a conoscenza della vecchia località segreta in cui risiedeva la famiglia dell'ergastolano e, durante la telefonata, viene messo a conoscenza della nuova residenza. Dell'Utri è perfettamente al corrente della situazione, sa del telegramma che Chiofalo ha mandato ai fratelli Ratti e dimostra dunque di essere consapevole della strategia di inquinamento probatorio portata avanti.

Alle 9:30 del 30 dicembre 1998 Chiofalo telefona di nuovo a Dell'Utri. I due si accordano per trovarsi il giorno successivo, in mattinata. Dell'Utri partirà da Milano alle otto per arrivare a Rimini alle undici. Chiofalo gli spiega la strada: "Via Covegnana, sarebbe una zona è praticamente Rimini centro. C'è un semaforo e si scende per Rimini centro. Io sono cento metri sopra". Anzi no. Meglio optare per un centro commerciale, "un posto grossissimo tra Rimini e Cesena".

La mattina seguente, alle 9:38, Dell'Utri chiama Chiofalo. Non è ancora partito: ha avuto alcuni disguidi. Chiofalo lo rassicura, gli dice di prendersela con calma e lo invita anche a fermarsi a pranzare a casa sua. Dell'Utri accetta: "Ah sì, io sono a sua disposizione!". Alle 13:17 e alle 13:49 vengono intercettate altre due conversazioni con le quali Chiofalo e Dell’Utri prendono gli ultimi accordi in previsione dell’ormai imminente arrivo a Rimini.

L'opera di pedinamento predisposta dalla D.I.A. permette di seguire in tempo reale l'incontro. "Alle ore 13,55 l’autovettura Lancia K, guidata dall’autista Piccolo Gianfranco e con a bordo Marcello Dell’Utri, si fermava dietro un’altra Lancia K dal cui posto di guida scendeva il Chiofalo, il quale si avvicinava all’altro automezzo e salutava il Piccolo, nel frattempo anche egli sceso dalla sua autovettura. Quindi, i due automezzi si mettevano in marcia per raggiungere l’abitazione del Chiofalo, luogo riservato e protetto in cui Marcello Dell’Utri, fra l’altro, si sarebbe fermato a pranzare avendo accettato l’invito rivoltogli dal padrone di casa".

Cinque minuti dopo, alle ore 14:00, la svolta. Dell'Utri (D) chiama Chiofalo (C), che sta viaggiando sull'altra autovettura. Il tono della telefonata è concitato. Dell'Utri si è accorto di essere pedinato.

D: Ecco, non so se ha visto che siamo seguiti da una Rover che ci ha fatto delle foto, a me non me ne frega niente adesso stanno passando avanti in questo momento, sono quelli la!
C: Hanno fatto una foto insieme?
D: Sì, sì , quei due là. A lei le interessa?
C: No, adesso scompariamo comunque.
[...]
C: Io guardai, però non penso che era a fare delle foto però.
D: Sì, sì facevano delle foto. Hanno fatto delle foto dalla macchina alla mia macchina.
C: Ma il momento in cui ci siamo salutati?
D: Sì, no, no nel momento l'hanno fatta quando eravamo già in macchina, mentre io la seguivo, diciamo.
C: Questo non vuol dire niente.
D: Sì, sì , sì comunque poi adesso le spiego io...(risatina)
C: Sì, sì, sì anch'io, venga, venga dietro.

I due dunque non demordono e anche sapendo di essere pedinati decidono di arrivare alla dimora di Chiofalo. Scendono dalle auto e si appartano per una decina di minuti nel box dell'abitazione, mentre Piccolo, l'autista di Dell'Utri, rimane ad attenderli sul piazzale. Dopo poco Piccolo scende dalla macchina ed estrae dal portabagagli un cesto di frutta che consegna a Chiofalo. Poi prende in mano due sacchetti e si avvia con Chiofalo verso l'entrata della sua abitazione dove Dell'Utri li sta aspettando. Dopo essersi intrattenuto per pochi minuti ,Dell'Utri, intorno alle 15:00, torna di nuovo in auto e se ne va. Non passano nemmeno dieci minuti e Chiofalo chiama Dell'Utri sul cellulare. La linea cade poi riprende. Ecco la conversazione.

D: Pronto?
C: Senta dottore Dell'Utri?
D: Pino, mi dica?
C: Sì, io penso che secondo me abbiamo fatto un errore oggi.
D: Sì.
[...]
C: Sì, sarebbe il caso che lei farebbe chiedere dal suo avvocato l'autorizzazione al servizio centrale di protezione...secondo me, sa perchè dico, perchè lei lì oggi il suo avvocato non è venuto no?
D: Esatto.
C: Eh va beh però io insomma sta cosa in confidenza...se lei mi permette, io sa ho una posizione un poco...un attimino...quindi ho bisogno di trasparenza...
D: Certo, ha ragione.
C: Quindi lei sia gentile, la prossima volta che viene, se pensa di venire, informi anche il servizio perchè io queste cose non so se posso farle o meno.
D: Certo ha ragione, ha ragione.
C: Anche perchè io sono disponibilissimo a dire la verità, l'ho detta anche a qualche altro magistrato, per carità...capisco che lei ha bisogno di difendersi però sa io ho bisogno pure di rispettare le regole.
D: Infatti, mi dispiace se ho creato qualche problema.
P: No, no io penso di no, per carità, lei con me non ha neanche parlato però voglio dire, siccome lei è venuto, c'era l'avvocato, l'avvocato poi non è venuto insomma mi è sembrata una cosa poco poco simpatica in verità.
D: Sì, sì è vero.
[...]
C: Io sono disponibilissimo, già mi sono detto disponibile a Prato, parlai con i magistrati dicendo che avevo ascoltato alcuni discorsi fra certi collaboratori , io ho espresso la verità, però sono in una posizione in cui ho bisogno di trasparenza...
D: Sì, sì no io lo capisco benissimo.
[...]
C: La verità l'ho già detta e la dirò sempre, non rischio...però io devo essere messo in regola, ha capito lei? Lei comprende?
D: Sì, no, io le chiedo scusa ma mi spiace sto disguido non ... non lo potevo prevedere...
C: Io personalmente sono testimone di cose, però purtroppo lei deve comprendere che io ho una posizione che non posso non essere trasparente agli occhi di chi mi osserva.
D: Certo, certo, lo capisco benissimo.
C: Tante cose. Stia bene.
D: Grazie mille, a presto, arrivederci, grazie.

In realtà questa telefonata è tutta un'architettura montata ad arte da Dell'Utri, che ha compreso di avere il telefono sotto controllo. Lo si evince da un cambio radicale del modo di conversare dei due. Non più riferimenti criptici, ma nomi e cognomi pronunciati chiaramente. Chiofalo si dice disponibile a dire la verità, afferma di avere bisogno di trasparenza, quando invece solo poche ore prima parlava in codice. L'espediente del finto rimprovero dovuto alla mancanza dell'avvocato non sta in piedi. Dell'Utri adduce una scusa inverosimile, dice che c'è stato un disguido, che non è riuscito a rintracciarlo. In realtà Dell'Utri non aveva mai avuto intenzione di portare con l'avvocato: l'incontro doveva essere segreto. La montatura del caso è avvenuta verosimilmente in quei minuti passati all'interno del box.

Ma cosa dice Chiofalo sulla vicenda? Ascoltato nelle udienze del maggio del 2000, afferma di non aver mai conosciuto i pentiti Di Carlo, Onorato e Guglielmini, dice di essersi accorto della falsità di Cirfeta già da tempo e conferma di essersi incontrato con Dell'Utri in ben quattro occasioni (febbraio, giugno, agosto, dicembre '98). Chiofalo confessa che in quest'ultimo incontro, all'interno del box, "Dell’Utri, visibilmente turbato e preoccupato per quanto accaduto in precedenza, lo aveva invitato a confermare le dichiarazioni del Cirfeta promettendogli che l'avrebbe fatto ricco e assicurandolo dell’eterna riconoscenza sua e dei suoi amici". Dichiara anche di essersi sempre rifiutato di confermare le dichiarazioni di Cirfeta, poichè non conosceva i pentiti incriminati e non aveva mai partecipato a questi fantomatici incontri per diffamare Dell'Utri e Berlusconi.

E cosa racconta invece Dell'Utri? Menzogne su menzogne. Osserva il Tribunale: "La versione dell’incontro con Chiofalo fornita dall’imputato non merita alcun commento perché palesemente mendace anche in relazione al giorno dell’incontro, avvenuto alla vigilia di Capodanno e non del giorno di Natale 1998". La conclusione del Tribunale è drastica: " Emerge la illecita condotta posta in essere da Marcello Dell’Utri, il quale, nonostante fosse in corso da alcuni mesi l’indagine dibattimentale del presente procedimento penale a suo carico in ordine a gravissimi reati, ha deciso di condurre in prima persona una non consentita personale “attività difensiva”...che è consistita, non nella ricerca di obiettivi e riscontrabili elementi di prova della sua estraneità ai gravissimi addebiti mossigli, ma bensì nell’artificiosa preordinazione di false accuse ad alcuni suoi attendibili e riscontrati accusatori mediante l’offerta di somme di denaro al collaborante ergastolano Pino Chiofalo al duplice fine di costruire falsi elementi probatori a suo favore e di delegittimare quegli stessi importanti ed affidabili collaboratori di giustizia con l’aiuto di Cirfeta Cosimo, autore materiale, in combutta con il Chiofalo, delle false accuse ai danni di Onorato Francesco, Di Carlo Francesco e Guglielmini Giuseppe".

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