lunedì 5 maggio 2008

Giochi di ombre

"Possiamo perdonare un bambino che ha paura del buio.
La vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della luce".





“… Paragona la nostra natura, per quanto concerne l'educazione e la mancanza di educazione, a un caso di questo genere. Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea, che abbia l'ingresso aperto alla luce per tutta la lunghezza dell'antro; essi vi stanno fin da bambini incatenati alle gambe e al collo, così da restare immobili e guardare solo in avanti, non potendo ruotare il capo per via della catena. Dietro di loro, alta e lontana, brilla la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada in salita, lungo la quale immagina che sia stato costruito un muricciolo, come i paraventi sopra i quali i burattinai, celati al pubblico, mettono in scena i loro spettacoli…”

“… Immagina allora degli uomini che portano lungo questo muricciolo oggetti d'ogni genere sporgenti dal margine… Alcuni parlano, altri tacciono…”

“Che strana visione e che strani prigionieri!”

Simili a noi… Credi che tali uomini abbiano visto di se stessi e dei compagni qualcos'altro che le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro? Se dunque potessero parlare tra loro, non pensi che prenderebbero per reali le cose che vedono? E se nel carcere ci fosse anche un'eco proveniente dalla parete opposta? Ogni volta che uno dei passanti si mettesse a parlare, non credi che essi attribuirebbero quelle parole all'ombra che passa?... Allora per questi uomini la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti…”

“Considera come potrebbero liberarsi e guarire dalle catene e dall'ignoranza… Qualora un prigioniero venisse liberato e costretto d'un tratto ad alzarsi, volgere il collo, camminare e guardare verso la luce, e nel fare tutto ciò soffrisse e per l'abbaglio fosse incapace di scorgere quelle cose di cui prima vedeva le ombre, come credi che reagirebbe se uno gli dicesse che prima vedeva vane apparenze, mentre ora vede qualcosa di più vicino alla realtà e di più vero, perché il suo sguardo è rivolto a oggetti più reali? Non credi che si troverebbe in difficoltà e riterrebbe le cose viste prima più vere di quelle che gli vengono mostrate adesso… "

"E se fosse costretto a guardare proprio verso la luce, non gli farebbero male gli occhi e non fuggirebbe, voltandosi indietro verso gli oggetti che può vedere e considerandoli realmente più chiari di quelli che gli vengono mostrati? E se qualcuno lo trascinasse a forza da lì su per la salita aspra e ripida e non lo lasciasse prima di averlo condotto alla luce del sole, proverebbe dolore e rabbia a essere trascinato, e una volta giunto alla luce, con gli occhi accecati dal bagliore, non potrebbe vedere neppure uno degli oggetti che ora chiamiamo veri? Se volesse vedere gli oggetti che stanno di sopra avrebbe bisogno di abituarvisi, credo.

“Credi che lui, ricordandosi della sua prima dimora, della sapienza di laggiù e dei vecchi compagni di prigionia, non si riterrebbe fortunato per il mutamento di condizione e non avrebbe compassione di loro?”

“E considera anche questo. Se quell'uomo scendesse di nuovo a sedersi al suo posto, i suoi occhi non sarebbero pieni di oscurità, arrivando all'improvviso dal sole? E se dovesse di nuovo valutare quelle ombre e gareggiare con i compagni rimasti sempre prigionieri prima che i suoi occhi, ancora deboli, si ristabiliscano, e gli occorresse non poco tempo per riacquistare l'abitudine, non farebbe ridere e non si direbbe di lui che torna dalla sua ascesa con gli occhi rovinati e che non vale neanche la pena di provare a salire? E non ucciderebbero chi tentasse di liberarli e di condurli su, se mai potessero averlo tra le mani e ucciderlo?”


Plato, Politeia, VII


1 commento:

Anonimo ha detto...

la caverna di platone...
bel post!