giovedì 5 marzo 2009

La giustizia a due velocità


Nel mondo perfetto immaginato dal presidente del consiglio esiste una giustizia snella e veloce che punisce con mano ferma e pesante i poveracci e una giustizia pachidermica e con piaghe da decubito che non riesce nemmeno a muovere un dito contro i potenti.

Questo è chiaro, anzi chiarissimo. E' da quando è salito al potere per la quarta volta che Berlusconi tenta in tutti i modi di rendere inoffensiva la magistratura che si interessa dei reati suoi e dei suoi compagni, che da destra a sinistra occupano il parlamento. E' inutile star qui a ricordare tutta la campagna di odio portata avanti in prima persona e le tonnellate di infamie riversate sui magistrati, definiti ora "metastasi della democrazia", ora "disturbati mentali"; è inutile parlare ancora del decreto legge con cui avrebbe voluto eliminare d'un colpo centomila processi solamente per bloccare il proprio; è inutile mettere di nuovo l'accento sul Lodo Alfano, che invece il processo gliel'ha bloccato solo a lui facendo rimanere male tutti gli altri novantanovemila novecento novantanove che già ci speravano. E' inutile infine star qui a ribadire l'anomalia di un disegno di legge sulle intercettazioni che, come spiegato praticamente da tutti i procuratori d'Italia e persino da tanti rappresentanti del Pdl (solo Ghedini lo difende ancora), impedirà l'utilizzo del mezzo investigativo in nome di una non ben definita privacy.

Piccola parentesi. Notizia dell'ultim'ora: in seguito alle insistenze del CSM, di tutte le varie organizzazioni di magistrati e da tanti avvocati anche in quota Pdl (la Bongiorno solo per fare un nome), sono state apportate alcune piccole modifiche al testo. E' stata abolita la follia del carcere per i giornalisti che pubblicano notizie su indagini in corso (le potranno però pubblicare solo in forma di riassunto) ed è stata sostituita la formula "gravi indizi di colpevolezza" con "rilevanti indizi di colpevolezza". Voi capite che siamo alla frutta. Giocano con il dizionario dei sinonimi per cercare di accontentare un po' tutti. E' chiaro che il testo era una porcata, e porcata rimane.

Ma c'è qualcosa di ancora più pericoloso all'orizzonte, di cui nessuno parla. Qualcosa che bolle in pentola e sta per scardinare le fondamenta stesse della giustizia italiana: la riforma del giudizio penale. E' un pallino di tutti i nuovi ministri della giustizia: riformare un codice di procedura penale folle, pantagruelico, contorto, cavilloso e a tratti contraddittorio che produce processi interminabili che non vedono quasi mai la sentenza definitiva. Bene, il problema è che poi, alla fine, tutti i vari ministri della giustizia che si sono succeduti ci hanno messo le mani, ma non per snellirlo, quanto per renderlo ancora più impenetrabile e quindi di fatto depotenziarlo.

In questi giorni Angelino Alfano, non contento di aver prestato il suo nome per una legge incostituzionale che ha da poco palesato il suo vero fine, quello cioè di impedire che Berlusconi arrivasse a sicura condanna per corruzione giudiziaria nel processo Mills, ora si è messo in testa che vuole riformare sia il codice di procedura civile che quello penale. Anzi, il testo della riforma per il primo è già stato approvato dal senato. Alfano grida vittoria. Dice che è un momento memorabile per le istituzioni democratiche. I processi civili verranno accelerati. Saranno impediti quei fastidiosi e cavillosi ricorsi in Cassazione, i giudici di pace avranno competenze maggiori. Insomma, assicura il ministro della giustizia, le beghe di condominio e le controversie stradali da oggi si risolveranno in men che non si dica.

Peccato che invece le buone intenzioni espresse fin qui siano state completamente abbandonate nel momento di ritoccare il più scottante tema del processo penale, quello che veramente sposta gli equilibri, che tocca interessi enormi, che implica scandali ad alti livelli, quello che insomma riguarda molto da vicino i poteri forti, da sempre invischiati in fenomeni di corruzione, concussione, turbativa, falso, bancarotta ecc...

Tutti, Alfano in primis, sanno che il 90% dei procedimenti penali in Italia finiscono nel nulla. Su di loro cade scandalosamente la mannaia della prescrizione. Che sembra sciacquare via d'un colpo tutti i reati. Tutti ladri all'inizio. Tutti assolti alla fine. Non perchè siano innocenti. Ma perchè non c'è più tempo per processarli. Sette anni e mezzo: questo il tempo massimo. Peccato che la media di un processo penale in Italia sia di otto anni. Il giochino è servito. Chi ha ideato questa genialata? Beh, basta andare indietro al precedente quinquennio berlusconiano: legge ex-Cirielli che dimezzò d'un colpo i tempi di prescrizione. Così Berlusconi si è salvato (e si salverà) da innumerevoli processi. Così non è possibile chiamare Andreotti con il suo vero nome: colluso con la mafia. Sarà in eterno un colluso prescritto. E via dicendo.

I punti fondamentali che ha in mente Alfano per la riforma del processo penale sono chiari e precisi. Anche perchè non li ha mica inventati lui. Sono stati scritti più di trent'anni fa dal Venerabile maestro della P2 Licio Gelli nel suo famoso Piano di Rinascita, che una volta rinvenuto fece scandalo e fece saltare innumerevoli teste. Oggi invece non ci fa più caso nessuno. L'allievo ha superato di gran lunga il maestro. Dico l'allievo perchè come tutti sanno il nostro presidente del consiglio era degnamente affiliato alla loggia massonica eversiva con tessera personale numero 1816.

I punti sono tre, ma in realtà il fine è uno solo: togliere ai magistrati la possibilità di ficcare il naso in faccende che non li riguardano.

Primo punto: la tanto sbandierata separazione delle carriere tra PM e giudici. E', come detto, una vecchia idea di Gelli, ripresa curiosamente in questi ultimi mesi da colui che era stato accusato in passato di essere addirittura a capo del partito dei giudici, Luciano Violante. Altri tempi, si capisce. L'idea è che i pubblici ministeri non potranno più fare il salto per diventare giudici. Dovranno scegliere: o fare il giudice o fare il PM. Berlusconi vorrebbe addirittura che giudici e pubblici ministeri nemmeno si parlassero e si dessero "del lei". Non si chiameranno nemmeno più pubblici ministeri. Si chiameranno "avvocati dell'accusa". Gli avvocati dei poliziotti, insomma.

Basta solo far notare che se questa proposta fosse stata in vigore ai tempi, probabilmente non avremmo mai avuto persone come Falcone e Borsellino. E forse il maxiprocesso alla mafia non si sarebbe mai celebrato. Solo questo pensiero dovrebbe fare "ribrezzo", per utilizzare un termine caro al nostro presidente del consiglio.

Secondo punto: il PM non avrà più alcun controllo sulla polizia giudiziaria. Quindi non potrà più indirizzare la polizia nelle indagini, che dipenderà in tutto e per tutto solamente dal Ministero dell'Interno. Uno svuotamento di poteri devastante. Il PM in futuro dovrà solamente starsene a poltrire in ufficio in attesa della polizia giudiziaria che, su imbeccata del Ministero, lo avvisi di una notizia di reato, magari proprio ai danni di qualche colletto bianco. Pensate un po' la follia. E se invece il PM non è un pigrone e si dà da fare, si informa, legge, ascolta, interroga e viene a scoprire, indipendentemente dalla polizia, una notizia di reato, che fa? Vedi punto tre.

Punto tre: non fa niente. Il disegno di legge prevede infatti che sia categoricamente vietato al PM di iniziare indagini in privato. Le indagini potranno partire solamente in seguito a rapporto della polizia o dei carabinieri. Non è uno scherzo. E' quello che hanno in mente questi signori che ci governano. Se un PM, leggendo i giornali o navigando su internet, avrà sentore di un reato, non potrà in nessun modo aprire un'indagine, ma dovrà aspettare, speranzoso e in rigoroso silenzio, che un poliziotto lo venga ad informare di una cosa che sa già. Lui di sua iniziativa non potrà fare più nulla. Un vero e proprio avvocato dellla polizia: "reato c'è quando polizia lo dice".

Voi vedete immediatamente che questi tre pilastri su cui si fonderà la riforma del procedimento penale non abbrevieranno di un solo secondo i processi. L'unico effetto che avranno sarà quello di ammanettare i pubblici ministeri, umiliarli e renderli dei semplici passacarte. Soprattutto se si considerano tutte quelle norme accessorie previste da Alfano volte ad ingigantire i poteri degli avvocati della difesa. Cavilli burocratici per rallentare ancora di più i processi e portarli oltre il limite della prescrizione, ricusazioni più facili dei giudici (se non mi piace il giudice me lo cambio), annullamento facile dei processi per vizi di forma, possibilità di portare a testimoniare un numero teoricamente infinito di persone col solo scopo di raggiungere l'agognata soglia della prescrizione.

Come si vede, la riforma del diritto penale contrasta in modo stridente con i proclami del governo sulla velocizzazione e l'efficienza della giustizia, ma contrasta soprattutto con la linea guida della riforma del diritto civile. Sembrano idee partorite da due menti completamente diverse. O da una sola mente dissociata. Fate voi.

Ma comunque non preoccupatevi. E' tutto sotto controllo. Le ronde inizieranno presto a battere per le strade. Vanna Marchi è tornata dietro le sbarre con gran sollievo di tutti. E a Matrix, orfano di Mentana, la ragazzina killer Erika che ha massacrato a coltellate madre e fratellino ha potuto spiegare la sua verità. Sembra di capire per esigenze di pluralità di informazione. Dopo tutto la Franzoni ha potuto farlo per anni negli studi di Vespa.

Giusto così.


Segnalazione: Paura? Why not! di Stefano Rossi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Davvero un bel post, Federico. Ricco e scorrevole. Complimenti :)
caterina

Anonimo ha detto...

Ottimo, come sempre

grazie per aver segnalato l'articolo ma è doveroso ricordare che non l'ho scritto io. L'ho soltanto riadattato un pò!