domenica 30 novembre 2008

Silvio, sono ottimista!


Il Consiglio dei Ministri ha finalmente varato il cosiddetto decreto "salva-crisi". Dopo i vari decreti "salva-Previti", "salva-ladri", "slava-rete4", "salva-premier" e chi più ne ha più ne metta, c'è da dire che si è fatto un passo avanti, se non altro nel nome, che sembra rimandare ad un fattivo intervento a favore di un (per altro non ben precisato) benessere comune a seguito della gravissima crisi economica che si sta espandendo a macchia d'olio su tutto il pianeta.

Ovviamente, in perfetta sintonia con la politica berlusconiana basata sulla più becera marchetta pubblicitaria e come spiega dettagliatamente Eugenio Scalfari oggi su Repubblica, la bontà di un tale decreto si esaurisce giusto giusto nel nome. Questa manovra è talmente risicata, ristretta, condizionata dai tagli all'Ici e dalla vergognosa gestione della vicenda Alitalia, che non avrà alcun impatto sulla ripresa economica visto che i soldi immessi nel mercato saranno talmente pochi che gli Italiani semplicemente se li prenderanno (come un accattone prende la mancia del passante) e li metteranno via, ma certo non si sogneranno di reinvestirli (considerata la loro pochezza). La conseguenza sarà una sensazione di piccolo beneficio, breve e passeggero, che si esaurirà in poco tempo e che non avrà dato alcun spunto all'economia, ma avrà mangiato nel frattempo la bellezza di 16 miliardi di euro, il costo dell'intera manovra.

L'esempio lampante è la famigerata "Social card", la "tessera del pane" dei poveracci, sbandierata con tanta soddisfazione dal ministro Tremonti. Non ci vuole un genio per capire che 40 euro al mese diviso 30 fanno 1 euro e 30 centesimi al giorno, il costo di un caffè. Non ci vuole una mente eccelsa per porsi la fatidica domanda: "Ma vale veramente la pena investire milioni di euro per garantire che le famiglie più povere che non arrivano alla terza settimana del mese abbiano la possibilità di bersi un caffè al bar?" Uno schiaffo alla miseria, un affronto alla dignità della povertà.

Come sarà possibile spiegare ai destinatari di un così grande beneficio economico (1,30 euro al giorno) che il Parlamento compatto pochi giorni fa ha respinto un emendamento dell'Idv che prevedeva di togliere la vergogna del doppio stipendio ai parlamentari che fanno pure i ministri? Come sarà possibile spiegare ai poveracci che proprio quei ministri, che lanciano loro le molliche del pane dal tavolo imbandito della politica, sono i primi ad essere restii a mettere fine ai propri privilegi?

E intanto Berlusconi, senza avvertire un minimo di imbarazzo, invita la gente a spendere (magari utilizzando i proventi della Social card) e a guardare con ottimismo al futuro. Ricorda tanto la storia di Maria Antonietta e delle brioches. Non sono sicuro che il premier abbia ben chiaro che fine abbia poi fatto la regina e tutta la sua corte. Credo avesse più in mente Tonino Guerra e il suo spot che ha tormentato per mesi milioni di Italiani.

Ma c'è un'altra parte del decreto che ha suscitato immediatamente scandalo e stupore, perfino tra le fila dell'opposizione. Se il Parlamento convertirà in legge il decreto, Sky, la piattaforma televisiva che è ormai entrata nella case di 5 milioni di famiglie italiane, si vedrà costretta a far fronte di punto in bianco ad un raddoppio dell'iva: dal 10% al 20%, tutto d'un botto. E chi l'ha deciso? Berlusconi, proprietario di Mediaset, ossia il principale concorrente di Sky. Ma come? Il paladino del libero mercato, il profeta della libertà, il messia del liberalismo che affonda un colpo sotto la cintura alla prima azienda concorrente di Mediaset in Italia?

Un leggerissimo conflitto di interessi? Parrebbe di sì. Ma non ditelo troppo ad alta voce. Potrebbero additarvi per antiberlusconiani-giustizialisti-populisti (e vari altri insulti a caso). Bonaiuti, il portavoce del premier, ha già commentato: "La sinistra sa solo dire di no!". Fantastico e disarmate al tempo stesso. La Russa ha dichiarato: "Era ora che, in un periodo di ristrettezze economiche, si mettesse fine ai privilegi di Sky!". Senza notare che da quindici anni a questa parte nessuno si è mai sognato di metter fine ai macroscopici privilegi di Mediaset che, tanto per dirne una, detiene tre reti televisive quando ne potrebbe avere al massimo due e occupa abusivamente l'etere pubblico. E scusate se è poco.

Murdoch, responsabile di Sky in Italia, ha già fatto sapere che il raddoppio dell'iva per la sua azienda sarà interamente fatto ricadere sul costo dell'abbonamento, che lieviterà indiscriminatamente per la gioia di cinque milioni di famiglie italiane.

Oggi Berlusconi è intervenuto sulla vicenda chiarendo che anche Mediaset sarà colpita da questo provvedimento. Peccato che il decreto legge si riferisca alle reti via satellite come Sky, e non certo a Mediaset, che sul satellite ha proprio ben poco. Non solo fa le porcate, ma poi ha pure il coraggio di sparare una raffica di balle per giustificarle, con aria offesa. Nessuno spiega come stanno le cose. I giornalisti "appecoronati" danno la parola ora all'uno ora all'altro, ma nessuno dice dove stia la verità.

Lo chiamano pluralismo. Si legge depistaggio.

venerdì 28 novembre 2008

Alitaglia


Parte o non parte?
Ceeerrrrrrrrrrto
che parte!
Ezio Greggio commenterebbe così la tragic(omic)a situazione in cui versano i rimasugli dell'ormai defunta compagnia di bandiera italiana. Il rigor mortis ne è stato già più volte accertato, ma c'è sempre qualcuno che non vuole farsene una ragione.

Roberto Colaninno e Rocco Sabelli hanno appena terminato di spedire le 17.500 lettere di mobilità agli ex-dipendenti Alitalia. A breve inizieranno le nuove assunzioni in Cai: la più grande campagna di assunzioni mai vista nella storia. Migliaia di loro (nessuno sa precisarne il numero effettivo) perderanno definitivamente il lavoro, coloro che presentano oggettive problematiche (handicappati, madri in gravidanza, ecc...) non avranno alcuna speranza di assunzione, una buona percentuale dei restanti "fortunati" sarà messa in cassaintegrazione. Ma a rotazione: così, giusto per non sentirsi soli nella grande famiglia del Cai.

Già, ma 'sto Cai, quand'è che parte?
Bella domanda. Che parte, è sicuro. Quando, resta un mistero.
Circolano voci incontrollate secondo cui il primo aereo Cai dovrebbe decollare addirittura fra tre giorni: lunedì 1 dicembre. Tempi da record. Ma è già arrivata la smentita. C'è chi dice, invece, prima di Natale. C'è chi, più prudentemente, abbozza gennaio, dopo la pausa delle festività.

Il problema non è da poco. Anzi, proprio il fatto che ci siano di mezzo le vacanze di Natale, rende il decollo di Cai una priorità assoluta. Sì perchè, nel frattempo, la nostra cara compagnia di bandiera Alitalia, anche da morta, continua a succhiarsi soldi su soldi, che vanno ad accumularsi di giorno in giorno al debito mostruoso che gli Italiani si accolleranno sulle proprie spalle da qui per le prossime due o tre generazioni, se va bene. Non passa giorno che spunti un nuovo creditore a reclamare milioni di euro. Ci si è messa pura l'Enac a chiedere alla morta Alitalia di estinguere un debito di 1,7 milioni di euro. Ma come potrebbe un morto pagare una cifra del genere? Infatti, non può: pagheremo noi anche questa.

Intanto, siccome un morto è pur sempre un morto e più di tanto non può fare, il traffico aereo in Italia sta andando al collasso. Se Colaninno non si spiccia a partire con Cai, ci ritroveremo un paese in ginocchio (anzi, a piedi) alla vigilia delle vacanze. E poi vaglielo a spiegare ai vacanzieri inferociti con le valigie già pronte in mano. Allora sì che potremmo assistere a scene da terzo mondo.

Il commissario straordinario Fantozzi, per tentare di tenere insieme la baracca, sta apportando sforbiciate su sforbiciate. A dicembre Alitalia vedrà i propri voli ridotti del 50%: la metà esatta. Dai 550 collegamenti garantiti fino a qualche settimana fa si scenderà a poco più di 200. Rimarranno garantite le tratte più redditizie, cioè quelle intercontinentali, e verranno sacrificate quelle nazionali ed internazionali. A livello nazionale i tagli arriveranno addirittura al 75%. Intere zone Italiane completamente prive di collegamenti. Un esempio? La Puglia. Da qualche giorno è praticamente impossibile raggiungere Roma o Milano dagli aeroporti di Bari e Brindisi. Ma anche l'Emilia Romagna con Bologna che perde 3 voli giornalieri su 4 verso e da Roma. Ma anche Parma, Venezia, Trieste, Verona. E poi tutta la Sicilia, sempre più scollegata dal continente.

Un paese sull'orlo della paralisi. Una situazione davvero da terzo mondo. Gli Enti locali e i sindaci sono sul piede di guerra e contestano apertamente l'operato della compagnia di bandiera. Persino Schifani si è attivato per "scongiurare il grave depotenziamento degli scali siciliani".

Sui media nazionali non viene fatto alcun cenno di tutto questo.
Si veleggia vento in poppa con la sentenza di Olindo e Rosa, che darà da parlare per settimane e settimane a venire. E poi di nuovo il terrorismo, con Frattini che, tornato accidentalmente dalle Hawaii, si ricorda di essere ministro e torna a predicare una lotta porta a porta contro il fanatismo estremista. E poi il gran freddo, le nevicate e il gelo, che di questa stagione è davvero un evento eccezionale.

Intanto, nel gran silenzio, una voce era trapelata. Subito sopita, nascosta, cancellata.
Si vocifera che Fantozzi, il super commissario straordinario di Alitalia, una volta che avrà finito il suo mandato, cioè quello di staccare la spina al morto e consegnare tutta la sua eredità (solo quella in attivo, si intende) nelle mani di Cai, percepirà pure un compenso per la prestazione offerta.

Quindici milioni di euro.

Qunidici
milioni
di euro.

Roba che, con quei soldi, ci potrebbero assumere di nuovo tutti i futuri cassintegrati.

martedì 25 novembre 2008

La restaurazione


L'altro giorno ho letto il titolo di un articolo del Corriere e mi sono ribaltato sulla sedia.
Recitava: "Berlusconi: insulti e bugie dalle tv".
Non volevo credere ai miei occhi.
Per un attimo mi son detto: "Vai a vedere che finalmente qualcuno si è accorto che il premier spara balle a raffica".

Invece no.
Il senso di quel titolo era ovviamente l'inverso: era il premier Silvio Berlusconi che si lamentava, ancora una volta, di "essere preso per i fondelli e insultato" da tutti i comici satirici presenti su tv pubblica e privata. Sai che novità. Un consiglio: se smettesse di fare il buffone ad ogni occasione che gli capiti a tiro (per esempio giocare a "bubu-sèttete" con la Merkel o raccontare barzellette sui negri abbronzati a un attonito Medvedev), forse i "comici rossi" avrebbero meno spunti a cui attaccarsi per i loro monologhi.

Per quanto riguarda le bugie, invece, beh, non gli si può dire niente: lui parla da esperto professionista. L'altro giorno, per dire, ne ha sparata una tanto grossa, ma talmente grossa...che non ha sortito praticamente alcuna reazione da parte della stampa e dell'opinione pubblica al seguito. E' così ormai da tempo: più enormi sono le boutade, più passano sotto silenzio. E' un gioco al massacro, in cui Berlusconi palleggia con la coscienza degli Italiani spostando di volta in volta, sempre più in là, il paletto della decenza. Dice: "Vediamo se si bevono pure questa!". Lui la butta lì, gli Italiani se la bevono e lui allora ne pensa una ancora più grossa.

In questi anni ha potuto dire di tutto. Ha sdoganato il fascismo, ha sdoganato la P2, ha sdoganato la mafia. E gli Italiani in tutta risposta l'hanno votato e rivotato.

L'altro giorno ne ha sparata una che neanche lui credeva sarebbe stata lasciata passare così per così. E invece no. Gli Italiani sono riusciti a stupirlo di nuovo: nessuno ha detto beh. L'altro giorno, con nonchalance, è riuscito a sdoganare pure le mummie della prima repubblica. Ha dichiarato: "Nel ’92 la magistratura iniziò un’azione verso i cinque partiti democratici che, pur con molti errori, erano riusciti a garantire per 50 anni progresso e benessere". Badate bene, la novità non sta nell'attacco ai magistrati di Mani Pulite: questa è ormai roba vecchia, trita e ritrita. La novità sta nel revisionismo sull'operato del pentapartito, capeggiato dalla vecchia DC, che, secondo la versione berlusconiana, ha regalato "50 anni di progresso e benessere".

Chissenefrega se Andreotti se la faceva con i mafiosi. Chissenefrega se Craxi si prosciugava le casse dello stato. Chissenefrega se la politica era in mano a chi pagava più tangenti. Sono solo degli "errori", del tutto giustificabili in vista di un presunto benessere comune.

Ma ve lo ricordate voi lo sdegno di un'Italia intera che seguiva in fibrillazione davanti alla televisione i suoi politici più potenti comparire uno dopo l'altro davanti ai giudici di Milano con facce tremanti e impaurite a cercare di spiegare dove e in che modo avessero fatto sparire i soldi? Ma ve la ricordate voi la rabbia feroce di un'Italia intera che tifava a gran voce per il pool di Borrelli, che faceva cortei, che si radunava in piazza e lanciava una pioggia di monetine a uno spaurito Bettino Craxi all'uscita dall'hotel Raphael?

Dove è finito l'orgoglio di una nazione intera?
Dove è finita la coscienza di un popolo intero?

E' mai possibile che 15 anni di Berlusconi abbiano trasformato così prepotentemente le coscienze da renderle insensibili oltre ogni possibile immaginazione? Che futuro avrebbe avuto, sedici anni fa, un politico che avesse inneggiato alla partitocrazia della prima repubblica maledicendo i danni apportati da un'inchiesta come quella di Mani Pulite? Nessuno. Sarebbe stato preso a calci, se non peggio. Oggi Berlusconi, invece, lo può dire e trova di fronte un'opinione pubblica incancrenita che o lo applaude o, al massimo, non dice niente. Tutto gli scorre sopra. Abituata ormai al peggio del peggio.

E in questo clima di restaurazione perpetua, la sinistra veltroniana, "moderata e riformista", non trova di meglio che accapigliarsi per la poltrona più inutile della storia, la Presidenza della Vigilanza RAI, usata da D'Alema & friends come grimaldello per scardinare la leadership di Veltroni in vista della disfatta alle prossime elezioni amministrative.

La sinistra radicale, invece, quella che è scomparsa dal parlamento, oggi discute se sia il caso o meno di candidare alle Europee, per meriti acquisiti sul campo, Vladimir Luxuria. Il/la trans è infatti reduce da niente po' po' di meno che L'Isola dei Famosi, in cui ha ottenuto una vittoria esaltante a furor di popolo. Liberazione la celebra con un titolo in prima pagina che è tutto un programma: "Vladimir come Obama".

Beh, in effetti, se questa è la sinistra che è scomparsa dal parlamento, un motivo pure ci sarà.

mercoledì 19 novembre 2008

Quelli che la tolleranza zero

Angelino Alfano, ministro di Grazia e Giustizia ma soprattutto per Grazia ricevuta, ne sta pensando una proprio bella. Zitto zitto, quatto quatto, il suo cervellino ha partorito un'ideuzza niente male che potrebbe stravolgere il nostro ordinamento giudiziario. Qual è il problema? Le carceri sovraffollate: come al solito. Ma come? E l'indulto di mastelliana memoria? Come volevasi dimostrare, non è servito a nulla. Anzi no, a qualcuno è servito. Chiedere a Cesare per conferma: l'indulto ad personam.

Se si vanno a leggere i numeri, si scoprirà che tra qualche mese, marzo 2009, nelle carceri italiane saranno detenute circa sessanta mila persone in più della capienza ufficiale, esattamente la stessa drammatica situazione che si era prospettata di fronte al governo Prodi due anni fa. Allora, si era pensato di far uscire di galera tutti coloro che avevano compiuto reati con condanne fino a tre anni di reclusione. Di Pietro era insorto, il limite era stato ridotto a due.

Alfano, visto che non vuole essere da meno rispetto al suo predecessore, ha pensato bene di introdurre un disegno di legge che prevede un "indulto mascherato" per tutti coloro che, incensurati, siano condannati a pene fino a quattro anni di reclusione. Il doppio rispetto a quanto aveva ottenuto il vituperato Mastella.

Ma cosa prevede nello specifico questo ddl? Bene, tutti coloro che hanno la fedina penale pulita e sono soggetti ad un processo per un reato per cui è prevista un pena non superiore a quattro anni di reclusione, possono decidere, nella fase delle indagini preliminari e addirittura fino all'apertura del dibattimento, di ammettere la loro colpa e chiedere di essere "messi alla prova" e destinati ai "lavori socialmente utili". A far compagnia a Cesare, tanto per intenderci. Il processo viene annullato e la fedina penale rimane magicamente pulita con un bel colpo di spugna. Un annetto a far fotocopie in comune o a radere le aiuole dei giardini pubblici e via come nuovo. Una genialata.

Se si va a vedere chi usufruirà di questa cosiddetta "messa in prova" c'è da star sereni. Reati come corruzione semplice, falso in bilancio, frode in commercio, furto, usura, lesioni personali e violenze saranno di fatto cancellati. Vi ricordate il falso in bilancio? Quello che Berlusconi ha depenalizzato e ridotto ad un reato simile a quello di rubare una merenda? Bene, Alfano lo annienterà del tutto.

Vi ricordate del tormentone "tolleranza zero" portato avanti proprio da Alfano e dalla Lega contro questi clandestini che rubano nelle case dei lavoratori padani? Tutta la propaganda basata sull'insicurezza sociale dovuta ai bambini rom che ti fregano il portafogli quando meno te l'aspetti? Bene, il furto rientra tra i reati per cui sarà possibile scontare la pena all'aria aperta, lavorando per la società. Vuoi mettere?

E il bello è che la fedina penale rimarrà linda come il sedere di un bambino. Così, quando il ladro, una volta potati un po' di alberi e fatte un po' di fotocopie, tornerà a fare il suo lavoro, cioè rubare, se beccato, potrà richiedere di nuovo la messa in prova, visto che risulta completamente incensurato. E così via, in una sorta di alternanza tra periodi passati negli appartamenti della gente e periodi spesi a fornire servizietti, magari proprio a coloro a cui un minuto prima stavano svaligiando la casa. Una messa in prova che non finisce mai. Una presa per i fondelli colossale.

Avremo corruttori, ladri, truccatori di bilanci, usurai, violentatori che non si faranno mai un giorno di carcere. Alla faccia del bisogno di sicurezza sociale. E considerando che tra un po' le intercettazioni saranno sospese per tutti i reati tranne mafia e terrorismo, considerando che l'indulto mastelliano continua a ridurre drasticamente le pene, considerando il patteggiamento allargato che consente di ridurre di un terzo la pena anche a processo in dirittura di arrivo, considerando la lentezza della giustizia italiana e il limite misero entro cui il reato cade in prescrizione, in Italia, per essere arrestato e farti qualche giorno di carcere, devi essere davvero sfigato.

domenica 16 novembre 2008

Provenzano docet



Gli studenti, di qualunque genere ed età, lo sanno benissimo: il miglior modo per copiare a scuola è quello di prepararsi a casa dei minuscoli bigliettini in cui sia condensato a caratteri microscopici tutto ciò che è necessario sapere o, per quelli più pigri, farseli passare furtivamente dal compagno di classe secchione direttamente durante il compito in classe. Non c'è cellulare che tenga, sofisticherie moderne: il vecchio caro bigliettino è tecnicamente perfetto, maneggevole, facile da far circolare e ancora più semplice da occultare.

Non per niente Provenzano, grazie ai pizzini, è riuscito a controllare le sorti di Cosa Nostra per 15 anni dopo la cattura di Riina standosene comodamente seduto in qualche masseria della campagna palermitana. Un metodo infallibile, una catena di passaggi infinita, che permetteva di far perdere le tracce di colui che l'aveva iniziata, un vero rompicapo per gli investigatori gli davano la caccia.

A quanto pare, deve saperlo molto bene anche il senatore del Pd Nicola La Torre, che l'altro giorno era presente come ospite alla trasmissione Omnibus su La7 insieme a Bocchino del Pdl e Donadi dell'Idv. Il video è stato ripreso anche da Striscia la Notizia che ne ha evidenziato la tragicomica soluzione.

Tema della serata: l'elezione di Villari alla Vigilanza RAI. Donadi sta cercando di spiegare l'ignobile blitz antidemocratico del Pdl che ha votato compatto per un personaggio diverso da quello proposto dall'opposizione. Bocchino, al suo fianco, sarebbe lì per tentare di difendere l'operato del suo partito, ma sembra non avere (e come dargli torto) argomenti adeguati per interrompere Donadi. A un certo punto, in basso a destra dello schermo si vede una mano, quella di La Torre, che afferra il giornale ripiegato davanti a Bocchino. Le telecamere lo seguono. La Torre inizia a scrivere qualcosa. Poi, una volta finito, ripassa il giornale a Bocchino e con la penna gli indica gli appunti da lui appena scritti come dire: "Leggi qui!".

A quel punto Bocchino si illumina.
Sembra una scena tratta da un classe del liceo in un film di Alvaro Vitali. Lo studente che fa scena muta all'interrogazione, il compagno che gli passa il bigliettino, lo studente che si rianima e incredibilmente fa bella figura per lo sbalordimento dell'insegnante che era già pronta a mettergli un bel tre.

Succede proprio così. Bocchino legge l'appunto di La Torre, capisce tutto, gli brillano gli occhi e chiede immediatamente la parola alzando la mano. Finalmente gli sono venute le parole che non riusciva a trovare. La maestra di turno interrompe Donadi e chiede a Bocchino che cosa ha da dire. Lo studentello, con aria spavalda, prima si assicura di nascondere il bigliettino (capovolgendo il giornale) e poi ripete a pappagallo (senza per altro capirne il senso) ciò che vi era scritto. Dice: "Siccome noi abbiamo ritirato la candidatura di Pecorella anche voi dovevate ritirare quella di Orlando. Noi siamo stati responsabili, voi no!". Tièh!

Senza nemmeno curarsi della bestialità appena pronunciata (di cui per altro ho già parlato nel precedente post), per cui un paragone tra il caso Pecorella e il caso Orlando non ha senso di esistere se non all'interno di una pura campagna populista cara ai replicanti berlusconiani, Bocchino gongola soddisfatto, mentre Donadi tenta di riallacciare le fila del discorso facendo notare che la similitudine non sta in cielo in terra.

Ma ormai è troppo tardi. La mano di La Torre si è messa in funzione ancora una volta. Ha rubato di nuovo di mano il giornale a Bocchino. E' la regola: una volta commesso il delitto, fare sparire le prove. Le telecamere lo inchiodano nel momento in cui, senza alcun pudore, strappa il pizzino su cui aveva scritto il suggerimento e lo appallottola riducendolo a una pallina di carta. Non si sa che fine abbia fatto. L'ipotesi più probabile è che sia stato defecato dal senatore qualche ora dopo.

L'episodio in e per non fa affatto ridere.
E' di uno squallore vergognoso.
E' la prova evidente di come alcune correnti all'interno del PD (la Torre è un D'Alemiano doc) lavorino costantemente per screditare quello che dovrebbe essere il loro primo alleato, Di Pietro, e allo stesso tempo cospirino e inciucino in una "corrispondenza di amorosi sensi" con i prediletti BerlusCloni.

Tutto questo ammasso di personaggi sinistri e collusi che popolano Pd e Pdl, che si coprono le spalle a vicenda, che spargono menzogne sulle televisioni nazionali, che mirano a mantenere lo staus quo di una casta indecente e intoccabile di corrotti, privilegiati, fannulloni, condannati, fascisti, mafiosi, piduisti, prescritti, che insultano e demonizzano chiunque tenti di spiegare semplicemente come stanno le cose nella realtà, sono un cancro per la democrazia del paese.

Un cancro da estirpare con forza e decisione.
A partire dalle prossime elezioni.
Come? Semplice.
Negando loro il consenso.
Alla faccia di qualunque tipo di "voto utile". Ma poi utile per chi?

venerdì 14 novembre 2008

L'ennesimo schiaffo

Ieri, a sorpresa (?), si è consumato l'ultimo strappo democratico voluto della banda bassotti del Pdl che, quando si tratta dell'opposizione, predica dialogo e senso di responsabilità, quando si tratta di se stessa, non ci pensa su due volte ad agire di sotterfugio con mente diabolicamente astuta e metodi al limite dell'illegalità.

Ancora non si era spenta l'eco dell'incontro clandestino voluto da Berlusconi con i sindacati collusi facenti capo a Bonanni e ad Angeletti, che sui mezzi di informazioni rimbalzava la notizia che da mesi si attendeva: l'elezione del Presidente di Vigilanza RAI. Si era parlato di "vulnus democratico" assolutamente da sanare, di una situazione anomala che non mancava di suscitare l'irritazione e l'insofferenza dei due presidenti di Camera e Senato. Anche Napolitano, come è solito fare, aveva auspicato che la questione si risolvesse in tempi brevi.

Bene. Ieri, finalmente, è arrivata la tanto sospirata nomina.
Peccato che il nome del noe-eletto fosse quello sbagliato: Riccardo Villari.

Da tempo, il nome proposto dall'opposizione era uno e soltanto uno, quello di Leoluca Orlando (Idv). Come è noto, è una prassi che (per questioni "di pesi e contrappesi" direbbe D'Alema) il Presidente della Commissione di Vigilanza RAI sia espressione della minoranza. E per una volta, anche se con molti tentennamenti iniziali, PD e Idv si erano dimostrati uniti nella scelta. Il problema è che, essendo appunto in minoranza, l'accoppiata Veltroni-Di Pietro non avrebbe mai avuto i numeri per eleggerlo direttamente senza il consenso del Pdl, che invece, da parte sua, stravolgendo ogni prassi politica, aveva posto su Orlando un veto assoluto.

A questo punto la situazione di stallo era divenuta più che altro una questione di principio. Il Pdl ha disertato per mesi tutte le sedute in cui si sarebbe dovuto procedere all'elezione in modo da far mancare il numero legale. La tattica era quella di costringere la minoranza ad un lento logorio interno affinchè cedesse e proponesse un nome diverso da Leoluca Orlando. Sorprendentemente però Veltroni e il PD si sono rivelati inamovibili e coerenti con la propria scelta iniziale: o l'ex sindaco di Palermo o niente. E' chiaro che sul tavolo ci si giocava molto di più che una semplice poltrona: era in atto una vera e propria guerra fredda silenziosa.

Una volta che la vicenda è divenuta insopportabile perfino ai presidenti di Camera e Senato, il Pdl non ha più potuto nascondersi dietro il giochino del numero legale e qualche giorno fa è tornato a presenziare, votando compatto "scheda bianca". La prima votazione, dunque, non ha avuto alcun esito poichè Orlando, senza i voti del Pdl, nemmeno si era avvicinato al numero minimo di voti necessario per essere eletto. La legge però prevede che le sedute per l'elezione del Presidente di Vigilanza si ripetano ad libitum fino a che non si arrivi ad eleggere un candidato. A questo punto sarebbero sorte le rogne per il Pdl, perchè nelle successive sedute il numero minimo di voti sarebbe andato a scendere progressivamente e quindi, prima o poi, Orlando sarebbe inevitabilmente stato eletto con i soli voti della minoranza.

Che fare? Semplice: un blitz a sorpresa che stravolge le regole basilari della democrazia.
Il Pdl si accorda per votare in massa un personaggio dell'opposizione diverso dal candidato ufficiale in modo da tagliare fuori Orlando definitivamente. Il nome ricade appunto, come detto, su Riccardo Villari, deputato del PD, napoletano verace, democristiano fino all'osso, "invenzione politica" di Clemente Mastella. La cosa sconcertante è che, oltre ai voti del Pdl, Villari raccoglie anche le preferenze di due franchi tiratori all'interno del PD. Un quadretto deprimente di favori, ricatti, astuzie, tradimenti.

Se il PD fosse stato un partito coeso (cosa che non è) e se Villari fosse stata una persona seria (cosa da verificare), non avrebbero fatto passare nemmeno un minuto dalla formale presentazione di dimissioni immediate. Non si capisce perchè Villari, non candidato ed eletto a sorpresa dal partito a lui avverso solo per fare uno sgarbo al partito a cui lui appartiene, debba mantenere una carica a lui estranea. E invece Villari non dice nulla. Anzi, prima annuncia che si atterrà a ciò che il partito gli comunicherà, poi, quando il partito glielo comunica (Veltroni gli ha intimato di dimettersi immediatamente), frena, dice che ci penserà: prima deve parlare con i Presidenti di Camera e Senato. Una figuraccia vergognosa, una situazione paradossale in cui un candidato dell'opposizione è osteggiato del capo dell'opposzione stessa e difeso invece a spada tratta dalla maggioranza.

Il blitz del Pdl ha ottenuto due piccioni con una fava: bruciare la candidatura di Orlando, che, in ogni caso, anche se Villari dovesse dimettersi, non sarà più riproposto, e spaccare al suo interno il PD, in cui navigano personaggi che sostengono apertamente la candidatura di Villari e gli consigliano di non dimettersi. Primo fra tutti quell'anima cheta di Follini, voltagabbana di professione, che annuncia addolorato che "questo è il prezzo che il PD deve pagare per un'alleanza troppo onerosa con Di Pietro".

Questa vicenda, nel suo vergognoso dipanarsi e nella sua ancor più vergognosa conclusione, è però stata d'aiuto, se ancora ce ne fosse bisogno, a mettere in luce come il PD altro non sia che un grande carrozzone troppo pesante, dispersivo e farraginoso, in cui si alimentano correnti profondamente contrarie le une alle altre e, soprattutto, molto più propense a fare affari con Berlusconi che a costruire un'opposizione seria.

Molti hanno tirato in ballo la similitudine con il caso Pecorella. Lì, apparentemente, il governo ha dovuto cedere e accettare di proporre un nome diverso da candidare alla Corte Costituzionale. Peccato che il paragone non abbia alcun senso.

Gaetano Pecorella, per i suoi trascorsi di avvocato personale di Berlusconi, autore e ideatore di svariate leggi-vergogna, e ora indagato per favoreggiamento di un presunto stragista, si sarebbe trovato in leggerissimo conflitto di interessi ad occupare una poltrona così importante come quella della Corte Costituzionale, che, per altro, avrebbe dovuto pronunciarsi sulla costituzionalità del lodo-Alfano, che prevede l'immunità per il suo ex assistito.

D'altro canto, non si capisce perchè Leoluca Orlando avrebbe dovuto essere incompatibile con la presidenza dalla Viglanza RAI. L'unica colpa dell'ex sindaco di Palermo è quella di stare prepotentemente sulle palle al premier Silvio Berlusconi, che, tra l'altro, sulla vicenda del blitz-Villari, si dice completamente all'oscuro di tutto. La vigliaccheria fatta persona.

Leoluca Orlando è una delle poche persone che nella sua vita ha combattuto veramente la mafia sul territorio dove la mafia imperava negli anni ottanta. E' stato fatto oggetto di minacce più meno velate di morte da parte di Cosa Nostra. Ai tempi del maxiprocesso era considerato da Riina uno dei massimi avversari da eliminare assolutamente, insieme a Falcone e Borsellino. Orlando ha dunque l'unica colpa di rappresentare la lotta per la legalità in tutte le sue forme più estreme.

Ma si sa, al nostro premier, questa gente che prende la legge un po' troppo sul serio, non è mai andata a genio.

mercoledì 12 novembre 2008

Dalla parte dei padroni

Una delle massime vergogne (tra le tante) che ci stanno passando davanti agli occhi in questi ultimi mesi di governo Berlusconi è rappresentata dall'atteggiamento di coloro che più di altri dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori, degli studenti, della gente comune, insomma dei più deboli: i sindacati confederali.

Sì, perchè non è la prima volta che Cigl, Cisl e Uil si ritrovano su posizioni diametralmente opposte. Era successo agli inizi di settembre, quando sembrava che un accordo tra Cai e dipendenti di Alitalia fosse ormai sfumato definitivamente. Allora, Cisl e Uil si erano subito piegate a novanta e avevano dato il loro supporto incondizionato ad ogni decisioni di Cai. La Cigl si era dapprima tirata indietro, aveva tentato di fare ostruzionismo, ma poi, attaccata pesantemente dal governo e accusata di essere un burattino nelle mani di una sinistra irresponsabile, aveva fatto marcia indietro e aveva firmato un accordo con Cai che sostanzialmente era lo stesso firmato qualche giorno prima da Cisl e Uil "sulla fiducia".

E' successo di nuovo oggi. Da tempo era stato programmato per questo venerdì uno sciopero generale contro lo scempio dei tagli all'università avallato dal governo. Bene. Siccome il gradimento del governo, a sentire Berlusconi, cresce di giorno in giorno e tra poco arriverà a sfondare quota 100%, ma inspiegabilmente non passa giorno che salta fuori una protesta, un corteo, uno sciopero che paralizzi il paese, Berlusconi è corso ai ripari e ha convocato in gran segreto un vertice con Angeletti (Uil), Bonanni (Cisl), Marcegalia (Confindustria) e la Gelmini (ministra).
Ed Epifani (Cigl)?
Berlusconi si è scordato di invitarlo, ovviamente.

Che cosa si sono detti?
Non si sa, ma, a quanto pare, Bonanni è rimasto folgorato dallo sguardo bionico della ministra, visto che ha disdetto in fretta e furia lo sciopero generale di venerdì. Questa la versione ufficiale: "C'è stato un passo avanti che potrebbe aprire una nuova fase nel confronto con il governo e il ministro Gelmini con il documento sottoscritto si è impegnato a modificare alcuni passaggi importanti della manovra governativa sull'università e a dare risposte concrete alle richieste contenute nella piattaforma".
Così, sulla fiducia. Come al solito.

Alberto Civica, segretario della Uil Università, cade dalle nuvole: "Non si sciopera per simpatia, ma perché non si hanno risposte concrete su problemi concreti . Dal ministro Gelmini eravamo insieme, non so come abbiano sentito delle rassicurazioni sui problemi sul tavolo. Lo sciopero di venerdì anche senza la Cisl sarà un momento importante di grande partecipazione, perché è uno sciopero sentito: per poterlo revocare bisogna dire alla gente che si sono risolti problemi reali e al momento non è così".

Bene.
E' chiaro che qui qualcuno bleffa.
La Cisl di Bonanni dice che è tutto sistemato e lo sciopero non ha più senso.
La Uil di Angeletti, seduta allo stesso tavolo, dice di non aver avuto nessun tipo di rassicurazione e quindi lo sciopero s'ha da fare.
La Cigl di Epifani, sempre più isolata, non dice niente (anche perchè nessuno l'ha interpellata) e tira dritto per la sua strada.

Un fatto di una gravità inaudita: un governo che lavora per spaccare i sindacati con la complicità di parte dei sindacati collusi con il potere.

Avere sindacati divisi e in guerra tra loro.
Vi ricorda niente?
Bene, andate a rileggervi il Piano di Rinascita della P2 di Licio Gelli, lì troverete qualcosa di interessante al riguardo. Non per niente il Venerabile Maestro, impegnato a riabilitare il fascismo il lunedì sera su OdeonTV, è da un po' di tempo che chiede i diritti d'autore a Berlusconi. Silvio, prima o poi, dovrà anche decidersi a pagarglieli.

Sempre per la serie "il governo degli imparziali", il ministro del welfare, Sacconi, non sapendo con chi prendersela, attacca la Cgil a spada tratta accusandola di essersi isolata dalle altre sigle sindacali. Fantastico. Prima la si isola e poi le si rinfaccia di essersi isolata. Se non sono dei geni questi.

Intanto, siccome il gradimento per il nostro premier è alle stelle, venerdì scenderanno in piazza centinaia di migliaia di studenti a Roma e Milano, mentre il 14 e il 15 novembre toccherà ai lavoratori del commercio scioperare, senza contare i dipendenti di Alitalia, ormai in sciopero bianco continuato.

Speriamo che il gradimento per il governo smetta di salire: ci ritroveremo un'Italia completamente in ginocchio.

P.S. Bonanni, dopo la figura di palta di ieri sera a Ballarò in cui ha tentato goffamente, rosso in faccia, di negare l'incontro con Berlusconi, mentre Angeletti, da altra sede, lo confermava, dovrebbe avere la decenza di fare armi e bagali, rassegnare le dimissioni e non farsi più vedere.

lunedì 10 novembre 2008

Il governo degli imparziali

Non hanno mai voluto fare i conti con loro.
Li hanno sempre trattati come un'appendice rumorosa e fastidiosa, ma tutto sommato insignificante.
Li hanno accusati, delegittimati, insultati, ricattati, messi con le spalle al muro.
Li hanno definiti capricciosi, irresponsabili, fannulloni, privilegiati, corporativisti.
Gli hanno addossato le colpe principali del fallimento di Alitalia.
Li hanno schiacciati tra l'incudine dei sindacati confedrati e il martello dell'accoppiata governo-Cai.
Gli hanno proposto un accordo a settembre e, una volta firmato, gliel'hanno stravolto ad ottobre.
Hanno creduto di poter fare a meno di loro.
Hanno creduto di poter fare i loro porci comodi, tanto poi "quelli" avrebbero firmato comunque l'accordo. O prendere o lasciare.
Ora ne stanno pagando le conseguenze.

Sono i ribelli.
Semplicemente: coloro che fanno volare gli aerei: piloti e assistenti di volo.
Sono supportati nella loro battaglia da cinque sigle sindacali autonome: Anpav, Avia, Anpac, Up e Sdl.
Hanno annunciato scioperi a valanga.
E' l'ultimo passo, disperato, per cercare di difendere ancora il loro futuro.
Fino a pochi giorni fa, a chi chiedeva loro se sarebbero arrivati allo sciopero, rispondevano ancora che avrebbero utilizzato l'arma dello sciopero solo come extrema ratio.
Ora, a quanto pare, il limite è stato superato.

La situazione non è grave. E' disperata e paradossale allo stesso tempo.

C'è un governo che dovrebbe mediare tra gli interessi dei lavoratori e quelli della cordata di capitani coraggiosi. Che dovrebbe fare da arbitro imparziale in questa delicatissima trattativa. E invece cosa fa? Scende in campo, si schiera a scudi levati in difesa di Cai e inizia a pestare senza alcun ritegno i lavoratori.

Questa è la vera vergogna a cui tocca assistere in questi giorni.

Cicchitto parla di ricatto: "L'associazione dei piloti preferisce il fallimento dell'operazione Cai pur di non rinunciare ad avere un potere determinante nella nuova società. È evidente che ci troviamo di fronte a un autentico ricatto di fronte al quale la direzione Cai, il governo, le autorità preposte alla regolarità del traffico aereo, gli altri sindacati e lo stesso Pd devono resistere perché se lo subissero la Cai nascerebbe già morta".

Caro Cicchitto, qui l'unico vero ricatto in corso è quello di questo branco di imprenditori-avvoltoi, amici del premier, dilaniati da inimmaginabili conflitti di interesse, assolutamente inesperti di aerei, ma ben attaccati ai propri guadagni economici. Il governo ha offerto loro su un piatto d'argento un banchetto su cui mangiare per anni e anni senza dover rendere conto a nessuno del proprio operato e in palese contrasto con ogni minima forma di libero mercato. Invece di istituire un'asta pubblica in cui i vari partner stranieri avrebbero dovuto alzare il prezzo per assicurarsi una quota di maggioranza, il governo ha preferito trincerarsi dietro lo spauracchio della perdita della "italianità" dell'azienda, vile trucco per favorire (in vista di futuri favori) amici imprenditori.

Caro Cicchitto, Cai non "nascerebbe già morta".
Cai è morta.
Un'accozzaglia di vampiri, un'armata brancaleone all'assalto della carcassa di Alitalia, che non ha alcun futuro se non la vendita di Alitalia, tra qualche anno, ad Airfrance o Lufthansa, con conseguenti guadagni economici da capogiro.

Il ministro dello sviluppo Claudio Scajola commenta: "Mi auguro che prevalga anche nelle sigle dei sindacati autonomi il senso di responsabilità".

Caro Scajola, non si capisce come mai il senso di responsabilità venga sempre richiesto da una parte sola. E' sempre, ineluttabilmente, univoco. Mai una volta che sia il governo ad assumersi le proprie responsabilità. Mai.

Il ministro dei trasporti Altero Matteoli afferma: "E' una vera e propria dichiarazione di guerra, ma il governo non permetterà che un sindacato autonomo ponga dei veti a un'operazione che salva un'azienda e 12.600 posti di lavoro"

Caro Matteoli, cos'è questo sdegno e questo malcelato ribrezzo nei confronti dei sindacati autonomi? Forse che siano meno importanti di quelli confederati, ammanicati e collusi con il potere? Forse, semplicemente, fanno solo ed esclusivamente gli interessi di coloro che rappresentano, come, guarda un po', dovrebbero fare tutti i sindacati. Lo sciopero, caro Matteoli, non è una dichiarazione di guerra. E' una dichiarazione di insofferenza e disperazione. Se un governo interpreta lo sciopero come un atto eversivo da contrastare e sopprimere, significa che tale governo è caduto in una deriva fascista.

Castelli commenta: "I piloti dovrebbero oramai prendere atto che quel mondo non c'è più e che le compagnie aeree in tutto il mondo ormai operano su logiche come quelle proposte da Cai. Quindi generare profitto e non enormi perdite".

Caro Castelli, quindi la colpa delle enormi perdite di Alitalia è dei piloti che non lavorano a sufficienza? Non magari di una serie di governi destri-sinistrorsi che hanno promosso una politica scellerata. Che ha permesso per esempio che nascessero voli "ad personam" per personaggi come il ministro Scajola (vedi sopra) per cui è stato predisposto un volo Alitalia personale che atterra davanta a casa sua ad Albenga due volte alla settimana, completamente vuoto.

Gasparri bercia: "L'ostruzionismo in atto e gli scioperi annunciati sono una risposta non accettabile. Bene fa il governo a rifiutare autentici atti di intimidazione e su questo avrà il convinto sostegno del Parlamento".

Caro Gasparri.
No. Non sprecherò parole per Gasparri.

Il ministro ombra dell'oppsizione ombra, Enrico Letta, ritiene che "bisogna sostenere il buon esito di una trattativa finale e della vicenda Cai".

Caro Letta, ci faccia il piacere, torni nell'ombra da cui è venuto.
A fare opposizione così, ci riuscirebbe anche mia nonna.