Lo Stato prima l'ha usato poi l'ha gettato via. Come si fa con un rotolo di carta igienica. Ci si è pulito il deretano e poi ha tirato lo sciacquone.
Pino Màsciari (con l'accento sulla prima "a") è uno dei più importanti "testimoni di giustizia" ancora viventi in Italia. Il termine "testimoni di giustizia" si riferisce a quei cittadini che, non volendo cedere ai ricatti della mafia, decidono di denunciare i propri estorsori facendo nomi e cognomi e aiutando lo Stato a smantellare pezzi di criminalità organizzata.
Pino Masciari ha osato mettersi contro la più potente organizzazione mafiosa italiana, la 'Ndrangheta. Ha denunciato connivenze, pressioni, ricatti, racket. Ha fatto nomi e cognomi. Ha fatto andare in galera fior di delinquenti. Ha scelto di rinunciare per sempre alla propria vita in cambio di un bene supremo: la dignità della giustizia.
Pino Masciari non è un eroe. Non è nemmeno un martire, visto che non l'hanno ancora fatto fuori (anche se le minacce arrivano a getto continuo). Pino Masciari è semplicemente pazzo.
Un pazzo che ha donato la propria vita, quella di sua moglie e quella dei suoi due figli allo Stato. Un pazzo che, nonostante tutto, ha creduto (e crede ancora) nelle Istituzioni. Da quando ha denunciato i propri estorsori, Pino e la sua famiglia sono entrati in un tunnel senza fine. Sono stati trasferiti in una località segreta, hanno perso la loro identità, sorvegliati ventiquattro ore su ventiquattro. Una non-vita.
Al termine del programma speciale di protezione, quando sono terminati i processi a carico dei suoi estorsori, la Stato l'ha ringraziato: tanti saluti e arrivederci.
A Pino Masciari e alla sua famiglia è stata tolta la scorta. Non serve più. Ora possono pure arrangiarsi. Lui e la sua famiglia sono stati lasciati soli di fronte al pericolo. Non hanno più protezione. La località in cui vive la sua famiglia è tutt'altro che segreta. La 'Ndragheta potrebbe colpirli in ogni momento. Se non l'ha ancora fatto è perchè una fetta della società civile si è mossa e si è stretta fisicamente attorno a loro. Sono normali cittadini, ragazzi, ragazze, si fanno chiamare "gli amici di Pino Masciari". Lo seguono dappertutto. Sono i suoi angeli custodi, le sue guardie del corpo, la sua assicurazione sulla vita.
Pino Masciari è da mesi che chiede giustizia. Non può sopportare, prima per la sua famiglia che per sè, di vivere in una situazione atroce di esposizione totale al pericolo. E' qualcosa di insostenibile. C'è una sentenza del Tar del Lazio che gli dà ragione e riconosce l'importanza dei testimoni di giustizia e la necessità di garantirne l'incolumità sempre. Sempre. Non solo quando fa comodo.
Nonostante la sentenza del Tar, Pino non ha ricevuto alcuna risposta dalle Istituzioni. Ha allora deciso di compiere un gesto estremo. Ha annunciato, col consenso della moglie, di voler iniziare lo sciopero della fame e della sete e di lasciarsi morire nel caso in cui non gli venisse riproposta la scorta e non venisse reinserito in un programma di protezione speciale. Ha deciso di restituire alla sua famiglia quella vita che le è stata tolta. Con l'estremo sacrificio. Ha iniziato lo sciopero ieri davanti al Quirinale. Ha aspettato ore. Napolitano non si è fatto vivo. A tarda sera è arrivato un laconico comunicato in cui si diceva che sarebbe stato ricevuto nei giorni a seguire dal Viminale.
Pino oggi si è recato al Viminale. Ore e ore di colloqui con il Ministro dell'Interno Maroni, quello a cui piace tanto essere cattivo con gli extracomunitari. Stando agli ultimi aggiornamenti, il colloquio si sarebbe concluso in un nulla di fatto.
Lo Stato non ha i soldi nè l'interesse di proteggere uno dei suoi uomini migliori. Lo Stato ha invece i soldi per garantire la scorta, con tanto di auto blu lampeggiante, a Bruno Vespa ed Emilio Fede: lo Stato protettore, nel senso delle prostitute.
Dal blog www.pinomasciari.org:
Giuseppe Masciari è un imprenditore edile calabrese, nato a Catanzaro nel 1959, sottoposto a programma speciale di protezione dal 18 ottobre 1997, insieme a sua moglie (medico odontoiatra) e ai loro due bambini.
Pino ha denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni con il mondo della politica. La criminalità organizzata ha distrutto le sue imprese di costruzioni edili, bloccandone le attività sia nelle opere pubbliche che nel settore privato, rallentando le pratiche nella pubblica amministrazione dove essa è infiltrata, intralciando i rapporti con le banche con cui operava. Tutto ciò dal giorno in cui ha detto basta alle pressioni mafiose dei politici ed al racket della ‘ndrangheta.
Il sei per cento ai politici e il tre per cento ai mafiosi, ma anche angherie, assunzioni pilotate, forniture di materiali e di manodopera imposta da qualche capo-cosca o da qualche amministratore, nonché costruzioni di fabbricati e di uffici senza percepire alcun compenso, regali di appartamenti, e acquisto di autovetture: questo fu il prezzo che si rifiutò di pagare.
Fu allontanato dalla sua terra per l’imminente pericolo di vita a cui si è trovato esposto lui e la sua famiglia.
Ingresso nel Programma Speciale di Protezione
Il 18 Ottobre 1997 Pino, Marisa e i due figli appena nati entrano nel programma speciale di protezione e scompaiono dalla notte al giorno: niente più famiglia, lavoro, affetti, niente più Calabria. Pino testimonia nei principali processi contro la ‘ndrangheta e il sistema di collusione, quale parte offesa e costituito parte civile. Diventa “il principale testimone di giustizia italiano”, così lo definisce il procuratore generale Pier Luigi Vigna. Inizia il CALVARIO: accompagnamenti con veicoli non blindati, con la targa della località protetta, fatto sedere in mezzo ai numerosi imputati denunciati, intimidito, lasciato senza scorta in diverse occasioni relative ai processi in Calabria, registrato negli alberghi con suo vero nome e cognome, senza documenti di copertura. Troppi episodi svelano le falle del sistema di protezione che dovrebbe garantire sicurezza per lui e la famiglia.
2001. Con la legge 45/2001 si istituisce la figura del testimone di giustizia, cittadino esemplare che sente il senso civico di testimoniare quale servizio allo Stato e alla Società.Il 28 Luglio 2004, la Commissione Centrale del Ministero degli Interni gli notifica “che sussistono gravi ed attuali profili di rischio, che non consentono di poter autorizzare il ritorno del Masciari e del suo nucleo familiare nella località di origine; Ritenuto che il rientro non autorizzato nella località di origine potrebbe configurare violazione suscettibile di revoca del programma speciale di protezione”.
Il 27 Ottobre 2004, tre mesi dopo, la stessa Commissione Centrale del Ministero degli Interni gli notifica il temine del programma speciale di protezione. Tra le motivazioni si indica che i processi erano terminati. Cosa non vera: i processi erano in corso e la D.D.A. di Catanzaro emetteva in data , 6 febbraio 2006 successiva alla delibera, attestato che i processi era in corso di trattazione.
19 Gennaio 2005, Pino fa ricorso al TAR del Lazio contro la revoca, azione che gli permette di rimanere sotto programma di protezione in attesa di sentenza.
1 Febbraio 2005, senza tenere conto del ricorso già in atto, la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno delibera ancora una volta di “ invitare il testimone di giustizia Masciari Giuseppe ad esprimere la formale accettazione della precedente delibera ricordando che alla mancata accettazione da parte del Masciari, seguirà comunque la cessazione del programma speciale di protezione”.
Il 19 Maggio 2006, il legale di Masciari invia una nota alle Autorità competenti per segnalare che i Tribunali erano stati notiziati della fuoriuscita del Masciari dal programma di protezione per cui lo stesso non risultava essere più soggetto a scorta per accompagnamento nelle sedi di Giustizia. Pino Masciari si è recato ugualmente nei processi con senso di DOVERE, accompagnato dalla società civile.
Gennaio 2009, dopo 50 mesi a fronte dei 6 mesi stabiliti dalla legge 45/2001 art.10 comma 2 sexies-, il TAR del Lazio pronuncia la sentenza riguardo il ricorso e stabilisce l’inalienabilità del diritto alla sicurezza, l’impossibilità di sistemi di protezione o programmi a scadenza temporale predeterminata e ordina al Ministero di attuare le delibere su sicurezza, reinserimento sociale, lavorativo, risarcimento dei danni. Pino Masciari per tramite del suo legale fa richiesta formale dell’ottemperanza della sentenza.
Aprile 2009 Non avendo ricevuto nessuna risposta dalla Commissione Centrale del Ministero dell’Interno, Pino annuncia la volontà di cominciare il 7 aprile lo sciopero della fame e della sete, fintanto che non vedrà rispettati i diritti della sua famiglia ancor prima che i propri. Lo sciopero della fame è l’ultima risorsa, noi la supportiamo vista l’urgente necessità di tornare a vivere. Grazie a pino Masciari abbiamo imparato ad amare lo STATO. Dodici anni di sofferenza e esilio sono un prezzo altissimo che i Masciari hanno pagato con dignità, senza mai rinnegare la scelta fatta. E’ ora che questo STATO riconosca loro quanto dovuto. Noi, Società Civile, non possiamo accettare questa scelta senza lottare fino all’ultimo istante al fine di evitare l’ ennesimo estremo sacrificio della famiglia Masciari. Basta una firma, e la volontà di apporla. Per i cittadini, lo STATO e la Costituzione. Per la Famiglia Masciari.
2 commenti:
Che storia quella di Pino MAsciari, uno dei tanti figli rigettati da questo stato.
Ciao!
P.S.: Vorrei proporti uno scambio link, se sei d'accordo contattami.
[Re]write di Giovanni Greco
http://www.giovannigreco.eu
Posta un commento