Doveva essere la passerella finale. L'ultimo show prima del crollo. Il capolinea di una parabola discendente iniziata ormai da mesi. Tutto lo lasciava presagire. I giornali italiani lo sostenevano con convinzione: non passerà lo scoglio del G8. Quelli esteri facevano a gara per rilanciare gli scandali del nostro presidente del consiglio, per ribadire la sua inadeguatezza a governare il nostro paese e tanto più quindi ad organizzare l'incontro tra i potenti della terra. Vignette dissacranti, editoriali al vetriolo, prime pagine con il faccione di Silvio attorniato da donnine nude, fuoco e fulmini neanche fosse un tiro al piccione, una sparatoria gratuita sulla Croce Rossa dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Po.
Dicevano: vedrete, arriveranno i nostri, arriveranno i giornali della stampa straniera, quelli sì che non si fanno sottomettere, quelli sì che non hanno il guinzaglio e, vedrete, lo ribalteranno come un calzino, lo tempesteranno di domande scomode, lo distruggeranno e allora anche la stampa italiana non potrà più tirarsi indietro ed avrà finalmente il coraggio di far sentire la propria voce. Il G8, dicevano, sarà il grande trappolone. Silvio non ci dorme la notte, tanto è preoccupato per le domande che potrebbero fargli. E' agitato, è angosciato, non pensa ad altro.
L'Aquila. Ore 13:58. Conferenza stampa finale al termine del G8. Una sala strapiena di giornalisti di tutto il mondo è in trepidante attesa. Nei giorni precedenti poche sono state le occasioni di porre delle domande direttamente al presidente del consiglio, organizzatore in pectore dell'evento. Ora c'è una lunga fila, sembra quasi una processione, di giornalisti assetati di sapere, di chiedere, di conoscere. Fanno a gara per essere i primi a porre la loro domanda, quella domanda che hanno preparato da mesi, che hanno ripetuto a memoria per giorni e giorni mica di fare poi brutta figura, la domanda che finalmente metterà in crisi il presidente del consiglio, che li accrediterà agli occhi del mondo come esempio fulgido di giornalismo libero e indipendente. Il trappolone è lì, pronto e ben congegnato. Silvio ha tentato invano in questi giorni di sfuggire ai microfoni. Ma ora non può. Lo vuole il protocollo. Deve sottoporsi al fuoco incrociato della stampa di tutto il mondo. Ma soprattutto italiana.
Tutti in platea hanno già l'acquolina in bocca. Pare già di sentirli. Si partirà con il caso-Noemi. Un paio di domande ben assortite sulla frequentazione di minorenni e sui trascorsi poco chiari del padre di Noemi. Poi si passerà alle foto di Villa Certosa, quelle foto che il Times aveva minacciato pubblicare. Baci saffici di fronte a Silvio, sul cui grembo sono sedute due ninfe seminude. E poi magari anche un accenno a Topolanek e alla sua esibizione integrale, se così si può dire. E poi via con un'altra raffica di domande sul giro di prostitute a Palazzo Grazioli. Qui ce n'è da sbizzarrirsi. Gli appalti truccati, le inchieste di bari, le amicizie con Tarantini indagato per spaccio di droga, le dichiarazioni imbarazzanti della D'Addario, gli assegni da migliaia di euro a botta distribuiti nel suo harem. E poi ancora, un'altra domandina, giusto per il gusto di infierire, sulla cena segreta con due magistrati della Corte Costituzionale che dovranno esprimersi sul Lodo Alfano. Magari anche un accenno alle bordate arrivate dalla Chiesa, sia sul rispetto del rigore morale che sulla bocciature del ddl sicurezza. E poi, per finire in bellezza e dargli il colpo grazia, la fatidica domanda che tutti stanno attendendo. Buttata lì, quasi con nonchalance: "Signor presidente, ha poi risposto alla lettera di Bernardo Provenzano che le prometteva aiuti politici in cambio di una rete televisiva favorevole a Cosa Nostra? Sa, così per sapere..."
L'Aquila. Ore 14:00. Inizia la conferenza stampa finale al termine del G8.
Berlusconi è lì, pronto a soccombere sotto il tiro incrociato. Lo sa e si prepara all'ultima battaglia. Ha il volto tirato. E' conscio che questa sarà la sua ultima conferenza stampa e con l'ironia che da sempre lo caratterizza, chiosa: "Vi ringrazio e mi consegno alle vostre domande". Mi consegno. Le parole non sono casuali. E' un esplicito segnale di resa. Come il condannato a morte che saluta il plotone di esecuzione che gli darà la morte.
Parte l'affondo del primo cronista. Si chiama Gianpaolo Pioli del Quotidiano Nazionale. A lui (e chissà perchè proprio a lui) è spettato l'onore di infliggere la prima stoccata. Attacca veemente: "Lei e Obama siete stati di fatto i due presidenti di questo G8 di grosso successo organizzativo. Vi siete conosciuti appena tre settimane fa a Washington direttamente. Lei pensa di poter dire di essere già amico di Obama?"
Berlusconi non riesce a reggere l'urto dell'impatto. Si aspettava qualcosa di forte, ma questo va ben oltre le sue aspettative. Suda, non sa cosa rispondere. Si vede che è in evidente imbarazzo. Poi abbozza: " Ho avuto un rapporto molto cordiale. Ieri sera siamo stati seduti vicini lungo tutta la cena offerta dal presidente della Repubblica e ci siamo parlati in maniera molto simpatica. Lui mi ha raccontato cose della sua vita privata. Io gli ho raccontato cose della mia vita privata".
Eccola là. Prima frase, prima gaffe tremenda. Ghedini gliel'aveva detto di non pronunciare mai il binomio "vita privata". E lui invece, preso di sprovvista dalla cattiveria della domanda si è lasciato andare. Chissà adesso cosa succederà. Il prossimo giornalista prenderà la palla al balzo e si accanirà sicuramente a chiedere sarcastico di quali "cose della sua vita" privata abbia parlato al presidente Obama. Nell'ilarità generale. Silvio si morde le labbra. Vorrebbe non aver mai pronunciato quella frase. Prega dentro di sè. Ecco che arriva la seconda bordata.
E' Antonio Preziosi del giornale RadioRai, che non si fa pregare e va subito al dunque: " Volevo chiederle che emozioni le ha dato quello che ieri sera è stato già definito da molti osservatori un momento storico, la stretta di mano tra Obama e Gheddafi, e quali imput sono arrivati per la pace nel mondo". Berlusconi barcolla. Questo è veramente troppo anche per un uomo consumato come lui. Balbetta: "Mah, veramente, non ho provato nessuna emozione...". Poi si guarda in giro, spaesato. Sa di averla detta grossa. Ma c'è tempo di pensarci. Già un nuovo squalo è pronto ad azzannarlo.
Si chiama Andrea Fabbozzi del Manifesto. Quando Silvio sente che è un giornalista del Manifesto gli prende un coccolone. Si appoggia con le mani al banchetto perchè lo regga. Fa un sorrisino di circostanza e attende la scure. Figurarsi, questo è un comunista dichiarato. Chissà cosa si inventa. E infatti arriva il missile terra-aria: " In questi giorni lei ha goduto della tregua chiesta dal presidente Napolitano che è stata rispettata dall'opposizione e anche dalla grande stampa nazionale. Finito il G8, lei può impegnarsi a ricambiare ed evitare attacchi alla stampa?". Berlusconi è letteralmente al tappeto. Tenta di replicare, più per istinto di sopravvivenza che altro: " Io non ho goduto di nulla. Semplicemente la situazione è rientrata nella normalità. Io non ho fatto nessun attacco alla stampa. E' la stampa che ha attaccato me. Normalmente non ho risposto. Qualche volta qualche risposta l'ho data".
In sala tutti stanno sghignazzando. E' chiaro che è una menzogna plateale. Nessuno avrebbe potuto bersela. Silvio lo sa bene. Ma sa anche che sono le sue ultime cartucce. Perdere sì, ma almeno in modo decoroso. Ha subìto tanti attacchi nella sua vita, ma questo veramente li supera tutti. Almeno darà l'idea di aver combattuto con onore. Non c'è tregua. Al microfono si è già presentato Alessandro Barbera della Stampa. Parte con un gancio in pieno volto: " Oggi i giornali scrivono che nella cena di ieri sera c'è stato un piccolo cambiamento nella disposizione dei posti a tavola. Volevo chiedere se è stata una scelta sua quella di avvicinare Obama a Gheddafi". Berlusconi tira un sospiro di sollievo. Questa se l'era preparata. Ha già la risposta pronta: " I posti a tavola sono stati assegnati dal cerimoniale della presidenza della Repubblica. Era una cena offerta dal Presidente della Repubblica". Si risolleva, Silvio. Ha messo a segno il primo punto. E' così che si difende un vero lottatore. Ora sfida con lo sguardo persino il prossimo giornalista, che già smania per riuscire in ciò in cui il suo collega precedente ha fallito.
E' una donna. Si chiama Simonetta Guidotti, di RaiNews24. E' un fiume in piena. Inarrestabile: " Presidente, quando dopo il terremoto lei decise di trasferire dalla Maddalena a L'Aquila il G8 si definì un pazzo lucido. Ecco: la scommessa è stata vinta. E' andato tutto bene, l'organizzazione è stata perfetta. Nessuno si è lamentato per quanto riguarda le decisioni politiche prese. Quale di queste cose più le dà soddisfazione?". Berlusconi arretra. Si vede che questo è stato un colpo basso. Da una donna, poi. Non c'è più rispetto. Tenta di difendersi, dice che questo è stato il migliore G8 di sempre. Ovviamente sa che è una bestialità, ma non può far altro che mentire. Ringrazia Bertolaso e la Guardia di Finanza. Cerca di convincere i presenti che i cantieri per la ricostruzione incominceranno con tre giorni d'anticipo. Una balla così grossa non la raccontava dai tempi dello stalliere di Arcore. Si guarda attorno per cercare sguardi amici. Non ne trova.
Anzi. E' pronto l'ennesimo giornalista assetato del suo sangue. Ma quanti sono? E' Andrea Pesciarelli, del TG5. Silvio si ravviva per un momento. Non riesce a crederci. E' un suo giornalista, di quelli che lui ha creato. Questo dovrebbe essere dalla sua parte. Ma non c'è nulla da fare. Persino l'inviato del TG5 non riesce trattenersi dalla foga forcaiola che sembra aver preso tutti i presenti. Usa parole di una durezza spietata: " Facendo un bilancio di questo vertice, ci troviamo di fronte ad un album fotografico pieno di istantanee importanti. Alcune con i grandi della terra che lei ha accompagnato tra le rovine del terremoto o la stretta di mano tra Omaba e Saddam...eeeeh..il presidente libico Gheddafi. Ma anche quelle legate ai rintocchi di campane che oggi hanno chiuso questo vertice. Se lei dovesse sceglierne una in particolare, quale sceglierebbe e perchè?". Da lui proprio non se l'aspettava. No. Lui che la preso dal nulla e l'ha fatto lavorare. Che gli ha dato uno stipendio e una casa. Silvio più che adirato è profondamente deluso. Preso dallo sconforto, come il generale abbandonato anche dai suoi più fedeli servitori, risponde secco: "Io sceglierei i rintocchi di campana".
Il prossimo è un giornalista aquilano. Si chiama Franco Gizzi. Le sue parole trasudano dignità. Tutto il dolore del popolo d'Abruzzo condensato in poche accorate frasi, che mettono il presidente del consiglio di fronte alla vergogna delle promesse che mai verranno mantenute: " Signor Presidente, io volevo semplicemente ringraziarla a nome de L'Aquila che non si è fatta strumentalizzare politicamente per questa sua favolosa intuizione che ci ha fatto veramente sognare in questo periodo. Le chiedo di mantenere alta l'attenzione. Ho già sentito che lei sarà qui a L'Aquila nel prossimo mese di agosto per trascorrere parte delle sue preziose ferie. La nostra speranza è che si continui a lavorare per ricostruire questa nostra città distrutta dal sisma". Silvio è spiazzato. Questa volta è rimasto anche lui senza parole. E' sconcertato. Non si raccapezza. Tenta una battuta: " Posso farle io due domande? Prima domanda. Lei è sicuro di essere un giornalista? Seconda domanda: è sicuro di sentirsi bene?".
Un'ironia spicciola che non viene gradita dal pubblico. Si sentono mugugni in platea. Silvio è alle corde. Ma ha ancora la forza di rispondere all'ultima devastante domanda. Gli viene posta da Luigi Ambrosino dell'Agenzia Ansa: " Dopo mesi di polemiche intense sulla stampa straniera pensa che si possano gettare le basi per riannodare i fili del dialogo con l'opposizione?". Silvio fa come per andarsene. Questo è veramente un insulto alla sua persona. Ha per un attimo l'istinto di buttare all'aria tutto, lanciare via il microfono contro quel giornalista spudorato e gridare al mondo la sua rabbia per un evidente complotto planetario ordito contro di lui. Ma si trattiene. Pensa a Napoleone sull'Isola di Sant'Elena. Pensa a se stesso a Villa Certosa. Ha un ultimo scatto d'orgoglio. L'ultimo, prima di scomparire definitivamente dalla scena politica. "Dialogo con quest'opposizione? Mai!".
La platea scoppia in un boato e bordate di fischi lo assalgono. La security a stento riesce a sottrarlo alla furia dei giornalisti che vorrebbero fargli altre domande. Finisce così miseramente l'era gloriosa di Silvio Berlusconi IV da Arcore. Grazie ad un sussulto di dignità della stampa cosiddetta libera.
Che, checchè se ne dica, è ancora brillantemente in vita e salvaguarda ogni giorno la stabilità democratica del nostro paese.
Grazie ragazzi.
Dicevano: vedrete, arriveranno i nostri, arriveranno i giornali della stampa straniera, quelli sì che non si fanno sottomettere, quelli sì che non hanno il guinzaglio e, vedrete, lo ribalteranno come un calzino, lo tempesteranno di domande scomode, lo distruggeranno e allora anche la stampa italiana non potrà più tirarsi indietro ed avrà finalmente il coraggio di far sentire la propria voce. Il G8, dicevano, sarà il grande trappolone. Silvio non ci dorme la notte, tanto è preoccupato per le domande che potrebbero fargli. E' agitato, è angosciato, non pensa ad altro.
L'Aquila. Ore 13:58. Conferenza stampa finale al termine del G8. Una sala strapiena di giornalisti di tutto il mondo è in trepidante attesa. Nei giorni precedenti poche sono state le occasioni di porre delle domande direttamente al presidente del consiglio, organizzatore in pectore dell'evento. Ora c'è una lunga fila, sembra quasi una processione, di giornalisti assetati di sapere, di chiedere, di conoscere. Fanno a gara per essere i primi a porre la loro domanda, quella domanda che hanno preparato da mesi, che hanno ripetuto a memoria per giorni e giorni mica di fare poi brutta figura, la domanda che finalmente metterà in crisi il presidente del consiglio, che li accrediterà agli occhi del mondo come esempio fulgido di giornalismo libero e indipendente. Il trappolone è lì, pronto e ben congegnato. Silvio ha tentato invano in questi giorni di sfuggire ai microfoni. Ma ora non può. Lo vuole il protocollo. Deve sottoporsi al fuoco incrociato della stampa di tutto il mondo. Ma soprattutto italiana.
Tutti in platea hanno già l'acquolina in bocca. Pare già di sentirli. Si partirà con il caso-Noemi. Un paio di domande ben assortite sulla frequentazione di minorenni e sui trascorsi poco chiari del padre di Noemi. Poi si passerà alle foto di Villa Certosa, quelle foto che il Times aveva minacciato pubblicare. Baci saffici di fronte a Silvio, sul cui grembo sono sedute due ninfe seminude. E poi magari anche un accenno a Topolanek e alla sua esibizione integrale, se così si può dire. E poi via con un'altra raffica di domande sul giro di prostitute a Palazzo Grazioli. Qui ce n'è da sbizzarrirsi. Gli appalti truccati, le inchieste di bari, le amicizie con Tarantini indagato per spaccio di droga, le dichiarazioni imbarazzanti della D'Addario, gli assegni da migliaia di euro a botta distribuiti nel suo harem. E poi ancora, un'altra domandina, giusto per il gusto di infierire, sulla cena segreta con due magistrati della Corte Costituzionale che dovranno esprimersi sul Lodo Alfano. Magari anche un accenno alle bordate arrivate dalla Chiesa, sia sul rispetto del rigore morale che sulla bocciature del ddl sicurezza. E poi, per finire in bellezza e dargli il colpo grazia, la fatidica domanda che tutti stanno attendendo. Buttata lì, quasi con nonchalance: "Signor presidente, ha poi risposto alla lettera di Bernardo Provenzano che le prometteva aiuti politici in cambio di una rete televisiva favorevole a Cosa Nostra? Sa, così per sapere..."
L'Aquila. Ore 14:00. Inizia la conferenza stampa finale al termine del G8.
Berlusconi è lì, pronto a soccombere sotto il tiro incrociato. Lo sa e si prepara all'ultima battaglia. Ha il volto tirato. E' conscio che questa sarà la sua ultima conferenza stampa e con l'ironia che da sempre lo caratterizza, chiosa: "Vi ringrazio e mi consegno alle vostre domande". Mi consegno. Le parole non sono casuali. E' un esplicito segnale di resa. Come il condannato a morte che saluta il plotone di esecuzione che gli darà la morte.
Parte l'affondo del primo cronista. Si chiama Gianpaolo Pioli del Quotidiano Nazionale. A lui (e chissà perchè proprio a lui) è spettato l'onore di infliggere la prima stoccata. Attacca veemente: "Lei e Obama siete stati di fatto i due presidenti di questo G8 di grosso successo organizzativo. Vi siete conosciuti appena tre settimane fa a Washington direttamente. Lei pensa di poter dire di essere già amico di Obama?"
Berlusconi non riesce a reggere l'urto dell'impatto. Si aspettava qualcosa di forte, ma questo va ben oltre le sue aspettative. Suda, non sa cosa rispondere. Si vede che è in evidente imbarazzo. Poi abbozza: "
Eccola là. Prima frase, prima gaffe tremenda. Ghedini gliel'aveva detto di non pronunciare mai il binomio "vita privata". E lui invece, preso di sprovvista dalla cattiveria della domanda si è lasciato andare. Chissà adesso cosa succederà. Il prossimo giornalista prenderà la palla al balzo e si accanirà sicuramente a chiedere sarcastico di quali "cose della sua vita" privata abbia parlato al presidente Obama. Nell'ilarità generale. Silvio si morde le labbra. Vorrebbe non aver mai pronunciato quella frase. Prega dentro di sè. Ecco che arriva la seconda bordata.
E' Antonio Preziosi del giornale RadioRai, che non si fa pregare e va subito al dunque: "
Si chiama Andrea Fabbozzi del Manifesto. Quando Silvio sente che è un giornalista del Manifesto gli prende un coccolone. Si appoggia con le mani al banchetto perchè lo regga. Fa un sorrisino di circostanza e attende la scure. Figurarsi, questo è un comunista dichiarato. Chissà cosa si inventa. E infatti arriva il missile terra-aria: "
In sala tutti stanno sghignazzando. E' chiaro che è una menzogna plateale. Nessuno avrebbe potuto bersela. Silvio lo sa bene. Ma sa anche che sono le sue ultime cartucce. Perdere sì, ma almeno in modo decoroso. Ha subìto tanti attacchi nella sua vita, ma questo veramente li supera tutti. Almeno darà l'idea di aver combattuto con onore. Non c'è tregua. Al microfono si è già presentato Alessandro Barbera della Stampa. Parte con un gancio in pieno volto: "
E' una donna. Si chiama Simonetta Guidotti, di RaiNews24. E' un fiume in piena. Inarrestabile: "
Anzi. E' pronto l'ennesimo giornalista assetato del suo sangue. Ma quanti sono? E' Andrea Pesciarelli, del TG5. Silvio si ravviva per un momento. Non riesce a crederci. E' un suo giornalista, di quelli che lui ha creato. Questo dovrebbe essere dalla sua parte. Ma non c'è nulla da fare. Persino l'inviato del TG5 non riesce trattenersi dalla foga forcaiola che sembra aver preso tutti i presenti. Usa parole di una durezza spietata: "
Il prossimo è un giornalista aquilano. Si chiama Franco Gizzi. Le sue parole trasudano dignità. Tutto il dolore del popolo d'Abruzzo condensato in poche accorate frasi, che mettono il presidente del consiglio di fronte alla vergogna delle promesse che mai verranno mantenute: "
Un'ironia spicciola che non viene gradita dal pubblico. Si sentono mugugni in platea. Silvio è alle corde. Ma ha ancora la forza di rispondere all'ultima devastante domanda. Gli viene posta da Luigi Ambrosino dell'Agenzia Ansa: "
La platea scoppia in un boato e bordate di fischi lo assalgono. La security a stento riesce a sottrarlo alla furia dei giornalisti che vorrebbero fargli altre domande. Finisce così miseramente l'era gloriosa di Silvio Berlusconi IV da Arcore. Grazie ad un sussulto di dignità della stampa cosiddetta libera.
Che, checchè se ne dica, è ancora brillantemente in vita e salvaguarda ogni giorno la stabilità democratica del nostro paese.
Grazie ragazzi.
1 commento:
dalla vignetta di Sarx88.com su Dagospia:
[...] Il terzo giorno di G8, Egli resuscitò tra le luci accecanti dei flash e gli applausi dei fedeli divulgatori del verbo Divino, al tempo conosciuti come "giornalisti". Anno Domini 73 d.s.
(tratto dal Vangelo di Arcore, Bondi 20,5)[...]
C'era la stampa internazionale ma le domande solo da "giornalisti" italiani? Forse una regia come facevano i cUmuisti alle assemblee che la scaletta la costipavano.
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