mercoledì 1 luglio 2009

Tra impotenza ed impudenza


Non so se avete notato, ma da quando si è votato per le Europee il Partito Democratico si è ammutolito del tutto. In campagna elettorale Franceschini ci aveva tentato a risollevare gli animi di una truppa disillusa, depressa, disorientata. Aveva alzato un po' la voce, aveva buttato lì qualche bella stoccata, aveva preso qualche cantonata (l'invito a Berlusconi per il 25 Aprile), ma almeno aveva suscitato qualche reazione scomposta dall'altra parte, che non fa mai male. Si era dimostrato apparentemente vivo. Piccoli segnali, per la verità. Giganteschi passi avanti, se confrontati con l'incomprensibile prudenza del predecessore, nonchè maestro, Walter Veltroni.

Come si sospettava, era tutto un bluff. Terminato lo spoglio, la cosiddetta opposizione è tornata al silenzio da oltretomba di veltroniana memoria, per cui il dissenso all'operato della maggioranza deve essere espresso in modo molto pacato, sereno, da galantuomini, in sordina, senza destare troppo rumore, senza che l'opinione pubblica se ne accorga. Come piace alla maggioranza, insomma. Nonostante lo sbraitare delirante del nostro capo del governo che vedeva dappertutto comunisti eversori, in combutta a livello mondiale per farlo cadere, a ben guardare pochissime sono state le dichiarazioni in tal senso della cosiddetta opposizione.

L'inchiesta di Bari è stata seguita con particolare attenzione dalla stampa, Corriere e Repubblica in primis, ma mai vi è stata una presa di posizione netta da parte del Partito Democratico. E sì che la portata dello scandalo era sotto gli occhi di tutti. Vi ricordate gli attacchi anche un po' arditi di Franceschini che, sulla scia delle foto di Berlusconi a Villa Certosa circondato da ninfe più o meno nude, chiedeva agli Italiani se avrebbero affidato l'educazione dei propri figli ad un tizio così? Erano solo delle foto, e nemmeno troppo spinte. Alla luce invece di un'indagine ufficiale avviata dall'autorità giudiziaria che indaga su un giro di prostituzione, appalti truccati, festini e cocaina, l'opposizione non ha fiatato. E continua a non proferire parola. Come mai?

La risposta si è avuta in questi giorni. Il Pd, come volevasi dimostrare, assomiglia sempre di meno ad un partito e sempre di più ad un carrozzone impotente. Un accozzaglia di "mal tra' insèm", come diremmo dalle nostre parti, un circo senza capo nè coda, schizofrenicamente dilaniato da incomprensibili personalismi, capricci, invidie, sgambetti reciproci. La verità è che Franceschini è stato messo lì dai Dalemiani perchè nessun altro voleva bruciarsi. E' stato speso perchè non aveva nulla da perdere. E proprio perchè non aveva, e non ha, nulla da perdere, ci ha preso gusto e adesso si vuole candidare per la guida del Pd a lungo termine. Non era questo il piano di D'Alema, Bersani e compagnia, che non aspettavano altro che la disfatta di Franceschini alle Europee per riprendersi in mano il partito. La disfatta non è arrivata, almeno non come se l'aspettavano. E ora hanno già dimenticato le possibili "scosse" e si sono messi d'impegno a farsi una guerra fratricida spietata.

Il paese è allo sbando, in mano a Berlusconi. E loro sono lì che passano il tempo ad azzuffarsi e rispolverarsi il trucco in vista delle prossime primarie. Sembrano tanti bambini deficienti che litigano per un giocattolo inutile. Assomigliano un po' ai capponi nelle mani di Renzo. Ieri la Serracchiani, il volto nuovo del PD e diventata famosa per il solo fatto di aver sparato a zero contro la dirigenza, ha rilasciato un'intervista a Repubblica in cui attaccava Bersani e D'Alema definendoli "vecchi" e "uomini dell'apparato" e sostenendo la candidatura di Franceschini, "molto più simpatico", a suo dire. In men che non si dica, le è piovuta addosso una sassaiola di attacchi più o meno livorosi, più o meno risentiti e indignati da parte di gente che si credeva dispersa da tempo, che non ha mai osato fiatare per denunciare le sconcerie berlusconiane, ma che si è dimostrata prontissima a scendere in campo in difesa dei propri leader storici. Si è messo in moto l'apparato. Una serie di invettive del tutto gratuite e spropositate. Non hanno mancato di dire la loro, nell'ordine, Gianni Pittella, Nicola Zingaretti, Piero Marrazzo, Marco Follini, Barbara Pollastrini, Enzo Carra, Roberto Giachetti. Un fuoco incrociato che non si vedeva da tempi immemori. Obiettivamente ridicolo, se si pensa al peso praticamente nullo che può avere la Serracchiani all'interno del partito.

Ma basta per avere il polso della situazione. Quale è stata la colpa della ragazzina dal faccino pulito? Quella di aver parlato di "innovazione", "ricambio", "aria fresca", "questione morale" e "conflitto di interessi". Addirittura. All'interno del Pd sono assolutamente terrorizzati da certe parole. E' come parlare di corda in casa dell'impiccato. Non le si tollera. La verità è che fino a quando questo partito rimarrà nelle mani del trio D'Alema-Fassino-Rutelli che sponsorizzano il "nuovo" Bersani, non andrà da nessuna parte. Non riescono a capirlo. Non vogliono farsene una ragione. Sono cadaveri che camminano e si ostinano a rimanere in sella. Non si accorgono che ormai l'elettorato non li segue più. L'elettorato vero, dinamico. Quello che ha voglia di cambiamento. E che ora si appoggia all'Idv, ora dà il voto alle sinistre più estreme o non vota del tutto. Stanno perdendo i pezzi e miopi come talpe perseverano in questo gioco al massacro. Alle primarie, se ci saranno, vincerà Bersani a mani basse. E il declino del Pd sarà inarrestabile.

Perchè Bersani, ha ragione la Serracchiani, rappresenta ancora una volta il vecchio. Bersani è nient'altro che un prodotto di D'Alema. E D'Alema rappresenta il conflitto di interessi. Rappresenta la degenerazione della questione morale. D'Alema rappresenta l'impotenza dell'opposizione. Un'opposizione che, anche volendo, non si può opporre a Berlusconi, perchè ha scheletri nell'armadio grandi uguali o persino peggiori. Come è pensabile ricostruire un'opposizione a Berlusconi partendo da D'Alema? Colui che ha aiutato fisicamente il cavaliere a rialzarsi nei momenti più disperati, che si è inventato la bicamerale, che ha tifato per i "furbetti del quartierino"? Come può un'opposizione così permettersi di puntare il dito contro Berlusconi per l'inchiesta di Bari, quando per un'inchiesta parallela sono indagati tutti i vertici del Pd della regione Puglia per lo scandalo degli appalti truccati nella sanità e Vendola ne ha già chiesto le dimissioni? Non è possibile. Più che un partito, una banda di impotenti. Se il nuovo è rappresentato da Bersani e Franceschini, auguri.

Dall'altra parte invece spadroneggia sempre più la banda degli impudenti. Se ne è avuta ulteriore dimostrazione oggi in Parlamento. Al Question Time, Antonio Di Pietro ha rivolto un'interrogazione al ministro della giustizia Angelino Alfano in merito alla cena segreta tra due giudici della corte Costituzionale e una delegazione del governo, alla luce dei fatti riportati dall'Espresso. A rispondere in aula non c'era ovviamente il diretto interessato, Alfano, che per altro aveva partecipato ai gozzovigli, ma uno dei tanti portavoce del governo, Elio Vito, che, attorniato da Bondi e dalla Gelmini, ha cercato di arrampicarsi sui vetri per cercare di minimizzare l'enormità della vicenda.

Tutto ciò che il governo, per bocca di Vito, è stato in grado di dire è che quella cena si è effettivamente svolta, ma 1) è avvenuta solamente nella prima metà di maggio, molto prima di quando la Consulta ha annunciato la data per la discussione della legittimità del Lodo Alfano e 2) l'argomento di conversazione non è stato assolutamente il Lodo Alfano, perchè trattavasi di cena conviviale tra amici di vecchia data. Meno male: se lo dice Vito, c'è da credergli.

Ora, che di fronte ad uno scandalo di proporzioni inaudite che vede due giudici costituzionali invitare a cena a casa loro i rappresentanti del governo per discutere verosimilmente di riforme costituzionali in materia di giustizia in modo privato e all'oscuro degli altri membri della Corte, il governo sappia proporre come giustificazioni solamente quelle due ridicole argomentazioni, rappresenta il livello di impudenza e di degenerazione raggiunto da questo esecutivo. Ci trattano come deficienti. E hanno ragione loro, visto che tanta impudenza non produce alcuna reazione. Avrebbero fatto meglio a tacere. Avrebbero fatto decisamente più bella figura. Di Pietro ha giustamente definito quella cena "carbonara e piduista". Non ci sono altri termini.

E di fronte allo scandalo di un governo eversivo che tenta di minare alle basi i pilastri della democrazia gozzovigliando con coloro che dovrebbero essere deputati al suo controllo (un po' come i maiali di Orwell), l'opposizione tace. La voce di esimi costituzionalisti che si dicono sconcertati dalla notizia della cena segreta cade nel vuoto. Di Pietro è l'unico che parla, che chiede chiaramente le dimissioni di quei giudici e anche del ministro della giustizia Alfano e che si prende insulti dal Bondi di turno che, durante l'interrogazione, gli urla "Vergogna! Vergogna!" e se ne va dall'aula tutto paonazzo in faccia. Hanno perso anche il senso del pudore. Sbracano. Non sanno che cos'è la vergogna e pretendono di insegnarla.

Come il giudice Mazzella, che non contento della figuraccia, non si dice per nulla pentito del suo operato, ma anzi rilancia e, da novello Leopardi, scrive di suo pugno una lettera "A Silvio". Più che una lettera, una confessione di colpevolezza. Ma nella foga, nemmeno si accorge di aggravare la sua posizione. Una lettera sconcertante. Lui che dovrebbe rappresentare l'autorità giudiziaria massima, garante della Carta Costituzionale, svincolata da ogni minimo sospetto. Chiama Berlusconi "caro Silvio", rivendica la liceità di quella cena, rivendica un'amicizia di lunga data con il premier senza accorgersi del mostruoso conflitto di interessi in cui sprofonda.

Una lettera che si scoprirà essere stata dettata dallo stesso premier Silvio Berlusconi. Pensate un po'.

Dice Mazzella: "Vederti in compagnia di persone a me altrettanto care e conversare tutti assieme in tranquilla amicizia non mi era sembrato un misfatto". E la musica del Mulino Bianco, magari, in sottofondo. Mazzella rivela incredibilmente che quella non è stata l'unica cena e che ce ne saranno altre a cui il caro Silvio è invitato fin da ora, "fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà personali".

Ecco esemplificato il concetto di libertà per questa gente: fare esattamente ciò che gli pare al di là di ogni remora etica, morale o legale. E sono così convinti di essere nel giusto, così maledettamente convinti che libertà significhi quella roba lì, che non riescono proprio ad accettare che esitano dei limiti, se non legali, almeno etici alle loro azioni. Sono così abituati, così assuefatti a quello che Paolo Borsellino chiamava con disprezzo "il puzzo del compromesso morale", che non riescono a percepirne più nemmeno il fetido odore. E urlano al comunismo e al totalitarismo nel momento in cui qualcuno chiede di mettere un freno al loro agire incosciente. Delle due una: o sono personaggi assolutamente irresponsabili che non hanno la minima idea della delicatezza della propria posizione negli equilibri preziosi di una democrazia e dovrebbero quindi essere rimossi al più presto prima che facciano altri danni o agiscono in modo cosciente e spudoratamente eversivo e quindi, a maggior ragione, dovrebbero essere immediatamente rimossi. Non c'è via d'uscita.

L'impudente Mazzella e il taciturno Napolitano (che ancora non si è espresso sulla questione) devono essere costretti a dimettersi. Con la loro condotta scriteriata hanno compromesso l'imparzialità del massimo organo giuridico italiano e, proprio perchè non sembrano assolutamente esserne pentiti e non comprendere la gravità delle loro azioni, devono essere costretti a fare un passo indietro.

Perchè Mazzella nemmeno se ne rende conto, ma, tentando di discolparsi, getta fango su tutta la Consulta. Dice che il fatto che membri della Corte Costituzionale invitino a cena importanti uomini delle Istituzioni è prassi ormai consolidata e sarebbe in grado anche di fare centinaia di nomi in proposito. Nella sua finta ingenuità lancia delle bombe che gettano discredito sul massimo organo della magistratura italiana.

I giudici della Corte Costituzionale sono in tutto quindici. Dove sono gli altri tredici? Non si sentono offesi da certe parole? Perchè non parlano? Perchè non reagiscono? Devo dedurne che ciò che Mazzella rivela sia vero? Il Presidente Francesco Amirante non ha nulla da dire? Non si sente in dovere di difendere l'onorabilità dell'organismo che egli presiede? Perchè non parla? Perchè non reagisce? Devo dedurne che egli ritenga assolutamente normale quello che è successo?

E il nostro caro capo dello stato, Giorgo Napolitano, sempre pronto a spendere qualche parolina di troppo se c'è da bacchettare i giudici "troppo protagonisti" (riferendosi esplicitamente a De Magistris e alla procura di Salerno, senza però farne i nomi) è proprio sicuro che non abbia nemmeno un commento da fare? Nemmeno un monito pacato? Di quelli che tanto piacciono a lui?

Parli, signor Napolitano! Parli! Abbia un sussulto vitale! E inviti i due giudici a fare un passo indietro. Non è certo lei che può chiederne le dimissioni, ma un segnale, una battuta, una frase potrebbe dire molto. Potrebbe rovesciare gli equilibri. O devo dedurne che le sta bene questo clima di sospetti? E' stato così solerte a chiedere "una tregua alle polemiche" in occasione del G8. Quali polemiche, signor presidente? Ancora una volta, mai una parola chiara. Le polemiche dei giornali che fanno solo gossip, come direbbe Minzolini? E' questo che intendeva dire? Perchè lancia moniti generici? Perchè non ha il coraggio di fare nomi e cognomi? E perchè, quando ci sono in ballo faccende molto più preoccupanti di escort e veline, tace? Devo dedurne che anche lei è sotto ricatto da parte del cavaliere di Arcore?

In uno dei suoi ultimi moniti insipidi, che vogliono dire tutto e niente, che ognuno interpreta come meglio crede proprio perchè privi di chiarezza e di coraggio, lei diceva che "la crisi della politica non significa crisi della democrazia". Cosa voleva dire? Quale sottile sofismo si nascondeva sotto un cotanto giro di parole? Perchè, se non se ne è accorto, questo ultimo scandalo l'ha smentita spudoratamente. La crisi della politica si manifesta in forme più o meno degenerate che vanno ad intaccare nel profondo i gangli vitali della democrazia. La cena "carbonara e piduista" tra pezzi dello stato e pezzi della Consulta è lì a dimostrarlo. E lei continua a tacere. Spero sia solo per l'imbarazzo che prova.

E infine. Perchè l'opposizione tace? Perchè?

Ah già. Sono troppo impegnati a fare il tiro al piccione con la Serracchiani. Aiuto.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

bravissimo, hai descritto l'attuale situazione in maniera chiara. Io mi rifiuto di votare questo pd con gente come follini, con gente molle come veltroni, con ambiguità come La torre. Alle europee per fortuna ho votato IDV.

Roberto Bordi ha detto...

Ma fai il giornalista, di professione? Immagino di sì, hai redatto un articolo chiaro, efficace, esaustivo. Con uno stile meravglioso. Complimenti. Per quanto riguarda i contenuti dell'articolo, confermo in toto quanto scritto dall'anonimo nel commento che mi precede.