giovedì 17 settembre 2009

Tremonti e i polli di Trilussa

E' passata quasi inosservata un'intervista rilasciata ieri dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti al giornalista Aldo Cazzullo del Corriere della Sera. Peccato, perché conteneva molti spunti interessanti, nonché rare perle di saggezza. Voi direte: perle di saggezza da Tremonti? Ebbene sì. Stufo di rappresentare l'ala un po' rozza, volgarotta e non acculturata del Parlamento, sembra che il nostro abbia voluto tutto d'un colpo riversare sul povero giornalista tutta la sua cultura. Ma che dico cultura: tutta la sua erudizione. Che, come si sa, è come la marmellata: meno se ne ha e più la si spande. Quel che è certo è che a Cazzullo, di marmellata in faccia, ne è arrivata parecchia.

E' un trucco per elevarsi al di sopra della media dei ministri? Può darsi. Non che ci voglia chissà che, a dire il vero, considerando i nomi che girano. Da Bossi a Calderoli, dalla Brambilla alla Carfagna, basterebbe citare qualche battuta di Gerry Scotti per ottenere immediatamente un certo status. Senza scomodare illustri filosofi e sciorinare citazioni in latino, che, più che abbellire l'intervista, l'hanno resa, a mio giudizio, paurosamente ridicola. Ma il sorriso svanisce subito se si pensa che Tremonti è colui che ha in mano il destino dell'economia italiana, ovvero il mio e il vostro futuro. Il sorriso poi si trasforma in smorfia di apprensione quando ci si accorge che cotanto sfoggio di cultura altro non serve che a sviare il discorso, evitare di rispondere alle domande e far apparire i problemi devastanti creati dalla crisi planetaria addirittura come qualcosa di positivo e di cui ci si dovrebbe rallegrare. La smorfia diviene terrore quando è ormai chiaro che dietro alle metafore, alle analogie, alle citazioni filosofiche, alle figure retoriche, c'è il vuoto universale di idee, l'assoluta incapacità di fornire una risposta adeguata al disastro economico italiano.

Riporto tutta l'intervista qui di seguito, perché è molto gustosa. Le frasi tra parentesi sono miei pensieri in libertà. Buona lettura.

Ministro Tremonti, nel Palazzo della politica si parla di complotti, di elezioni anticipate, di nuove maggioranze. Lei che ne pensa?

«Da un po’ di mesi, più che un Palazzo sembra una caverna (attenzione in questo periodo a parlare di corpi cavernosi...)».

Caverna?
«La caverna di Platone (Ah, ecco, meno male...). Nella caverna di Platone (non sapevo che Platone vivesse ancora nelle caverne) gli uomini non vedono la realtà, ma le ombre della realtà proiettate sulle pareti. Vedono immagini, profili, stereotipi, imitazioni della realtà. Il mondo esterno, la realtà, è una cosa; l’immagine della realtà, vista dal profondo della caverna, è un’altra (tutto corretto, ma cosa c'entra con il Parlamento Italiano? Nel mito della caverna di Platone erano proprio coloro che stavano all'interno, in questo caso i parlamentari italiani par di capire, a non percepire la realtà vera, ma solo ombre. E' proprio sicuro che l'analogia sia azzeccata?). C’è una drammatica asimmetria tra la realtà del Paese e del governo e la rappresentazione che se ne fa (ecco, appunto, voleva dire esattamente l'opposto). Dal lato della realtà c’è la realtà (ma va?), certo con tutte le sue complessità (in effetti...): negatività ma anche positività, crisi ma anche crescente coesione sociale (crescente cosa???). Dal lato della caverna (quindi in Parlamento), è l’opposto o il diverso. Non solo non si vede l’essere (urca, qui si torna a Parmenide), ma a volte si confonde l’essere — quello che è — con il dover essere — quello che si immagina debba essere (che si immagina o che deve?); o con il voler essere (ma sì, abbondiamo), cioè quello che per proprio conto e tornaconto si vorrebbe fosse (ma di chi sta parlando?)».


Chi lo vorrebbe? A chi si riferisce? Ai media? Alle opposizioni? Alle élites?

«Il prodotto del lavoro politico delle élites (élites???) è oggi un po’ come una nave in bottiglia (dalla caverna alla bottiglia). La nave è perfetta finché sta dentro la bottiglia (d'accordo, e allora?); e l’involucro della bottiglia è anche la stampa (credevo che i giornali servissero per incartare il pesce, non le navi in bottiglia), che tende a fornire una rappresentazione perfetta della nave (sì, e quindi?). Però è una nave che affonda appena la metti non dico in mare aperto, ma nella vasca da bagno (e certo: è una nave giocattolo!). Perché, come diceva quel tale, i fatti sono testardi (può darsi, ma cosa c'entra?).».

Quel tale è Stalin? (Veramente era Lenin...)

«Da ultimo (ma si mette a citare i comunisti?). Mi pare che prima lo avesse detto Hegel. Ma può essere che sbagli, perché milito in una formazione politica priva di 'legittimazione culturale' (ecco dove voleva arrivare! Dai non fare l'offeso però!). A chi pensa davvero non serve un 'pensatoio' (ha letto Harry Potter!!!). Un certo lavorio cultural-politico ricorda l’ironia di Barthes (citiamone subito un altro per fare vedere che non conosce solo Hegel) sul lavoro a merletto delle signorine di buona famiglia (dalla nave in bottiglia al merletto), parodia borghese del lavoro finto al posto del lavoro vero. Cosa vuole: con rispetto per i merletti, l’ozio è il padre dei vizi (e con rispetto per i felini, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino). All’opposto, chi lavora non ha tempo per ricamare (e chi non lavora non fa l'amore). Passiamo dal ricamo alla realtà (sarà meglio...). Crisi in greco vuol dire discontinuità (vallo a dire ai cassintegrati). E discontinuità è anche opportunità (quindi la crisi è un'opportunità da non perdere?). Nelle strutture del reale (qui mi torna filosofo), abbiamo paradossalmente un dividendo positivo della crisi (e io che credevo che la crisi avesse azzerato i dividendi) in termini di ritorno dell’etica (vallo a raccontare a Papi), di consolidamento della coesione sociale (consolidamento di cosa?).

Questo non significa l’assenza della crisi (e io che mi ero già illuso); anzi, proprio perché c’è la crisi abbiamo la riduzione del conflitto (che conflitto? Quello in Afghanistan?) e l’avvio dell’economia sociale di mercato (se lo dice lui). All’opposto, nella sovrastruttura (ha letto anche Marx!!!) c’è il contrario di quello che è il Paese e di quello che è nel Paese, il tentativo ossessivo di rottura. Da una parte si chiede giustamente la celebrazione dei 150 anni dello Stato (no, veramente qualcuno chiede la celebrazione del miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni dello Stato); dall’altra parte c’è una caduta del senso dello Stato (vallo a dire alla D'Addario), con un eccesso di violenza (beh, no, dai, la D'Addario era consenziente) che non corrisponde all’interesse nazionale (su questo non ci piove)».

Si riferisce agli attacchi a Berlusconi? (Ma va?)

«Esattamente. Mi riferisco a una campagna che è orchestrata come un’ordalia paragiudiziaria (non preoccupatevi, non ha idea nemmeno lui di cosa cazzo voglia dire), tra l’altro senza che alla base vi sia alcun elemento giudiziario (vallo a dire ai magistrati di Bari). Domande e sentenze (no: domande e, possibilmente, risposte). L’appello al tribunale dell’opinione pubblica (e infatti l'opinione pubblica si chiama così perché dovrebbe avere il diritto di farsi un'opinione...). Il farsi dei giornali giudici (notare l'elegante anastrofe)».

La stampa fa il suo mestiere: dare notizie, e commentarle.

«Un conto è il potere della stampa come contropotere, a tutela della libertà dei cittadini contro l’eccesso, contro il 'detournement' (ma anche contro il 'passe partout' e il 'pourpourri') del potere esecutivo. Questa è la funzione essenziale della libera stampa: rappresentare i fatti non orchestrarli (giusto), non sostituirsi al popolo (e chi mai l'ha fatto?) nel gioco democratico (non è il Monopoli...)».

Non crede che Berlusconi abbia fatto il gioco dei suoi critici, decidendo di alzare la voce e rispondere colpo su colpo?

«Chi avrebbe fatto diversamente? (Forse una persona seria?) A un’azione corrisponde una reazione (e un corpo immerso nell'acqua...). Mi chiedo piuttosto (ecco, piuttosto): tutto questo è nell’interesse del Paese? Io non credo che lo sia (forse nel caso in cui l'interesse di Berlusconi coincida con quello del paese...). Ora basta (e basta!). Credo che nell’interesse nazionale sia fondamentale uscire dalla caverna (e magari tirar fuori la nave dalla bottiglia) e guardare la realtà. E il governo è nella realtà, non nella caverna (ma non aveva detto che la caverna era il parlamento?). Per quello che fa, e per come gli italiani valutano e vedono quello che fa. (manca un pezzo di frase) Non è un caso che questo governo attraverso la crisi abbia aumentato il suo consenso (certo, se ci si attiene alle cifre che spara Papi...). Se la democrazia è un referendum quotidiano (peccato che non si arrivi mai al quorum), la realtà corrisponde positivamente al governo (eh?) e il governo corrisponde alla realtà (eh?), più di tutto il resto (non fa una piega). E se c’è una formula per uscire (ecco, sentiamo) è che, fatto il congresso del Pd, riparta davvero organicamente l’opposizione politica (hahahahaha)».

Franceschini o Bersani pari sono? (E Marino?)

«Non voglio danneggiare nessuno dei due (ma sono in tre!) con la mia preferenza (e certo, perché gli elettori del Pd si baserebbero sui tuoi consigli per decidere). L’importante è il congresso. Una svolta positiva democratica può essere data proprio dalla ripartenza dell’opposizione in Parlamento (guarda che non è mai partita). Non tanti e diversi, ma un interlocutore responsabile con cui parlare su ciascun tema (oddìo! Ci risiamo con il dialogo)».

In Parlamento c’è un’altra maggioranza possibile?

«Per risolvere i grandi problemi, come ha indicato l’esperienza dell’ultimo governo Prodi, servono grandi numeri (no: quello è per mantenere il cadreghino, non per risolvere i problemi). Prodi aveva piccoli numeri, e per di più litigiosi. Quelli che parlano oggi non hanno neanche i numeri».

Casini dice che una nuova maggioranza si trova in dieci minuti (ah beh, se lo dice Casini).

«Non credo. In ogni caso, se fosse, durerebbe a sua volta dieci minuti (e ci credo: con a capo Casini!)».

Chiede il «time out», quindi? Sembra volerlo anche Franceschini, quando nota che «il caso escort ha danneggiato anche il Pd».

«Non lo chiedo io. Lo chiede l’interesse del Paese (sempre se l'interesse del paese coincide con quello di Berlusconi...). Può essere un contributo positivo del congresso dei democratici (e basta! Abbiamo capito!)».

Anche l’ombra delle elezioni anticipate esiste solo nella caverna? (E basta con sta caverna! Adesso anche tu ti ci metti?)

«Certo. Il governo Berlusconi è stato eletto sulla base di un programma elettorale (quale?). La fedeltà al programma non è un optional (tipo il lodo Alfano?); è un elemento fondamentale dell’etica politica (tipo il condono fiscale?). Un governo senza programma o un programma senza governo (un programma senza governo? Ma che sta' a ddì?) non sono quello che serve al Paese (e te credo!) e non sono quello che è nel nostro cuore e nella nostra mente (che romanticone)».

La Lega non pesa forse troppo sul governo? (E non solo sul governo...)

«La Lega è l’unico alleato che abbiamo (io non ne farei un vanto...). La sintesi politica la fanno, e sempre bene, i due leader, Berlusconi e Bossi (adesso si spiega tutto)».

Fini rivendica più democrazia interna al Pdl. È davvero isolato? (No, solo per finta)

«La macchina politica è un po’ come un computer (Oh Gesù, un'altra similitudine!). È fatta da hardware e da software (ho paura...). È fatta dagli apparati (genitali?), che vanno dalla base verso i vertici— dagli amministratori locali agli organi di presidenza (o, indifferentemente, all'organo del presidente) — e da idee e principi, simboli e messaggi. Fini ha posto tutte e due le questioni: quella dell’hardware e quella del software (non me n'ero accorto, credevo semplicemente avesse scaricato Berlusconi). Ci sono nella politica contemporanea due forme di hardware (ah sì?), e corrispondono all’alternativa non casuale tra 'Partito della libertà' e 'Popolo della libertà'. La scelta, nell’alternativa tra partito e popolo, è stata nel senso del popolo. Partito è una struttura novecentesca; popolo è una forma diversa di fare politica (e ha un nome: populismo). Ma è politica, appunto, e non dogmatica o scolastica (sì, sì, abbiam capito: populismo). Il fatto che sia popolo e non il partito (a fare cosa?) non esclude dunque in radice forme comunque utili e necessarie di organizzazione (cioè?). E queste possono e devono essere attivate in forma sempre più intensa e organica, per scadenze, temi, decisioni; su questo credo che nessuno, neanche il presidente Berlusconi, sia contrario (ma contrario a cosa?). Si può assumere anzi che questa formula non riduca ma rafforzi la sua leadership (sì, ma quale formula?!?)».

Fini pone anche una questione di idee e principi.

«Giusto. Un computer è corpus mecanicum (ecco, ci mancava il latino), che resta inerte (è una metafora sessuale?), senza il software. E su questo campo, in questo mese, si è sviluppata l’azione di Fini. Ed è su questo, su immigrazione, interesse nazionale, tipo di patria (quanti tipi ci sono?), globalizzazione, catalogo dei valori e dei principi, che non solo tra Fondazioni ma dentro il Pdl si può e si deve aprire una discussione (vallo a dire a Berlusconi), dove vince chi convince (ma non si vinceva per acclamazione?). Una discussione preparata magari anche da un nuovo centro studi (magari diretto dal bibliofilo Dell'Utri). Questo non vuol dire cambiare il programma elettorale, ma capire il programma elettorale (non l'hanno ancora capito nemmeno loro!)».

Crisi: siamo nella fase della paura o della speranza? (Che domanda profonda...)

«Siamo in zona prudenza (questa me la segno). La paura è finita (vallo a dire ai prossimi cassintegrati), ed è finita perché sono scesi in campo i governi (sì, ecco: forse gli altri governi...). Nel mondo, un’enorme massa di debiti privati è stata girata sui debiti pubblici (Oh mio Dio!!! L'ha ammesso!!! Ci hanno scaricato addosso tutti i debiti delle banche!!!), e questo trasferimento è stato decisivo per eliminare la sfiducia (???). Non è che così i problemi sono stati tutti risolti (vorrei ben vedere!), ma la catastrofe è stata evitata (rimandata?), ricostruendo una base fiduciaria indispensabile all’economia. Proprio perché alla platea dei debitori privati si è sostituita la sovranità degli Stati (cioè i debiti non ce li hanno più le banche, ma gli Stati, cioè i cittadini: grandioso!). Il ritorno degli Stati può essere positivo anche perché porta con sé il ritorno delle regole necessarie per evitare crisi future. E il 'discorso sulle regole', nell’agenda internazionale, l’ha posto il governo Berlusconi (Berlusconi?!? Le regole?!? Hahahahaha)».


L’Italia però ha un enorme debito pubblico, che continua a crescere (ecco, appunto).

«(Vediamo adesso cosa si inventa...) La crescita del debito pubblico italiano (sì...) è causata solo dalla decrescita dell’economia (solo?), ed è comunque per la prima volta negli ultimi decenni (vediamo dove va a parare) inferiore alla velocità di crescita degli altri debiti pubblici (che culo!). Secondo le proiezioni, questo differenziale fondamentale negativo dell’Italia si chiuderà, in rapporto con gli altri grandi Paesi europei, nei prossimi anni (cioè tra qualche anno gli altri grandi Paesi europei saranno disastrati come l'Italia: che consolazione). In più abbiamo un enorme stock di risparmio e l’Italia non ha un’economia drogata dalla finanza ma la seconda manifattura d’Europa (se è per questo anche il più grande patrimonio artistico, ma cosa c'entra?). I confronti non si fanno sul passato (e no: si faranno sul futuro!), quando la crescita degli altri era drogata da un eccesso di debito privato, ma sul futuro (l'ha detto!!!). Un futuro che è tutto da scrivere (ma allora come fai a fare un confronto?!?)».

Ma per affrontarlo, vi ricordano in molti, servono le riforme strutturali.

«La riforma delle riforme è il federalismo fiscale. Non è il progetto di una forza politica, ma il futuro dell’Italia (ma non era già stato approvato? Fatelo sapere a Bossi, se no gli viene un coccolone). Che rischia di essere un Paese troppo duale. Il Centro-Nord, 40 milioni di abitanti, un medio-grande Paese europeo, da solo produce più ricchezza della media europea. Il Meridione d’Italia, 20 milioni di abitanti, grande come Portogallo e Grecia messi insieme (eh la madonna! Da dove parte il meridione per Tremonti? Dalla Baviera?), sta invece sotto la media europea. Mai come nel 'caso Italia' vale il discorso di Trilussa sulla statistica dei due polli (mancava l'ultima chicca). Non solo. In Italia di polli ce ne sono tre (credevo di più): c’è anche il terzo pollo, il pollo dell’evasione, il pollo dell’illegalità, il pollo della criminalità (ma allora i polli sono cinque!). Metà del governo della cosa pubblica è in Italia fuori dal vincolo democratico fondamentale: no taxation without representation (e un 'no Martini no party' non ci sta bene?). È questo il caso tipico dello 'Stato criminogeno' (ah lo ammette allora!), che produce irresponsabilità, amoralità, evasione fiscale (Oh mio Dio! Questo è un attacco frontale a Berlusconi!!!).

Ed il Sud ne soffre di più. Possibile che sia così difficile trovare al Sud un amministratore che non abbia la moglie o la sorella, un parente o un compare proprietario di una clinica? (Mai sentito parlare di Cosa Nostra?) La Calabria non ha quasi più i bilanci (mai sentito parlare di 'Ndrangheta?), le giunte di Campania e Puglia sono quel che sono (mai sentito parlare di Camorra e Sacra Corona Unita?). Il federalismo fiscale è la risposta che chiuderà la questione meridionale (lasciando gestire i soldi direttamente alla mafia) — oggi più che mai questione nazionale — e produrrà le risorse per le altre riforme (quali?)».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Beh, qui mi tolgo il cappello!

mi ha fatto sbellicare per 10 minuti.

Altro che Gialappa's Band!