venerdì 12 dicembre 2008

Buone feste a tutti


Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera


Il blog si prende una pausa di riflessione (si dice così?) e va in vacanza. Riaprirà i battenti dopo le feste, sempre che i miei sfaticati collaboratori non si decidano a scrivere qualcosa anche loro :D
Ma si sa, so' ragazzi, e poi devono pensare agli esami...

Vi lascio con questa letterina. Non è per Babbo Natale.
E' il grido di denuncia di uno dei pochi giornalisti liberi che sono rimasti in Italia.
Carlo Vulpio.
Era stato mandato in missione in Calabria per conto del Corriere per informare in tempo reale di come evolvessero le indagini condotte da De Magistris. Ora che De Magistris è stato trasferito, ora che le indagini strappate a De Magistris sono in mano a chi lo ha calunniato e gli ha messo i bastoni tra le ruote, ora che la procura di Salerno che tentava di far luce su quegli scandalosi avvenimenti è stata messa a tacere e praticamente trasferita in toto, ora che Carlo Vulpio avrebbe voluto continuare a fare il suo mestiere, cioè quello di informare sulla vergognosa vicenda della cosiddetta "guerra tra procure", Carlo Vulpio è stato gentilmente consigliato dal suo direttore Paolo Mieli di togliere il disturbo e, se possibile, chiudere la bocca.

Licenziato in tronco per avere pubblicato sul proprio sito le 1700 pagine del decreto di perquisizione con cui Salerno decideva di sequestrare a Catanzaro gli atti delle inchieste Why not e Poseidone. Decreto non più sottoposto a segreto. La sua colpa è evidentemente quella di aver informato un po' troppo.

Un po' va bene, troppo no.

Basterebbe questo episodio per far capire a che livello è precipitata l'informazione in Italia. Per far capire quanto facciano paura gli ex-incartamenti di De Magistris, che tirano in ballo nuove logge massoniche di potere occulto infiltrate in tutti i più alti ambiti della politica, dell'imprenditoria, della magistratura, della finanza e delle istituzioni.

Carlo Vulpio non scriverà più sul Corriere della Sera.
Un'altra voce libera soffocata.
La repubblica sta esalando il suo ultimo respiro.

Notizia dell'ultim'ora. Sono state rese note le motivazioni con cui il Csm ha deciso il trasferimento di Jannelli e Apicella. I due, non raggiungendo un accordo sulle inchieste Why not e Poseidone (ma che accordo avrebbero dovuto raggiungere? da quando l'indagato deve arrivare ad un accordo con l'indagatore?) avrebbero "gettato discredito sulla magistratura" e avrebbero "violato i doveri di indipendenza e terzietà offrendo l'immagine di un'azione giudiziaria non meditata e orientata a finalità di giustizia, ma strumentalizzata da ragioni di reazione e rivalsa".

Esattamente. Reazione e rivalsa. Ciò che ha messo in atto Catanzaro in modo selvaggio e spropositato. Cosa c'entra Salerno? Non si capisce.

Sembra invece averlo capito benissimo il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta, che è arrivato addirittura ad insinuare in aula che tra De Magistris e il pm Gabriella Nuzzi, che ha firmato il decreto di sequestro, ci sia una sorta di "feeling sconvolgente, un rapporto particolare di grande intimità". Non si spiegherebbe altrimenti - argomenta Laboccetta - perchè De Magistrtis si sia rivolto a lei per ben 65 volte per denunciare la situazione di accerchiamento e delegittimazione ai suoi danni. Evidentemente ci deve essere qualche rapporto morboso sotto.

Siamo arrivati all'intimidazione personale con tanto di incursioni fantasiosamente scandalose nella sfera privata. Ricorda tanto il comportamento di quei mafiosi che, per screditare i pentiti che parlavano troppo, li accusavano di essere omosessuali.

Buon Natale e buone feste a tutti.


"Avevo fatto una battuta: avevo detto: i giornalisti, a differenza dei magistrati, non possono essere trasferiti. Avrei fatto meglio a stare zitto. Da lì a poco sarei stato “trasferito” anch’io.

E’ stato la sera del 3 dicembre, dopo che sul mio giornale era uscito un mio servizio da Catanzaro sulle perquisizioni e i sequestri ordinati dalla procura di Salerno nei confronti di otto magistrati calabresi e di altri politici e imprenditori.
http://www.carlovulpio.it/Lists/Roba%20Nostra/DispForm.aspx?ID=12

Come sempre, non solo durante questa inchiesta, ma perché questo è il mio modo di lavorare, avevo “fatto i nomi”. E cioè, non avevo omesso di scrivere i nomi di chi compariva negli atti giudiziari (il decreto di perquisizione dei magistrati di Salerno, che trovate su questo blog in versione integrale) non più coperti da segreto istruttorio. Tutto qui. Nomi noti, per lo più. Accompagnati però da qualche “new entry”: per esempio, Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, Mario Delli Priscoli, procuratore generale della Corte di Cassazione, Simone Luerti, presidente dell’Associazione nazionale magistrati.

Con una telefonata, il giorno stesso dell’uscita del mio articolo, la sera del 3 dicembre appunto, invece di sostenermi nel continuare a lavorare sul “caso Catanzaro” (non chiamiamolo più “caso de Magistris”, per favore, altrimenti sembra che il problema sia l’ex pm calabrese e non ciò che stanno combinando a lui, a noi, alla giustizia e alla società italiana), invece di farmi continuare a lavorare – dicevo –, come sarebbe stato giusto e naturale, sono stato sollevato dall’incarico.

Esonerato. Rimosso. Congedato. Trasferito.

Con una telefonata, il mio direttore, Paolo Mieli, ha dichiarato concluso il mio viaggio fra Catanzaro e Salerno, Potenza e San Marino, Roma e Lamezia Terme. Un viaggio cominciato il 27 febbraio 2007, quando scoppiò “Toghe Lucane” (la terza inchiesta di de Magistris, con “Poseidone” e “Why Not”). Un viaggio che mi fece subito capire che da quel momento in poi nulla sarebbe stato più come prima all’interno della magistratura e in Italia.

Tanto è vero che successivamente ho avvertito la necessità di scrivere un libro (“Roba Nostra”, Il Saggiatore), che, dicevo mentre lo consegnavo alle stampe, “è un libro al futuro”. Una battuta anche questa, certo, perché come si fa a prevedere il futuro? In un libro, poi, che si occupa di incroci pericolosi tra politica, giustizia e affari sporchi… Ma si vede che negli ultimi tempi le battute mi riescono piuttosto bene, visto che anche questa, come quella sul “trasferimento” dei giornalisti, si è avverata.

Avevo detto – e lo racconto in “Roba Nostra” – che in Basilicata l’anno scorso è stato avviato un esperimento, che, se nessuno fosse intervenuto, sarebbe stato riprodotto da qualche altra parte in maniera più ampia e più disastrosa.

E’ accaduto che mentre la procura di Catanzaro (c’era ancora de Magistris) stava indagando su un bel numero di magistrati lucani, di Potenza e di Matera, la procura di Matera (gli indagati) si è messa a indagare sugli indagatori (de Magistris). Come? Surrettiziamente. E cioè? Si è inventato il reato di “associazione a delinquere finalizzato alla diffamazione a mezzo stampa” e ha messo sotto controllo i telefoni di cinque giornalisti (me compreso) e un ufficiale dei carabinieri (quello delegato da de Magistris per le indagini sui magistrati lucani). Così facendo, i magistrati indagati hanno potuto conoscere cosa si dicevano gli indagatori (de Magistris e l’ufficiale delegato a indagare).

Avvertivo: guardate che così va a finire male.
Chiedevo: caro Csm, caro Capo dello Stato, intervenite subito.

Niente. Nemmeno una parola, un singulto, un cenno. Nemmeno quando era chiaro a tutti che quei magistrati lucani, al di là di ogni altra considerazione, vedevano ormai compromessa la loro terzietà. Un magistrato - si dice sempre, e a ragione -, come la moglie di Cesare, deve non soltanto “essere”, ma anche “apparire” imparziale, terzo, non sospettabile di alcunché. Per i magistrati lucani, invece, non è così. Nonostante siano parti in causa, essi continuano a indagare sugli indagatori, chiedono e ottengono proroghe di indagini (siamo alla quarta) perché, dicono, il reato che si sono inventati, l’associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa, è complicatissimo. E rimangono al proprio posto nonostante le associazioni regionali degli avvocati ne chiedano il trasferimento, per consentire un funzionamento appena credibile della giustizia.

Niente. Si è lasciato incancrenire il problema ed ecco replicato l’esperimento a Catanzaro. La “guerra” fra procure non è altro che la riproduzione di quel corto circuito messo in atto da indagati che indagano sui loro indagatori, affinché, rovesciato il tavolo e saltate per aria le carte, non si sappia più chi ha torto e chi ha ragione perché, appunto, “c’è la guerra”. E dopo la “guerra”, ecco la “tregua” o, se preferite, “l’armistizio” (così, banalmente ma non meno consapevolmente, tutti i giornali, salvo rarissime eccezioni di singoli commentatori).

Guerra e tregua. E’ questo il titolo dell’ultima, penosa sceneggiata italiana su una vicenda, scrivo in “Roba Nostra”, che è la “nuova Tangentopoli” italiana. Quando, sei mesi fa, è uscito il libro, qualcuno mi ha chiesto se non esagerassi. Adesso, l’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, dichiara: “Ciò che sta accadendo oggi è peggio di Tangentopoli”. E Primo Greganti, uno che se ne intende, ammette anche lui, che “sì, oggi è peggio di Tangentopoli”.


Infine, una curiosità, o una coincidenza, o un suggerimento per una puntata al gioco del Lotto, fate voi.


Mi hanno rimosso dal servizio che stavo seguendo a Catanzaro il 3 dicembre 2008. Esattamente un anno prima, il 3 dicembre 2007, Letizia Vacca, membro del Csm, anticipava “urbi et orbi” la decisione che poi il Csm avrebbe preso su Clementina Forleo e Luigi de Magistris. “Sono due cattivi magistrati, due figure negative”, disse la Vacca. E Forleo e De Magistris sono stati trasferiti. Per me, più modestamente, è bastata una telefonata. Ma diceva più o meno la stessa cosa. Diceva che sono un cattivo giornalista".


Carlo Vulpio

3 commenti:

Alfiere ha detto...

ormai anche solo per SPERARE bisogna essere degli EROI.

Adduso ha detto...

Oggi solo Auguri, allo staff e a tutti coloro che leggono il blog.
(però un piccolo “regalo” di Natale lo faccio):

Auto blu, in Italia record mondiale: 607.918 unità

Roma, 21 dic. (Apcom) - L'Italia registra un nuovo record mondiale di "auto blu", aumentate del 6% in due anni e arrivate così a 607.918 unità, secondo uno studio realizzato da Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani con "Lo Sportello del Contribuente". Un dossier compilato analizzando il parco auto esistente, sia proprie che in leasing, in noleggio operativo ed in noleggio lungo termine, presso lo Stato, Regioni, Province, Comuni, Municipalità, Asl, Comunità montane, Enti pubblici, Enti pubblici non economici e Società misto pubblico-private, Società per azioni a totale partecipazione pubblica.

Il risultato è che in Italia si è passati da 574.215 a 607.918 auto blu. Dopo la legge del 1991 che limitava l'uso esclusivo delle auto blu ai soli ministri, sottosegretari e ad alcuni Direttori generali, si sono sempre proposte regolamentazioni e tagli, mai effettuati.

La classifica dei paesi che utilizzano le "auto blu" vede oggi al comando l'Italia con 607.918 seguita dagli USA con 75.000, Francia con 64.000, Regno Unito con 55.000, Germania con 53.000, Turchia con 52.000, Spagna con 42.000, Giappone, con 31.000, Grecia con 30.000 e Portogallo con 23.000.

"In Italia gli amministratori pubblici hanno superato ogni limite ..."

Anonimo ha detto...

ciao fede, a presto.
Comunque è vero: hai dei collaboratori sfaticati :D