martedì 7 aprile 2009

Gli sciacalli del giorno dopo


E' successo di nuovo. Eppure, a quanto dicono, era nell'aria. Era da dicembre che la terra ballava, raccontano i superstiti. Negli ultimi tempi si era diffusa perfino la psicosi da terremoto. Un tecnico, Gianpaolo Giuliani, fisico associato dell'INFN che da dieci anni, per passione, non per dovere, studia il fenomeno dei terremoti, era da giorni che lanciava l'allarme. Sta per arrivare un terremoto catastrofico. Anzi, aveva annunciato pure la data: domenica 29 marzo. In compenso si è beccato dell'imbecille in diretta televisiva dal capo della Protezione Civile Bertolaso e subito dopo un avviso di garanzia per procurato allarme.

Domenica 29 marzo il terremoto è arrivato davvero, ma in sordina, una scossa del quarto grado della scala Richter, percepito dalla gente, ma senza conseguenze. Pericolo passato? Cassandre messe a tacere? Manco per sogno. Ironia della sorte, la natura ha colpito, ma esattamente con una settimana di ritardo, come per ribadire il proprio potere ineluttabile sulle effimere pretese umane di comprenderla e controllarla. Ed è stata veramente devastante. Interi paesi rasi al suolo, una città capoluogo come L'Aquila ridotta in macerie, il conto dei morti che si aggiorna di ora in ora, decine di migliaia di sfollati, famiglie distrutte, vite cancellate in un soffio.

Un'apocalisse, di quelle che avvengono in Italia ad intervalli regolari. Con il terremoto ci si deve convivere, dicono. Un po' come con la mafia, aggiungerebbe l'ex-ministro Lunardi. I terremoti non si possono prevedere, inutile girarci intorno, spiegano coloro che studiano questi fenomeni dalla mattina alla sera. La scienza ufficiale non è in grado di prevedere il momento, la posizione dell'epicentro. Vero, verissimo. Ma tra il non sapere individuare il momento e il punto esatto e il non avere la minima idea di quando o dove o se si scatenerà un terremoto c'è un bella differenza. Da profano, vorrei tanto avere qualche informazione in più. Perchè delle due l'una: o Giuliani è un cialtrone con una buona dose di preveggenza e allora dovrebbe darsi alla cartomanzia, o forse ha qualcosa di interessante da dire alla comunità scientifica e andrebbe anche ascoltato magari, prima di essere additato come "imbecille".

Dico questo perchè ho sentito un imbarazzante Bertolaso cercare di difendere le proprie accuse a Giuliani sostenendo che, comunque, non si sarebbe potuto fare molto. La tesi è: cosa avrei dovuto fare? Far evacuare tutta la popolazione in attesa di un fantomatico terremoto? E' chiaro, di nuovo, che tra il far evacuare un'intera popolazione e prendere delle misure precauzionali c'è una bella differenza. Nessuno mi leverà dalla testa che la situazione è stata gestita in maniera superficiale e presa troppo alla leggera. Ripeto: era da mesi che si succedevano quasi quotidianamente scosse più o meno forti. Innanzitutto si sarebbero potute predisporre misure d'allerta efficaci per essere in grado di intervenire tempestivamente nel caso la situazione degenerasse. Invece, diversamente da quanto fatto trapelare dagli organi di stampa, i soccorsi non sono stati così immediati come si è voluto far credere.

Ora, come al solito, come avviene dopo ogni tragedia nazionale, si assiste alla corsa alla solidarietà. Il richiamo alla generosità del popolo italiano che, come sempre, risponde, giustamente, con forza ed efficacia, sulla scia della commozione. E ci mancherebbe. Ma se poi ci si ferma un attimo e si cerca di capire, ci si arriva a porre domande a cui non si riesce a dare una risposta. Ma sarà proprio vero che questi olocausti sono inevitabili? Ma sarà proprio vero che questi morti innocenti sono vittime senza assassini?

Il punto da comprendere è che, come sostiene Franco Barnieri, presidente della commissione Grandi Rischi in Italia, "un terremo­to così in California non avrebbe provocato nemmeno un morto". E allora, dove sta la differenza? Perchè l'Italia deve essere soggetta ad ecatombi cicliche (con periodi di ciclicità molto brevi), mentre altri paesi, in cui il rischio sismico è uguale o maggiore, sono riusciti a porre un freno all'urto mortifero dei terremoti? Perchè, forse, gli Italiani, e in primis i nostri governanti che si sono succeduti in questi anni, non si sono ancora resi conto che l'Italia è un lembo di terra ad altissima attività sismica, stritolata com'è tra la placca africana e quella euroasiatica.

Ma si sa, questo è il Bel Paese. I disastri e le emergenze servono solamente per far arrivare vagonate di finanziamenti che, una volta arrivati, si inabissano nelle sabbie mobili delle mafie e della massoneria locali. E soprattutto per fare nuove leggi, sempre più rigorose e inflessibili di quelle precedenti. A ben vedere, non si sono fatti molti passi avanti dalle grida manzoniane. Ogni volta che c'è stato un terremoto devastante in Italia, si è fatta subito una legge per stabilire norme che non avrebbero più permesso il ripetersi della tragedia. E' stato così dal 1996 in poi, passando per il terremoto in Molise del 2003 e via di seguito. Oggi, di norme sull’edilizia antisismi­ca, l’Italia ne ha quattro, dicansi quattro, tutte contemporaneamente in vigore.

Poi si guardano le foto di L'Aquila ridotta a città spettrale e non si può fare a meno di notare la vergogna di una serie di edifici supermoderni, che sarebbero dovuti essere perfettamente a norma, ma incredibilmente sbriciolati sotto il proprio peso. Altro che vecchie case di pietra. Parlo dell'hotel "Duca d'Abruzzi", parlo della Casa dello Studente, divenuta tragicamente il simbolo della mattanza, parlo della chiesa di Tempera, anch'essa appena costruita e ridotta in macerie. Ma parlo soprattutto dell'ospedale de L'Aquila, inaugurato da pochi anni e che sarebbe dovuto servire da estremo rifugio per i feriti. Un'ala intera è crollata ed è stata dichiarata inagibile. I pazienti che, invece di correre verso l'ospedale in cerca di aiuto, ci scappavano fuori terrorizzati con le flebo ancora attaccate alle braccia.

Questa è la vergogna, tutta Italiana, che va raccontata. Soprattutto in questo momento, in cui sono già in azione gli sciacalli. Non parlo dei poveracci che vanno in giro a rubacchiare tra le macerie e contro cui Maroni ha già predisposto un numero sostenuto di forze dell'ordine. Parlo per esempio di un disgustoso TG1 di "riottiana" memoria che ha passato un minuto e nove secondi ad autoincensarsi per aver battuto tutti i record d'ascolto nelle edizioni straordinarie sul dramma in Abruzzo (cercate su Youtube, se ve lo siete persi).

Parlo dei vari polituncoli che si aggirano tra i calcinacci a far campagna elettorale. Vogliono far vedere la presenza dello stato. Gli sfollati, anzichè accoglierli, dovrebbero ricacciarli indietro a calci. I rappresentanti di uno stato che è capace di fingere interesse solo dopo che è successo l'irreparabile. Come il nostro imbarazzante presidente del consiglio che non perde occasione, nemmeno a poca distanza dalle centinaia di bare predisposte, dal sangue, dalla polvere e dalle lacrime di persone distrutte, per sciorinare volgari battutacce. Le parole rivolte agli sfollati, "Noi stiamo facendo l’inventario delle case, voi intanto prendetevi un periodo di vacanza, è quasi Pasqua ed è la bella stagione, andate sulla costa, al mare: paghiamo tutto noi", mi risultano francamente non commentabili.

Se poi soprattutto si tratta di quello stesso signore che all'indomani del sisma del 30 ottobre 2002 a San Giuliano, dove persero la vita 27 bambini, assicurò ai genitori straziati dal dolore che nel giro di due anni si sarebbe ricostruito "un quartiere nel verde, con la separazione completa dei percorsi delle auto da quelli per i pedoni e le biciclette, con nuovi appartamenti funzionali e innovativi, un centro commerciale, una piazza, un campo giochi, una scuola materna, una elementare e media, e una chiesa". Se si pensa che poi questo signore da San Giuliano è scappato senza farsi più vedere e ci è tornato solo qualche mese fa, costretto a camminare ancora in un paesaggio di case in costruzione, di ruspe al lavoro, di escavatrici e a incontrare, scortato niente meno che dal fido Bertolaso, i terremotati del paese nel villaggio provvisorio dove ancora vivono dall'autunno del 2002. Se si pensa che è lo stesso signore che oggi si aggira tra i morti dell'Abruzzo predicando la vicinanza dello stato, c'è davvero da sperare per il meglio.

Ci vorrebbe una voce, come quella di Antonio Morelli, presidente del Comitato delle Vittime di San Giuliano, che, di fronte al capo del Governo Silvio Berlusconi, ha respinto le carinerie pelose e ha denunciato una gestione malavitosa dei finanziamenti spropositati calati sul Molise in questi anni con la scusa del terremoto, non per favorire una ricostruzione mai avvenuta, ma per oliare le tasche di qualcuno. Ci vorrebbe il coraggio di questo papà che ha gridato lo schifo dello sciacallaggio operato a freddo sulla pelle di 27 bambini morti. Un papà a cui il nostro presidente del consiglio non ha saputo che offrire una faccia stupita e una frase che, detta da uno come lui, suona orridamente sinistra: "Io dico di avere fiducia nella giustizia".

Tanti auguri.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

http://www.la7.it/blog/post_dettaglio.asp?idblog=ILARIA_DAMICO_-_Exit_15&id=2296

Date un'occhiata e poi ne riparliamo

Federico ha detto...

Grazie per il link Stefano. Spiega moltissime cose...

sR ha detto...

di nulla fede, di nulla

spero la storia non si ripeta!

Anonimo ha detto...

Scusate per l’OT ma credo che sia una notizia importante:

Dal blog di Gioacchino Genchi
venerdì 10 aprile 2009
Il Tribunale del Riesame di Roma (Presidente Francesco Taurisano – a latere Anna Criscuolo) ha annullato il provvedimento di sequestro nei miei confronti della Procura della Repubblica di Roma, eseguito dal ROS lo scorso 13 marzo 2009. Ho sempre avuto fiducia nella Giustizia e nelle Istituzioni dello Stato. Mi sono difeso nel processo da accuse infamanti, ordite da chi ha cercato e sta cercando in tutti i modi di colpirmi per quello che è stato il mio impegno al servizio della Giustizia, nell’esclusivo interesse di ricerca e di affermazione della Verità.

http://gioacchinogenchi.blogspot.com/

Matteo Maratea