mercoledì 10 settembre 2008

Marcello, Silvio e la mafia (parte 12)

Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.

CAPITOLO 12
Palermo, terra di conquista

Il 26 marzo 1994 il professor Aurelio Angelini, docente presso l'Università di Caltanissetta, si reca alla Procura della Repubblica di Palermo per presentare un esposto sulle vicende che riguardano il risanamento del centro storico del capoluogo siciliano. Angelini, oltre a svolgere l'attività di docente universitario, è anche portavoce regionale e componente dell'ufficio politico dei Verdi. L'esposto nasce dal timore che sul centro storico di Palermo confluiscano interessi politico-mafiosi che non avrebbero esitato a deturpare la città con colate di cemento per ottenere il massimo del profitto. Se si pensa poi che il sindaco di Palermo a quel tempo era un certo Vito Ciancimino, considerato l'anello di congiunzione tra gli interessi mafiosi locali e quelli imprenditoriali del Nord, si capisce come le paure di Angelini fossero più che fondate.

Non a caso il pentito Salvatore Cancemi aveva riferito che sul progetto di risanamento del centro storico di Palermo aveva messo gli occhi il gruppo imprenditoriale milanese facente capo a Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Che pure la mafia fosse interessata al progetto lo conferma un altro pentito eccellente, Tommaso Buscetta, il quale racconta che Pippo Calò l'aveva invitato a non lasciare la Sicilia poichè c'era la concreta possibilità di fare grossi guadagni col centro storico di Palermo. Ciancimino, racconta Buscetta, era nelle mani dei corleonesi di Totò Riina.

Consigliere comunale a Palermo dal 1985 al 1992, Alberto Mangano riferisce che riguardo agli interessi imprenditoriali del nord sul centro storico "circolavano dei nomi. Il nome del gruppo Gardini era il primo che veniva fatto e anche allora il nome del gruppo che faceva capo a Berlusconi, individuando in questi due gruppi imprenditoriali quelli più più grossi e quindi in grado, probabilmente, di fare operazioni di questo genere. Mentre sul gruppo Gardini già si era
a conoscenza dell’operazione fatta a Pizzo Sella, per capire, viceversa, sul gruppo che faceva capo a Berlusconi non c’erano altre operazioni..."
Un altro consigliere regionale della DC, Vito Riggio, eletto deputato in Parlamento nel 1987, presenta un'interrogazione al Ministro delle Finanze per chiedere ragguagli sui trasferimenti di proprietà nel centro storico di Palermo degli ultimi dieci anni. Il concreto timore era che "qualcuno, informato delle varianti di piano, avesse provveduto ad acquisire, si suppone a scarso prezzo, aree poi valorizzate dal nuovo piano". A tale interrogazione parlamentare non verrà mai data una risposta.
In realtà, poi, tutte le perizie disposte dal Tribunale non sono riuscite ad accertare se effettivamente la Fininvest avesse delle mire sul centro storico di Palermo. In particolare, non si è riusciti a capire se un'annotazione del 12 maggio 1992 rinvenuta negli appunti sequestrati a Dell'Utri che recitava "Maniscalco, appuntamento cinque minuti" fosse da riferirsi ai costruttori Maniscalco, che si sono occupati del risanamento del centro storico di Palermo. Dunque, nulla porta a ritenere credibili le dichiarazioni di Cancemi, Buscetta e Mutolo, che raccontavano come all'interno di Cosa Nostra circolasse la voce di un interessamento di Berlusconi alla Sicilia.
Nulla. Se non fosse per un piccolo particolare, a dire il vero agghiacciante.
Lo stesso Marcello Dell'Utri, nel corso dell'interrogatorio reso al P.M. di Palermo il 1 luglio 1996, dà di queste dicerie una spiegazione alquanto particolare: i rapporti che intercorrevano tra Vittorio Mangano, lui e Berlusconi erano a tal punto "notori" nell'ambiente mafioso palermitano, che in Cosa Nostra erano iniziate a circolare alcune voci...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao Fede...vado fuori tema...ti mando una cosa che ho scritto io. In questo paese dove un parlamentare europeo può dire "Prodi e la sua Europa di merda" e "immigrati ed extracomunitari di merda", non è strano leggere articoli come quello oggi sul giornale.
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Ci sono dei giornali che hanno la sola funzione di foderare il fondo della gabbietta del canarino, tanto poi il guano si mimetizza con le notizie. Leggo oggi su una delle tante pubblicazioni controllate dal premier questo articolo

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=290603

in cui il sig. Enrico Silvestri afferma che se un ragazzo di 19 anni viene massacrato a sprangate al grido di "negro di merda", ciò non costituisce aggravante razziale. Allora, mi domando, la prossima volta che qualcuno fa fuori un negro-ebreo-zingaro di merda, cosa deve urlare per ottenere la patente di "odio razziale" ??

Per fortuna la Cassazione ha un parere diverso dal sig. "giornalista" (Cassazione 9381/2006)