domenica 4 maggio 2008

Nomen Omen



Forse non tutti si ricordano di Rosaria Schifani.

Rosaria Schifani è la moglie di Vito Schifani.

Vito Schifani era un agente della scorta di Giovanni Falcone. Guidava una delle tre croma che la sera del 23 maggio 1992 avrebbero dovuto scortare il giudice sull’autostrada che conduce dall’aeroporto di Punta Raisi fino a Palermo. La sua Croma marrone salta in aria alle 17:59. Non ne rimarrà traccia. Solo qualche rottame verrà poi ritrovato a un centinaio di metri dall’esplosione.

Rosaria Schifani è la moglie di Vito. Rosaria Schifani è colei che ai funerali di Giovanni Falcone e dei componenti della scorta, ha la forza e il coraggio straziante di prendere la parola sull’altare della cattedrale gremita di persone. Gremita di tante autorità politiche che quella strage hanno assecondato. Rosaria Schifani è colei che ha il coraggio di rompere la coltre di omertà di Chiesa e Istituzioni e, modificando il testo ufficiale che avrebbe dovuto leggere, denuncia la presenza di mafiosi all’interno di quella stessa chiesa. Rosaria Schifani è colei che da quell’altare si dice pronta al perdono dei mafiosi che le hanno strappato il marito purché questi abbiano il coraggio di mettersi in ginocchio e di cambiare. “Ma loro non cambiano”. Conclude così il suo intervento, tra le lacrime.

E’ di un ironia bruciante vedere cosa è rimasto oggi di quella memoria.

29 Aprile 2008. Renato Schifani viene eletto Presidente del Senato tra gli applausi scroscianti di maggioranza e opposizione. Di nuovo quel cognome: Schifani. Purtroppo del coraggio, della fermezza, dell’integrità morale di Rosaria, Renato ha ben poco. I suoi trascorsi sono noti. Si trova tutto nel libro “I complici” di Lirio Abbate e Peter Gomez. A dir poco imbarazzante è il giro di affari che il neopresidente del Senato ebbe in passato con personaggi del calibro di Nino Mandalà (futuro boss di Villabate e braccio destro di Provenzano), Benny D’agostino (amico del boss Michele Greco), Giuseppe Lombardo (amministratore delle società dei cugini Salvo, arrestati da Falcone e Borsellino nel 1984), Enrico La Loggia (con cui, tra l’altro, presenzierà come ospite d’onore al matrimonio del boss Mandalà). Schifani (Renato) sarà pure nominato consulente della giunta del comune di Villabate, sciolta poi per mafia nel ‘99.

Nel suo discorso di insediamento al Senato, il sig. Renato Schifani annuncia una dura opposizione alla mafia. E’ lo stesso Schifani che a suo tempo insultò Maria Falcone e Rita Borsellino (“Sono disgustato e amareggiato perché con le loro dichiarazioni hanno offeso la memoria dei loro eroici fratelli”) colpevoli di aver duramente criticato le deliranti affermazioni del sig. Silvio Berlusconi (“I magistrati sono disturbati mentali, antropologicamente estranei al resto della razza umana”). E’ lo stesso Schifani che a suo tempo produsse la vergogna del Lodo (che da lui prende il nome) che assicura l’immunità alle cinque più alte cariche dello stato, un gradito regalo al suo padroncino di Arcore.

29 Aprile 2008. La scena è di uno squallore nauseante. Puzza da far schifo. Il prescritto-mafioso Giulio Andreotti presiede la seduta del Senato che incorona Presidente il “mafia-friendly” Renato Schifani, integerrimo cagnolino da guardia del padrone incensatore di mafiosi (“Mangano è un eroe”), mentre sui palchi Marcello dell’Utri, mafioso auto-definitosi, abbraccia e bacia il condannato-mafioso Totò Cuffaro. Tutto tra gli applausi scroscianti di maggioranza e opposizione.

Onore a Schifani. Rosaria, si intende.

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