sabato 11 ottobre 2008

Marcello, Silvio e la mafia (parte 23)

Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.

CAPITOLO 23
La mafia vota Forza Italia

Che Berlusconi avesse deciso di scendere in campo era già noto a Cosa Nostra nell'autunno del '93, ovvero alcuni mesi prima che Forza Italia venisse costituita ufficialmente il 18 gennaio 1994. Racconta Antonino Giuffrè: "Verso la fine del 1993, già si aveva dei sentori che si muoveva qualcosa di importante nella politica nazionale. Cioè si cominciava a parlare della discesa in campo di un personaggio molto importante. Si faceva il nome di Berlusconi. Queste notizie venivano portate all’interno di Cosa Nostra e per un periodo è stato motivo di incontri, di dibattiti all’interno di Cosa Nostra, di valutazioni molto, ma molto attente. Inizia, appositamente un lungo periodo di discussione, nello stesso tempo oltre che di discussione, di indagine, per vedere se era in modo particolare un discorso serio che poteva interessare a Cosa Nostra e in modo particolare, per potere curare quei mali che da diverso periodo avevano afflitto Cosa Nostra, che erano stati causa di notevoli danni".

Dopo la cattura di Riina, Cosa Nostra è in difficoltà, sente la mano pesante dello stato che la sta soffocando e ha disperato bisogno di stringere alleanze, trovare agganci, inserire i propri uomini nei palazzi dove si prendono le decisioni importanti. Bernardo Provenzano in questo si dimostra abilissimo. Molto più sottile e intelligente di Riina, capisce fin da subito che la linea stragista non può portare da nessuna parte e alla lunga anzi si ritorcerà contro quel sistema mafioso che lui stesso ora controlla incontrastato. Il muro contro muro con lo Stato è una tattica suicida. Provenzano lo sa bene. Per questo, dopo aver vagliato per bene tutte le ipotesi, decide di uscire allo scoperto: "Provenzano stesso ci ha detto che eravamo in buone mani, che ci potevamo fidare. Diciamo che per la prima volta il Provenzano esce allo scoperto, assumendosi in prima persona delle responsabilità ben precise e nel momento in cui lui ci dà queste informazioni e queste sicurezze ci mettiamo in cammino, per portare avanti, all’interno di Cosa Nostra e poi, successivamente, estrinsecarlo all’esterno, il discorso di Forza Italia".

Ma come mai proprio Forza Italia? Perchè Provenzano decide di scommettere proprio su Silvio Berlusconi alla sua prima esperienza politica? Giuffrè ne è sicuro: Provenzano aveva ricevuto sicuramente delle "garanzie" che facevano ben sperare per il futuro. Ma da chi? E' ovvio che solo importanti esponenti legati strettamente a Silvio Berlusconi e ben addentro nelle cose di mafia potessero essere in grado di promettere garanzie al boss dei boss. per conto di Forza Italia. Il cerchio dunque si restringe, e di molto.

Giuffrè dichiara di aver saputo dai capimafia Giovanni Brusca e Carlo Greco che tali intermediari sarebbero stati il costruttore Giovanni Ienna, Vittorio Mangano e Marcello Dell'Utri, uno dei "personaggi più dinamici e interessati a portare avanti questo discorso, cioè nella creazione di un nuovo partito" e reputato da Cosa Nostra "persona seria e affidabile". Vittorio Mangano, dopo un lungo periodo passato in carcere (circa 10 anni, dal 1980 al 1990), riprende immediatamente in mano le fila del discorso interrotto molti anni prima. Si fa strada all'interno dalla famiglia mafiosa di Palermo-Centro-Porta Nuova fino a diventarne reggente quando Salvatore Cancemi, il 22 luglio del 1993, si consegnerà spontaneamente ai Carabinieri. E' il coronamento di una lunga e gloriosa carriera criminale.

Il collaboratore di giustizia Francesco La Marca parla di un episodio agghiacciante per la sua gravità. Racconta che Vittorio Mangano, nei primi mesi del 1994, prima delle elezioni gli aveva detto che, su esplicito ordine di Bagarella e Brusca, doveva recarsi per un paio di giorni a Milano "per parlare con certi politici". Dopo il viaggio, i due si incontrano di nuovo e Mangano canta vittoria: "Tutto a posto, dice. Dobbiamo votare Forza Italia, così danno qualche possibilità di fatto del 41 bis, i sequestri dei beni e per dedicare a noi collaboratori, per ammorbidire la legge". Eccola qui la famosa garanzia: la promessa di alleggerire il carcere duro per i mafiosi, sancito dal 41bis. Era una delle principali richieste contenute nel famoso "papello" che Riina fece pervenire agli esponenti delle Istituzioni per tramite di Ciancimino. Con chi si è incontrato Mangano a Milano? La Marca non si sbilancia, Mangano non ha voluto parlarne.

Un altro pentito, Salvatore Cucuzza, va oltre e afferma che Vittorio Mangano veniva tenuto a capo della famiglia di Porta Nuova semplicemente poichè era in grado di garantire rapporti con Dell'Utri e quindi, per riflesso, con Silvio Berlusconi. Anzi, Cuccuzza riferisce di aver saputo dallo stesso Mangano che questi si era incontrato "un paio di volte con Dell'Utri" alla fine del 93. Addirittura, Mangano, per quegli incontri, aveva affittato una stanza in uno studio di un suo amico industriale presso Como. Una volta compiuto il proprio dovere, Mangano presenterà allo stesso Cucuzza, co-reggente del mandamento, una parcella di 4 milioni di lire, a copertura delle spese d'affitto.

Di cosa parlavano Mangano e Dell'Utri in quegli incontri? "Dell’Utri aveva promesso che si sarebbe attivato per presentare proposte molto favorevoli per Cosa nostra sul fronte della giustizia, ovvero modifica del 41 bis e sbarramento per gli arresti relativi al 416 bis". Non solo. Dell'Utri spiega a Mangano "di stare calmi", cioè evitare azioni violente o clamorose che avrebbero potuto ostacolare la riuscita dei progetti politici favorevoli a Cosa Nostra. La difesa di Dell'Utri ha tentato di sostenere la tesi secondo cui Mangano avrebbe millantato tutta questa serie di incontri e di discussioni avute con l'imputato Marcello Dell'Utri. Tesi che, secondo il Tribunale, "non sta in piedi" per tutta una seria di motivi abbastanza ovvi.

A fugare ogni dubbio, le agende sequestrate a Dell'Utri, in cui sono state ritrovate due annotazioni relative ad incontri con Vittorio Mangano il 2 e il 30 novembre 1993. "Trattasi di un dato documentale incontestabile ed altamente significativo della condotta tenuta da Marcello Dell’Utri in quel torno di tempo". Dunque, Dell'Utri, sebbene ormai nel '93 Mangano sia un mafioso conclamato, continua ad avere rapporti con lui, nonostante la propria crescita di prestigio personale anche in campo politico. Quando gli vengono mostrate le agende, Dell'Utri non può negare l'evidenza e abbozza delle giustificazioni impacciate. Dice che Mangano era solito venirlo a trovare nel suo ufficio a Milano per parlargli dei suoi problemi personali. Di quali problemi si trattasse, Dell'Utri non ha saputo spiegarlo.

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