domenica 12 ottobre 2008

Marcello, Silvio e la mafia (parte 24)

Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.

CAPITOLO 24
Dell'Utri al Parlamento Europeo

Dopo la cattura di Totò Riina, l'attenzione delle forze dell'ordine si sposta sul nuovo boss dei boss, ovvero Bernardo Provenzano. La sua latitanza è ormai leggendaria: dura da più di quarant'anni. Di lui si conoscono solo un paio di foto segnaletiche dei tempi andati, quando ancora era una ragazzone dotato di una mira infallibile e di una freddezza spietata. Tutto ciò che i Carabinieri hanno in mano per tentare di acciuffarlo sono delle ricostruzioni al computer in cui il volto di Provenzano è stato invecchiato e reso possibilmente il più vicino all'originale. Nessuno sa dove si nasconda. Si sospetta che non se ne sia mai andato dalla sua terra, il luogo dove in assoluto Provenzano si sente più al sicuro, circondato e protetto da una serie interminabile di picciotti che lo aiutano negli spostamenti, contribuiscono a cancellare ogni traccia della sua latitanza e soprattutto fanno circolare tra le famiglie mafiose i suoi ordini per mezzo dei "pizzini", fogliettini di carta scribacchiati con numeri e nomi in codice. La contabilità di u' zu Binnu, il "ragioniere", il boss più inafferrabile della storia.

I Carabinieri dunque vanno a tentoni, cercano di seguire le piste che potrebbero portare a Provenzano, monitorano gli spostamenti dei suoi famigliari, tengono sotto osservazioni gli uomini a lui più vicini, spargono cimici in ogni dove pur di captare il segnale giusto, quello che potrebbe rivelare il vero nascondiglio del boss. In particolare, aveva attratto l'attenzione dei Ros un locale, adibito ad autoscuola, denominata "Primavera", in pieno centro a Palermo, in via Gaetano Daiva n.53. Il titolare dell'autoscuola era un certo Carmelo Amato. Da un po' di tempo gli investigatori hanno notato un via vai sospetto nel retrobottega della sua autoscuola da parte di personaggi ritenuti vicini a Cosa Nostra e addirittura allo stesso Bernardo Provenzano.

Uno di questi è Francesco Pastoia, già condannato per associazione mafiosa come importante esponente della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno. Lo stesso titolare, Carmelo Amato, "presentava un profilo genealogico di tutto rispetto potendo vantare numerose parentele mafiose di riguardo, ivi compresa quella con i noti fratelli Di Napoli, Pippo e Pierino, uomini d’onore di spicco della famiglia mafiosa di Malaspina, cugini della sua prima moglie defunta". Per questo era già stato tratto in arresto con l'accusa di associazione mafiosa. Il pentito Antonino Giuffrè rivelerà che effettivamente quel luogo era utilizzato per degli incontri clandestini tra Bernardo Provenzano e ad altri soggetti mafiosi tra la fine degli anni ottanta e il 1990.

Gli investigatori, a buon ragione, credono dunque di essere sulla strada buona e intensificano i loro appostamenti. In particolare piazzeranno delle cimici sia all'interno dell'autoscuola che sulla autovettura dello stesso Carmelo Amato, nella speranza di carpire qualche informazione che li possa indirizzare al covo di Provenzano. Si mettono dunque in ascolto. E aspettano. Il 5 maggio 1999, Carmelo Amato si trova in auto con tale Michele Lo Forte. E' una Fiat 600 targata BA829LH. Sono le 19:59. A un certo punto della discussione, inaspettato, spunta il nome di Marcello Dell'Utri.

AMATO – L'altra volta mi venne a trovare il padre, che è venuto poco fa il "picciottello", Enzo...
LO FORTE – Enzo!
AMATO – Il cugino di Ciancimino.
LO FORTE – Ah, sì!
AMATO – E' entrato dentro, ci siamo seduti, abbiamo parlato...
LO FORTE – Ah, Enzo?
AMATO – "Tanti saluti, tanti saluti, lo saluta il tizio"...ma, ma purtroppo dobbiamo portare...
LO FORTE – Minchia, allora lui viene a ore dalle elezioni, minchia!
AMATO – ...maaah, ma dobbiamo portare a Dell'Utri!
LO FORTE – Minchia... ora c'è Dell'Utri! Dell'Utri…
AMATO – Compare, lo dobbiamo aiutare, perché se no lo fottono!
LO FORTE – E' logico, perché non lo tocca nessuno, nemmeno qua!
AMATO – Eh, compa', se passa lui e acchiana alle Europee non lo tocca più nessuno!

La elezioni di cui stanno confabulando sono quelle al Parlamento Europeo, che si sarebbero tenute il 13 giugno di quell'anno. Dell'Utri era candidato nel collegio Sicilia-Sardegna. Da Ciancimino è arrivato dunque l'ordine di votare per lui. L'intento è chiaro. Se Dell'Utri verrà eletto, non potrà essere più toccato dalla giustizia e questo potrebbe voler dire un grosso aiuto a Cosa Nostra.

Due giorni dopo, il 7 maggio, i due sono di nuovo in macchina a parlare. Amato confessa apertamente il motivo per cui conviene sostenere Dell'Utri: " Si sta lavorando, compa'! Ci dobbiamo dare aiuto a Dell'Utri, compa'... perché sti... se no 'sti sbirri non gli danno pace, compa'..."

Il 28 maggio, alle ore 18:49, Amato si trova all'interno della sua autoscuola e parla liberamente con Giuseppe Vaglica, cognato di Francesco Pastoia.

VAGLICA – Dobbiamo votare per questo allora?
AMATO – E adesso ma chi lo doveva dire che io dovevo lavorare... pensare che...
VAGLICA – Marcello Dell'Utri?
AMATO – ...
VAGLICA – Ah... ma a Totò pure?
AMATO – No, quello no... ho sentito dire che a Cuffaro... l'hanno chiamato a Totò Cuffaro... a Cuffaro... a questo Cuffaro chiediglielo…
VAGLICA – A chi interessa?
AMATO – Si deve votare a lui se no lo fottono!

Il 13 giugno Amato è di nuovo in auto, questa volta col cognato, Salvatore Carollo, il quale pronuncia una frase sinistra e sibillina: "I signori del Nord Italia, fino a che gli facevano gli omicidi che gli bisognavano, e quelli, diciamo, un po' di vento si poteva campare. Quando si seppe il risultato, tutto a monte... ci mandarono a Caselli. Meno male che anzi... se lo è giocato con Dell'Utri il signor Berlusconi, perché altrimenti... Ora ci rompono i coglioni, perché lui se n'è andato perché… si è giocato il voto… il voto per... alla Camera per mezzo di... ‘stu governo di D'Alema, quando c'era la guerra nel Kossovo... Poi è capace... si é tolto da mezzo ai coglioni a... a questo che gli sta scassando la minchia a Dell'Utri, e lui l'ha cambiato!"

Chi sono questi signori del Nord Italia? A chi avrebbero dovuto far comodo gli omicidi? E di quali omicidi si tratta? Caselli visto come fumo negli occhi, D'Alema un impaccio. Poi l'argomento torna sulle elezioni.

AMATO – Totò, per chi devi votare tu?
CAROLLO – Io? Per nessuno.
AMATO – Ah?
CAROLLO – Presidente? Per il Polo voto io.
AMATO – Il Polo?
CAROLLO – Per il Polo.
AMATO – Per il Polo voti?
CAROLLO – Per il Polo voto io.
AMATO – E allora daglielo… daglielo a Dell'Utri il voto.
CAROLLO – Per il Polo voto.
AMATO – Glielo puoi dare a Dell'Utri?
CAROLLO – Io siciliano sono come lo é lui... già questo era scontato!
AMATO – Ma io non ce l'ho... ma, onestamente, non è che ce lo voglio dare a lui onestamente. Io glielo do perché c'é un impegno per ora, eeeh, perché lo vogliono fottere, hai capito?
AMATO – In ogni caso, lui salirà senz'altro...no, perchè Berlusconi, buono buono… qui ci serve a lui e mette a lui... hai capito?

Si scopre dunque che Amato, se fosse per lui, non voterebbe Dell'Utri, ma sotto sotto c'è un accordo, un impegno a cui non si può sottrarre. "Un impegno che non teneva conto delle possibili, diverse scelte del singolo elettore di Cosa Nostra; dunque, un impegno collettivo di natura elettorale in favore dell’imputato, cui si doveva aderire".

Lo conferma perfino il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro in una conversazione intercettata il 4 aprile 2001, in cui si lamenta del fatto che Dell'Utri non avrebbe poi rispettato i patti, nemmeno un ringraziamento per quelli che lo hanno votato: "Dell’Utri si presentò all’Europee...hanno preso degli impegni, dopo le Europee ca acchianaru non si sono visti più con nessuno...ma lui se viene deve pigghiari impegni e l’ava a manteniri però…tu un tà scantari, insomma, tu acchianasti all’elezioni europee? Ma chi buoi? Picchì un ci isti mancu a ringraziari i cristiani ca ti votaru all’europee...Dell’Utri non è più venuto a Palermo…perché l’unica persona con cui parlava Dell’Utri lo hanno arrestato, quello con cui Dell’Utri ha preso l’impegno, ca fu ddu cristiano, chistu Iachinu Capizzi ca era chiddu di sessant’otto anni".

Eccolo qui dunque, l'uomo che ha formalmente preso l'impegno con Dell'Utri: Gioacchino Capizzi, destinatario nel 2001 di un ordine di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, responsabile di numerosi omicidi e reggente del mandamento di Santa Maria del Gesù, lo stesso a cui appartenevano i vari Stefano Bontate, i fratelli Pullarà, Vittorio Mangano e Pippo Calò.

"Il Tribunale ha tratto dunque la conclusione che Dell’Utri aveva preso impegni con la mafia, aveva promesso cose buone per Cosa Nostra sui vari, importanti e già indicati fronti politico-giudiziari, essendo consapevole, in quanto organizzatore in prima persona, del fatto che, comunque, Forza Italia sarebbe stato un partito garantista, a motivo di tutte le svariate ragioni riconducibili all’ideologia politica ed agli interessi imprenditoriali di Silvio Berlusconi".

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