Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.
CAPITOLO 2
L'incontro di Milano
L'incontro di Milano
Chiarito il fatto che Marcello Dell'Utri si rivolge all'amico Tanino Cinà per fare arrivare Vittorio Mangano nella villa di Arcore, è utile ricordare brevemente i rapporti familiari che legavano Cinà a una serie di soggetti al vertice dell'organizzazione mafiosa di Cosa Nostra in quegli anni.
La sorella di Tanino, Caterina Cinà, aveva sposato Benedetto Citarda, autorevole esponente della famiglia mafiosa dei Malaspina. Loro figlio Giovanni Citarda era uomo d'onore della stessa consorteria, mentre una delle figlie aveva sposato Girolamo Teresi, detto Mimmo, importante imprenditore palermitano, sottocapo della famiglia mafiosa di Santa Maria del Gesù e molto vicino a Stefano Bontate, capo della stessa famiglia. Stefano Bontate era uno dei boss più importanti della mafia siciliana degli anni '70. Insieme a Luciano Liggio e Gaetano Badalamenti costituiva il Triumvirato che reggeva le sorti di Cosa Nostra in quegli anni. Le altre tre figlie di Benedetto Citarda erano sposate con il fratello di Stefano Bontate, l'avvocato Giovanni Bontate, con Giuseppe Albanese, detto Pinuzzu, uomo d'onore della famiglia dei Malaspina, e con Giuseppe Contorno, detto Pippo, uomo d'onore della famiglia di Santa Maria del Gesù. A questa famiglia mafiosa appartenevano pure i fratelli Grado, Gaetano e Nino, e Nicola Milano, uomo d'onore a cui era stato affiancato Vittorio Mangano nel periodo di "praticantato" in Cosa Nostra a Milano.
In questa fitta trama di rapporti si inserisce un episodio fondamentale: un misterioso incontro a Milano di cui ha parlato esplicitamente il pentito Francesco Di Carlo. Costui era un uomo d'onore della famiglia di Altofonte fin dagli anni '60. Attorno al '73/'74 viene nominato consigliere della sua famiglia e in seguito sottocapo. In buonissimi rapporti con Badalamenti e Bontate, Di Carlo diventa, per volontà di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, capo della famiglia mafiosa di Altofonte che reggerà fino alla fine degli anni '70 rimanendo poi a disposizione di Bernardo Brusca. Di Carlo, denunciato e arrestato per associazione a delinquere, sequestro, omicidio, traffico di droga, grazie alla sua posizione dominante all'interno di Cosa Nostra è un pentito di importanza cruciale, che ha riferito degli omicidi eccellenti (Terranova, Costa, Scaglione, Francese, Impastato, Mattarella, Basile, Russo) e ha parlato dei rapporti tra Cosa Nostra e il senatore Giulio Andreotti.
Di Carlo, in virtù del proprio rapporto con Gaetano Cinà, aveva avuto modo di conoscere Marcello Dell'Utri in un bar del Viale a Palermo, vicino alla lavanderia di Cinà. E' interessante notare che Dell'Utri ha sempre negato espressamente di conoscere Di Carlo, ma il tribunale ritiene questa tesi assolutamente poco verosimile, proprio alla luce della deposizione del pentito.
"Dell'Utri l'ho incontrato altre volte. Una nel negozio di articoli sportivi in via Archimede dove c'erano altri uomini d'onore. Poi l'ho incontrato a Londra e poi, ma forse prima, una sera a casa di Stefano Bontate".
Di Carlo, poco tempo dopo avere conosciuto Marcello dell'Utri, incontra Cinà, Bontate e Teresi a Palermo. Dovendo tutti andare a Milano, decidono di incontrarsi nei giorni successivi negli uffici che Ugo Martello aveva in Via Larga, nei pressi del Duomo. Con loro c'è anche Nino Grado. Fa da autista, perchè conosce bene le vie di Milano. Durante la riunione Stefano Bontate parla di un incontro che si sarebbe dovuto tenere nel pomeriggio.
Ricorda Di Carlo: "Mi hanno detto con chi si dovevano incontrare, ma a me a quel tempo il nome non mi diceva niente. Mi hanno detto che si dovevano incontrare con un industriale, un certo Berlusconi. No, no. Il motivo non me l'hanno detto. Però capisco che Tanino aveva portato questa amicizia di Dell'Utri e Berlusconi direttamente a Bontate e a Teresi".
Appena arrivati in via Foro Bonaparte negli uffici della Edilnord, Dell'Utri accoglie tutti, abbracciando e baciando uno per uno.
"Non era una villa. Era un palazzo. Nè moderno nè troppo antico. Potrei paragonarlo ai palazzi vecchi di Via Roma qua da noi a Palermo, anni '60-'70, un tipo così. Siamo entrati. Non mi ricordo se erano uno o due piani. A venirci incontro fu Marcello Dell'Utri, una persona bassina. Ci ha salutati con una stretta di mano. Con Tanino si è baciato, con Bontate si è baciato, con tutti gli altri si è baciato. Con me invece no. Io non lo conoscevo bene. Poi siamo entrati, c'era una sala e c'erano persone che andavano e venivano da altre stanze. Siamo andati in una grande stanza dove c'erano una scrivania, qualche divano e delle sedie. Dopo un quarto d'ora è spuntato questo signore sui 30 anni e me lo hanno presentato come il Dott. Berlusconi".
Di Carlo assiste alle presentazioni e capisce che Berlusconi già si conosceva con Gaetano Cinà. I suoi ricordi sono piuttosto particolareggiati. Ricorda che dell'Utri era vestito di blu, giacca e cravatta. Ricorda anche benissimo come gli apparve Berlusconi.
"Certo, non era quello di adesso, senza capelli. Aveva i capelli, era castano chiaro. Indossava un maglioncino a girocollo con sotto una camicia e un paio di pantaloni jeans, un abbigliamento sportivo comunque".
Stefano Bontate e Mimmo Teresi poi scherzeranno fra di loro sul look di Berlusconi: "Sembrava che dovevamo incontrare chissà chi! E quello è venuto in jeans e maglioncino!"
Dopo le presentazioni, Berlusconi e Bontate iniziano a parlare di cose serie. Bontate e Teresi spiegano il tipo di attività che svolgeva e Berlusconi a sua volta illustra il suo progetto di costruire Milano2. Berlusconi tiene la parola per una ventina di minuti e dà agli invitati una lezione di economia e amministrazione. Ma poi arrivano al succo della questione: il discorso della garanzia. Berlusconi esterna tutta la sua preoccupazione per i continui sequestri che stanno avvenendo nel Milanese. Dice di temere per l'incolumità dei suoi figli e dei suoi famigliari. Dice che il suo amico Dell'Utri gli ha suggerito di rivolgersi proprio a Stefano Bontate per ottenere una garanzia da Cosa Nostra.
Berlusconi: "Marcello mi ha detto che lei è una persona che può garantirmi questo".
Bontate si schermisce: "No, io, sa...sa come sono...però lei può stare tranquillo. Se io dico che può stare tranquillo, lei deve dormire tranquillo. lei avrà persone molto vicine che faranno ogni cosa lei chiede. Poi lei ha qui Marcello. Per ogni cosa si rivolga a lui. Anzi, le mando anche qualcuno, se già non ce l'ha".
Di chi si tratta? E' chiaro che Bontate ha in mente di affiancare a Dell'Utri, che non fa parte di Cosa Nostra, una persona fidata che sia dentro agli schemi di Cosa Nostra. Ne discutono Cinà, Bontate e Teresi alla fine del colloquio. Cinà propone il nome di Vittorio Mangano, uomo d'onore della famiglia di Porta Nuova, a quei tempi aggregata al mandamento di Bontate.
"Potevamo anche non mandare nessuno, ma bisognava far capire che era Cosa Nostra a proteggere. Basta che si sa che è Cosa Nostra a proteggere che risulta difficile poi per chiunque tentare di sequestrare".
Bontate si lascia convincere: "Va bene. Mangano va bene per quello che deve fare, ma sempre comunque in rapporti con Dell'Utri".
Di Carlo chiarisce poi un punto importante. Le minacce che verosimilmente Berlusconi aveva ricevuto e che lo avevano spinto a chiedere un "garanzia" a Cosa Nostra, in realtà erano state portate da Cosa Nostra stessa. Una pratica comune e collaudata.
"Niente di strano. Noi di Cosa Nostra prima minacciavamo e poi ci andavamo a proporre la garanzia. E' una cosa normale. Altrimenti che bisogno ha di chiederla?"
Il colloquio tra Bontate e Berlusconi d'altra parte si era chiuso con poche battute.
Bontate: "Lei è il padrone. Quando viene a Palermo, siamo a disposizione per qualsisasi cosa".
Berlusconi: "Anche noi siamo a disposizione per qualsiasi cosa, vero Marcello?"
Se non fosse chiaro, Di Carlo precisa: "Quando a noialtri di Cosa Nostra ci dicono "a disposizione" significa essere disposti a tutto".
E' chiaro dunque che la presenza di Mangano nella Villa di Arcore si delinea come un modo per far capire all'esterno che Berlusconi è protetto da Cosa Nostra e che non va toccato. Si capisce anche perchè Berlusconi ci tenga tanto che Mangano accompagni i suoi figli a scuola: con lui appresso, possono stare al sicuro da qualunque tentativo di sequestro. A questo punto bisogna solo capire cosa Bontate ha messo sul piatto in cambio della protezione offerta da Cosa Nostra. Lo si scoprirà a breve.
La sorella di Tanino, Caterina Cinà, aveva sposato Benedetto Citarda, autorevole esponente della famiglia mafiosa dei Malaspina. Loro figlio Giovanni Citarda era uomo d'onore della stessa consorteria, mentre una delle figlie aveva sposato Girolamo Teresi, detto Mimmo, importante imprenditore palermitano, sottocapo della famiglia mafiosa di Santa Maria del Gesù e molto vicino a Stefano Bontate, capo della stessa famiglia. Stefano Bontate era uno dei boss più importanti della mafia siciliana degli anni '70. Insieme a Luciano Liggio e Gaetano Badalamenti costituiva il Triumvirato che reggeva le sorti di Cosa Nostra in quegli anni. Le altre tre figlie di Benedetto Citarda erano sposate con il fratello di Stefano Bontate, l'avvocato Giovanni Bontate, con Giuseppe Albanese, detto Pinuzzu, uomo d'onore della famiglia dei Malaspina, e con Giuseppe Contorno, detto Pippo, uomo d'onore della famiglia di Santa Maria del Gesù. A questa famiglia mafiosa appartenevano pure i fratelli Grado, Gaetano e Nino, e Nicola Milano, uomo d'onore a cui era stato affiancato Vittorio Mangano nel periodo di "praticantato" in Cosa Nostra a Milano.
In questa fitta trama di rapporti si inserisce un episodio fondamentale: un misterioso incontro a Milano di cui ha parlato esplicitamente il pentito Francesco Di Carlo. Costui era un uomo d'onore della famiglia di Altofonte fin dagli anni '60. Attorno al '73/'74 viene nominato consigliere della sua famiglia e in seguito sottocapo. In buonissimi rapporti con Badalamenti e Bontate, Di Carlo diventa, per volontà di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, capo della famiglia mafiosa di Altofonte che reggerà fino alla fine degli anni '70 rimanendo poi a disposizione di Bernardo Brusca. Di Carlo, denunciato e arrestato per associazione a delinquere, sequestro, omicidio, traffico di droga, grazie alla sua posizione dominante all'interno di Cosa Nostra è un pentito di importanza cruciale, che ha riferito degli omicidi eccellenti (Terranova, Costa, Scaglione, Francese, Impastato, Mattarella, Basile, Russo) e ha parlato dei rapporti tra Cosa Nostra e il senatore Giulio Andreotti.
Di Carlo, in virtù del proprio rapporto con Gaetano Cinà, aveva avuto modo di conoscere Marcello Dell'Utri in un bar del Viale a Palermo, vicino alla lavanderia di Cinà. E' interessante notare che Dell'Utri ha sempre negato espressamente di conoscere Di Carlo, ma il tribunale ritiene questa tesi assolutamente poco verosimile, proprio alla luce della deposizione del pentito.
"Dell'Utri l'ho incontrato altre volte. Una nel negozio di articoli sportivi in via Archimede dove c'erano altri uomini d'onore. Poi l'ho incontrato a Londra e poi, ma forse prima, una sera a casa di Stefano Bontate".
Di Carlo, poco tempo dopo avere conosciuto Marcello dell'Utri, incontra Cinà, Bontate e Teresi a Palermo. Dovendo tutti andare a Milano, decidono di incontrarsi nei giorni successivi negli uffici che Ugo Martello aveva in Via Larga, nei pressi del Duomo. Con loro c'è anche Nino Grado. Fa da autista, perchè conosce bene le vie di Milano. Durante la riunione Stefano Bontate parla di un incontro che si sarebbe dovuto tenere nel pomeriggio.
Ricorda Di Carlo: "Mi hanno detto con chi si dovevano incontrare, ma a me a quel tempo il nome non mi diceva niente. Mi hanno detto che si dovevano incontrare con un industriale, un certo Berlusconi. No, no. Il motivo non me l'hanno detto. Però capisco che Tanino aveva portato questa amicizia di Dell'Utri e Berlusconi direttamente a Bontate e a Teresi".
Appena arrivati in via Foro Bonaparte negli uffici della Edilnord, Dell'Utri accoglie tutti, abbracciando e baciando uno per uno.
"Non era una villa. Era un palazzo. Nè moderno nè troppo antico. Potrei paragonarlo ai palazzi vecchi di Via Roma qua da noi a Palermo, anni '60-'70, un tipo così. Siamo entrati. Non mi ricordo se erano uno o due piani. A venirci incontro fu Marcello Dell'Utri, una persona bassina. Ci ha salutati con una stretta di mano. Con Tanino si è baciato, con Bontate si è baciato, con tutti gli altri si è baciato. Con me invece no. Io non lo conoscevo bene. Poi siamo entrati, c'era una sala e c'erano persone che andavano e venivano da altre stanze. Siamo andati in una grande stanza dove c'erano una scrivania, qualche divano e delle sedie. Dopo un quarto d'ora è spuntato questo signore sui 30 anni e me lo hanno presentato come il Dott. Berlusconi".
Di Carlo assiste alle presentazioni e capisce che Berlusconi già si conosceva con Gaetano Cinà. I suoi ricordi sono piuttosto particolareggiati. Ricorda che dell'Utri era vestito di blu, giacca e cravatta. Ricorda anche benissimo come gli apparve Berlusconi.
"Certo, non era quello di adesso, senza capelli. Aveva i capelli, era castano chiaro. Indossava un maglioncino a girocollo con sotto una camicia e un paio di pantaloni jeans, un abbigliamento sportivo comunque".
Stefano Bontate e Mimmo Teresi poi scherzeranno fra di loro sul look di Berlusconi: "Sembrava che dovevamo incontrare chissà chi! E quello è venuto in jeans e maglioncino!"
Dopo le presentazioni, Berlusconi e Bontate iniziano a parlare di cose serie. Bontate e Teresi spiegano il tipo di attività che svolgeva e Berlusconi a sua volta illustra il suo progetto di costruire Milano2. Berlusconi tiene la parola per una ventina di minuti e dà agli invitati una lezione di economia e amministrazione. Ma poi arrivano al succo della questione: il discorso della garanzia. Berlusconi esterna tutta la sua preoccupazione per i continui sequestri che stanno avvenendo nel Milanese. Dice di temere per l'incolumità dei suoi figli e dei suoi famigliari. Dice che il suo amico Dell'Utri gli ha suggerito di rivolgersi proprio a Stefano Bontate per ottenere una garanzia da Cosa Nostra.
Berlusconi: "Marcello mi ha detto che lei è una persona che può garantirmi questo".
Bontate si schermisce: "No, io, sa...sa come sono...però lei può stare tranquillo. Se io dico che può stare tranquillo, lei deve dormire tranquillo. lei avrà persone molto vicine che faranno ogni cosa lei chiede. Poi lei ha qui Marcello. Per ogni cosa si rivolga a lui. Anzi, le mando anche qualcuno, se già non ce l'ha".
Di chi si tratta? E' chiaro che Bontate ha in mente di affiancare a Dell'Utri, che non fa parte di Cosa Nostra, una persona fidata che sia dentro agli schemi di Cosa Nostra. Ne discutono Cinà, Bontate e Teresi alla fine del colloquio. Cinà propone il nome di Vittorio Mangano, uomo d'onore della famiglia di Porta Nuova, a quei tempi aggregata al mandamento di Bontate.
"Potevamo anche non mandare nessuno, ma bisognava far capire che era Cosa Nostra a proteggere. Basta che si sa che è Cosa Nostra a proteggere che risulta difficile poi per chiunque tentare di sequestrare".
Bontate si lascia convincere: "Va bene. Mangano va bene per quello che deve fare, ma sempre comunque in rapporti con Dell'Utri".
Di Carlo chiarisce poi un punto importante. Le minacce che verosimilmente Berlusconi aveva ricevuto e che lo avevano spinto a chiedere un "garanzia" a Cosa Nostra, in realtà erano state portate da Cosa Nostra stessa. Una pratica comune e collaudata.
"Niente di strano. Noi di Cosa Nostra prima minacciavamo e poi ci andavamo a proporre la garanzia. E' una cosa normale. Altrimenti che bisogno ha di chiederla?"
Il colloquio tra Bontate e Berlusconi d'altra parte si era chiuso con poche battute.
Bontate: "Lei è il padrone. Quando viene a Palermo, siamo a disposizione per qualsisasi cosa".
Berlusconi: "Anche noi siamo a disposizione per qualsiasi cosa, vero Marcello?"
Se non fosse chiaro, Di Carlo precisa: "Quando a noialtri di Cosa Nostra ci dicono "a disposizione" significa essere disposti a tutto".
E' chiaro dunque che la presenza di Mangano nella Villa di Arcore si delinea come un modo per far capire all'esterno che Berlusconi è protetto da Cosa Nostra e che non va toccato. Si capisce anche perchè Berlusconi ci tenga tanto che Mangano accompagni i suoi figli a scuola: con lui appresso, possono stare al sicuro da qualunque tentativo di sequestro. A questo punto bisogna solo capire cosa Bontate ha messo sul piatto in cambio della protezione offerta da Cosa Nostra. Lo si scoprirà a breve.
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