domenica 20 luglio 2008

Marcello, Silvio e la mafia (parte 3)

Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.

CAPITOLO 3
Le richieste del boss

Appurato che nella primavera del '74 una delegazione dei vertici di Cosa Nostra, guidata dal boss Stefano Bontate, viene invitata a Milano da Marcello Dell'Utri per un incontro con Silvio Berlusconi nei suoi uffici della Edilnord in via Foro Bonaparte e appurato che, alla richiesta di protezione per i famigliari di Berlusconi, Bontate risponde positivamente stabilendo di mandare a lavorare nella villa di Arcore un uomo d'onore fidato come Vittorio Mangano, resta da stabilire quale prezzo ha chiesto la mafia all'imprenditore milanese. Cosa Nostra, si sa, non fa niente per niente.

Ce lo spiega il pentito Di Carlo: "Avevano deciso di mettere Mangano non certamente come stalliere, perchè, per carità, non offendiamo il signor Mangano! Cosa Nostra non ne pulisce di stalle a nessuno! Cosa Nostra ha un potere enorme e allora ha messo Mangano ad abitare là a Milano. Lui trafficava e nello stesso tempo faceva la figura che Berlusconi aveva qualcuno vicino di Cosa Nostra, legato a Stefano Bontate. Tanino Cinà mi ha raccontato di essere stato imbarazzato perchè a un certo punto gli era stato ordinato di chiedere subito 100 milioni a Berlusconi. Pensavano di farci pagare qualche cosa al mese, così..."

Berlusconi dunque, a quanto pare, paga sull'unghia 100 milioni in un'unica soluzione a garanzia di protezione di Cosa Nostra. Sono questi gli unici soldi versati nelle tasche della mafia?

"Che io sappia, sì. Ma poi conoscendo Cosa Nostra, avranno cominciato a chiederne altri..."

Di Carlo è a conoscenza di un altro episodio in cui Berlusconi, tramite Dell'Utri, finanzia la mafia per avere delle agevolazioni. Siamo attorno al '77-'78 e Dell'Utri si rivolge ancora una volta a Cinà per risolvere il problema relativo all'installazione delle antenne per la diffusione del segnale televisivo delle reti di Berlusconi.

"I motivi di questi versamenti erano chiari. Ottenere garanzia da Cosa Nostra. Garanzia di tutto: di non essere disturbato, di non essere soggetto a sequestri e di essere aiutato, in caso di sequestro, a ricercare e punire i colpevoli. Ma Berlusconi non è mai stato soggetto a sequestri. Lui pagava".

Tra gli altri episodi raccontati con precisione e dovizia di particolari da Di Carlo ci sono per esempio tutti gli incontri avuti con Dell'Utri.

Ricorda una cena a casa di Stefano Bontate una sera del 1979: "Una cantina bellissima. L'ha fatta per ricevere uomini di Cosa Nostra. Grandissima, ci potevano stare pure 100 persone. Ci sono andato più di una volta. Di solito eravamo pochissimi, ma una sera ho visto più di venti persone e tra loro c'era anche Marcello Dell'Utri. C'erano tantissimi uomini d'onore. C'era Mimmo Teresi, c'era il fratello di Stefano Bontate, c'era Totuccio Federico, non mi ricordo se c'era Mannoia, c'era Giuseppe Gambino... Oppure una cena con Gimmi Fauci e Tanino Cinà in via Ruggiero Settimo da Battaglia. E poi tutta una serie di incontri nella lavanderia di Cinà o al magazzino di articoli sportivi in via Archimede".

Questi incontri nella villa di Bontate o presso la lavanderia di Cinà alla fine degli anni '70 sono stati confermati dalle dichiarazioni di un altro pentito, Francesco Onorato, affiliato a Cosa Nostra dal 1980 nel mandamento di Partana Mondello, con a capo Rosario Riccobono e Salvatore Micalizzi. Quest'ultimo si sarebbe incontrato nel negozio di articoli sportivi di Cinà, oltre che con Di Carlo, anche con Marcello Dell'Utri.

C'è un particolare che però Di Carlo non riesce a definire esattamente: la data dell'incontro di Milano tra Berlusconi e Bontate. Ricorda molto bene come erano vestiti i partecipanti e ne deduce che doveva essere o la primavera o l'autunno del '74. Nonostante il ricordo un po' offuscato su questo aspetto, è in realtà possibile risalire al periodo esatto dell'incontro facendo riferimento ad una particolare battuta pronunciata da Bontate al termine della riunione. Bontate avrebbe commentato che, dopo l'arresto di Luciano Liggio, avvenuto qualche giorno prima, sarebbe stato più facile per lui mantenere l'impegno di garanzia preso con Berlusconi.

"Va beh. Adesso che Liggio è in galera, ce lo possiamo permettere!"

Per capire il senso di questa affermazione basti ricordare che Liggio era stato il responsabile dei numerosi sequestri di persona a scopo di estorsione commessi nel milanese in quel periodo. Se dunque si tiene conto che Liggio fu arrestato dopo una lunga latitanza dalla Guardia di Finanza di Milano il 16 maggio 1974 e che lo stesso Stefano Bontate fu tratto in arresto solo due settimane dopo, il 29 maggio, è chiaro che l'incontro cade necessariamente nella seconda metà del mese di maggio 1974. Dato che coincide perfettamente con l'arrivo di Mangano ad Arcore.

La deposizione di Di carlo viene corroborata da un altro pentito eccellente, Antonino Galliano, che arrichisce lo scenario con preziose rivelazioni. Galliano aveva assunto un ruolo predominante all'interno di Cosa Nostra negli anni '80. Era nipote di Raffaele Ganci e molto amico del figlio Mimmo Ganci. Era anche molto intimo di Tanino Cinà ed è proprio dalla sua voce che viene messo al corrente dell'incontro milanese tra Berlusconi e Bontate.

Spiega Galliano: "Marcello Dell'Utri contattò Cinà. Gli disse che era molto preoccupato di un fatto che era avvenuto al signor Berlusconi, cioè il fatto che aveva ricevuto delle minacce di sequestro per uno dei suoi figli. Cinà gli disse che secondo lui queste minacce venivano dalla mafia catanese. Allora Cinà, tornato a Palermo, ne parla con i Citarda, suoi parenti, che sono imparentati anche coi Bontate. Quindi la voce arriva anche a Stefano Bontate che fissa l'appuntamento a Milano. Bontate ascolta le parole di Berlusconi, capisce il problema e lo rassicura che non sarebbe successo più nulla e che per maggiore sicurezza avrebbe mandato un suo uomo per guardare le spalle alla famiglia Berlusconi. Gli manda allora Vittorio Mangano, esperto di animali. Berlusconi rimase affascinato dalla figura di Stefano Bontate. Non si immaginava di avere a che fare con una persona così intelligente. Si immaginava di avere a che fare con un uomo rozzo, un mafioso tipico".

Questo particolare del fascino suscitato da Bontate in Berlusconi non è da poco perchè sarà alla base dei successivi emolumente elargiti alla mafia in tutti gli anni a venire.

"Subito dopo il primo incontro Berlusconi dice a Bontate che gli vuole fare un regalo e per questo incarica Cinà. Tanino da quel momento si recherà due volte all'anno a ritirare i soldi direttamente nell'ufficio di Dell'Utri. Erano venticinque milioni per volta, quindi cinquanta milioni all'anno. Questi soldi finivano nelle tasche della famiglia di Santa Maria del Gesù controllata da Stefano Bontate. Quando, dopo la seconda guerra di mafia, Bontate viene ucciso, il flusso di soldi continua. Cinà li prendeva da Dell'Utri, li consegnava a Pippo Di Napoli, Di Napoli a Pippo Contorno, Contorno a Gianbattista Pullarà".

C'è poi un altro pentito ritenuto di "elevata affidabilità", Salvatore Cucuzza, vicino ai Gambino e conoscente di Vittorio Mangano. Egli offre un punto di vista molto importante della vicenda poichè riporta proprio le parole dello stesso Mangano.

Racconta Cucuzza: "Mangano mi spiegò il principio per cui andò a lavorare ad Arcore. Assieme ai fratelli Grado e a Salvatore Contorno aveva messo delle bombe a persone riconducibili a Berlusconi il quale si sarebbe premunito di prendere qualcuno per garantirsi. Il fatto che fosse stato assunto come fattore era un paravento".

Cucuzza conferma pure di essere a conoscenza dei 50 milioni versati annualmente da Berlusconi a Cosa Nostra. Particolare riferito pure da un altro pentito, Francesco Scrima, cugino di Pippo Calò. Scrima incontra Mangano in carcere e questi si lamenta con lui del fatto che Ignazio Pullarà, reggente della famiglia di Santa Maria del Gesù, si fosse intascato i proventi di Berlusconi, che in realtà spettavano a lui.

Ultimo in ordine cronologico, il pentito Francesco La Marca riferisce di un discorso fattogli dallo stesso Dell'Utri: "Mi disse che la sua conoscenza con tutti questi personaggi mafiosi era dovuta al fatto che si era dovuto interessare per mediare tra coloro che avevano fatto minacce a Berlusconi e Berlusconi stesso. In seguito a tali minacce Berlusconi aveva fatto andare provvisoriamente all'estero moglie e figli. Dell'Utri mi disse che grazie a lui le pretese di denaro da parte dei mafiosi erano state ridotte".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Davvero molto interessante,
grazie 1000.

Vince.

Anonimo ha detto...

Ciao.
Stai facendo un ottimo lavoro che sarebbe da mettere un TUTTI i blog. Io conosco 'ste cose perchè mi sto leggendo (non l'ho ancora finito) il libro Berlusconi e Cosa nostra. Chi vuole LA STORIA gratuitamente la può leggere da te. Bravo. Io la manderei a tutti gli indirizzi di tutte le rubriche.
Aggiungo che tra i siti amici propongo Stefano Montanari, uno davvero onesto che le cose le canta chiare e che ha bisogno di noi. Argomento sono le nanoparticelle. Diffondiamo la conoscenza anche di questo.
Scusa la proposta.

Gemma