Tutti i fatti e le testimonianze riportati di seguito sono tratti dalla sentenza di primo grado dell'11 dicembre del 2004 da parte della II sezione penale del Tribunale di Palermo, che ha condannato l'imputato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione.
CAPITOLO 19
L'ipermercato della mafia
In Corso dei Mille a Palermo, civici 181-187, agli inizi degli anni novanta, si stanno effettuando ingenti lavori di ristrutturazione a un vecchio stabile dell'ormai fallita società Molini Virga o Molini Pecoraro. Il costruttore Vincenzo Piazza si è aggiudicato i lavori. Benchè non vi sia alcuna connessione apparente tra i soggetti interessati, tra gli affiliati di Cosa Nostra inizia a girare voce che Berlusconi abbia intenzione di costruirci un grande esercizio commerciale, un ipermercato facente capo alla catena Standa. In realtà non c'è ancora nulla di ufficiale, ma è un po' il segreto di Pulcinella. Tutti sanno che di lì a poco, quando il centro commerciale sarà ufficialmente operativo, ci sarà da "mangiare" per bene. Si parla di qualcosa come 1000 nuovi posti di lavoro, un bel bottino tutto da spartire.
Il collaborante Filippo De Pasquale dichiara: "Buona parte delle persone che dovevano lavorare là, diciamo che dovevano essere persone che doveva dire Cosa Nostra". E chi aveva competenza su quel territorio? Allora comandavano i Graviano: "Non si muoveva una foglia dal territorio se non lo dicevano i Graviano". Dunque sarebbero stati loro a decidere chi sarebbe stato assunto o meno. Altri quattro collaboratori, Emanuele Di Filippo, Pietro Carra, Pietro Romeo e Salvatore Spataro, confermano il fatto che tutte le famiglie mafiose della zona erano a conoscenza del fatto che di lì a poco sarebbe sorto un grosso centro commerciale di proprietà di Berlusconi che avrebbe procurato molto lavoro per "i loro ragazzi". Un ultimo collaboratore, Giovanbattista Ferrante, addirittura assiste alla scena. Mentre è in compagnia di Salvatore Biondino, autista personale di Totò Riina, si presenta Giuseppe Graviano in persona: vuole mettere a conoscenza Riina dell'operazione Standa.
Quando, dunque, i lavori di ristrutturazione sono ancora in corso, davanti ai magazzini è tutto un brulicare di persone che chiedono di essere assunti alla Standa, o meglio, in Fininvest. Ma non solo i pentiti confermano le voci di corridoio. Anche il curatore fallimentare della società Mulini Virga, Pietro Di Miceli, riferisce di aver sentito "voci molto attendibili" secondo le quali il costruttore Piazza avrebbe concesso lo stabile in locazione alla Standa del gruppo Berlusconi.
In realtà, la storia è più complicata. Un altro costruttore edile, Salvatore Ienna, si era da subito interessato all'acquisto dei Molini Virga già alla fine degli anni ottanta, molto prima di Vincenzo Piazza. Seguendo tutte le procedure del caso, aveva prima chiesto l'autorizzazione "ai signori mafiosi" e poi anche all'assessore alla Provincia. Entrambe le risposte erano state positive: non ci sarebbero state difficoltà di sorta. Il lasciapassare da parte delle famiglie mafiose della zona gli viene dato direttamente da Ciccio Tagliavia e Giuseppe Graviano.
Poi però qualcosa cambia: "Mi ha chiamato il signor Piazza e ricordo che mi disse che quell'affare lo dovevo lasciare, non mi dovevo interessare, perche' era una cosa che apparteneva a lui. Io mi diedi due o tre giorni di tempo per dare una risposta". Ienna ne parla di nuovo con i padrini: "Signor Ienna, lasci stare, non si interessi più della cosa". A quel punto, Ienna non chiede altro e si ritira dalla trattativa.
Osserva il tribunale: "E' chiaro che l’immobile non doveva essere acquistato da Ienna Giovanni ma bensì da un soggetto già in collaudati rapporti di affari con la Standa (del cui consiglio di amministrazione faceva parte Marcello Dell’Utri), per l’appunto Piazza Vincenzo, il quale non avrebbe avuto alcuna difficoltà a concedere in locazione l’immobile alla Standa qualora il divisato proposito, documentalmente provato, di aprire un nuovo esercizio commerciale a Palermo fosse stato portato a compimento".
Il collaborante Filippo De Pasquale dichiara: "Buona parte delle persone che dovevano lavorare là, diciamo che dovevano essere persone che doveva dire Cosa Nostra". E chi aveva competenza su quel territorio? Allora comandavano i Graviano: "Non si muoveva una foglia dal territorio se non lo dicevano i Graviano". Dunque sarebbero stati loro a decidere chi sarebbe stato assunto o meno. Altri quattro collaboratori, Emanuele Di Filippo, Pietro Carra, Pietro Romeo e Salvatore Spataro, confermano il fatto che tutte le famiglie mafiose della zona erano a conoscenza del fatto che di lì a poco sarebbe sorto un grosso centro commerciale di proprietà di Berlusconi che avrebbe procurato molto lavoro per "i loro ragazzi". Un ultimo collaboratore, Giovanbattista Ferrante, addirittura assiste alla scena. Mentre è in compagnia di Salvatore Biondino, autista personale di Totò Riina, si presenta Giuseppe Graviano in persona: vuole mettere a conoscenza Riina dell'operazione Standa.
Quando, dunque, i lavori di ristrutturazione sono ancora in corso, davanti ai magazzini è tutto un brulicare di persone che chiedono di essere assunti alla Standa, o meglio, in Fininvest. Ma non solo i pentiti confermano le voci di corridoio. Anche il curatore fallimentare della società Mulini Virga, Pietro Di Miceli, riferisce di aver sentito "voci molto attendibili" secondo le quali il costruttore Piazza avrebbe concesso lo stabile in locazione alla Standa del gruppo Berlusconi.
In realtà, la storia è più complicata. Un altro costruttore edile, Salvatore Ienna, si era da subito interessato all'acquisto dei Molini Virga già alla fine degli anni ottanta, molto prima di Vincenzo Piazza. Seguendo tutte le procedure del caso, aveva prima chiesto l'autorizzazione "ai signori mafiosi" e poi anche all'assessore alla Provincia. Entrambe le risposte erano state positive: non ci sarebbero state difficoltà di sorta. Il lasciapassare da parte delle famiglie mafiose della zona gli viene dato direttamente da Ciccio Tagliavia e Giuseppe Graviano.
Poi però qualcosa cambia: "Mi ha chiamato il signor Piazza e ricordo che mi disse che quell'affare lo dovevo lasciare, non mi dovevo interessare, perche' era una cosa che apparteneva a lui. Io mi diedi due o tre giorni di tempo per dare una risposta". Ienna ne parla di nuovo con i padrini: "Signor Ienna, lasci stare, non si interessi più della cosa". A quel punto, Ienna non chiede altro e si ritira dalla trattativa.
Osserva il tribunale: "E' chiaro che l’immobile non doveva essere acquistato da Ienna Giovanni ma bensì da un soggetto già in collaudati rapporti di affari con la Standa (del cui consiglio di amministrazione faceva parte Marcello Dell’Utri), per l’appunto Piazza Vincenzo, il quale non avrebbe avuto alcuna difficoltà a concedere in locazione l’immobile alla Standa qualora il divisato proposito, documentalmente provato, di aprire un nuovo esercizio commerciale a Palermo fosse stato portato a compimento".
1 commento:
cazzo bello
pero metteteli tutti??
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